Nel dramma frammentario di Aristofane, Il Centauro, si allude al personaggio di Eracle che si presenta come un parassita alla casa del centauro Nesso. La commedia narra di un personaggio esilaratamente comico che ad un certo punto sbraita per la lentezza con cui gli vengono serviti i cibi e punisce i centauri: “[…] facendo uscire i denti dalle loro mascelle davanti agli stipiti delle porte”. Anche il centauro Nesso viene coinvolto dalla furia di Eracle, restando da lui inavvertitamente ucciso. Il tema così tante volte presente nella letteratura classica è citato anche nello storico Senofonte per quanto riguarda il simposio, stiamo parlano naturalmente del personaggio del parassita, colui che si invita alle cene e ai pranzi senza portare il suo contributo, e il personaggio di Eracle rimane come esempio.

L’esempio può calzare a pennello per parlare di parassitismo. Quanti nelle nostre cene o nelle liste degli invitati si sono riempiti la pancia senza dare il loro contributo al banchetto? E, allargando l’orizzonte, quanti nella nostra società ricca e opulenta restano indifferenti davanti alle storie di chi soccombe sotto i colpi della crisi economica? Quante persone approfittando dello stato di queste cose si siedono a lauti conviti per sfruttare al meglio qualsiasi situazione di “business” gli capiti? Certo non bisogna generalizzare. Ma ci sono persone che nel nome della crisi, nella mancanza di un lavoro, approfittano dei beni comuni e altrui, incominciando dal proporre un lavoro in condizioni che nulla hanno da invidiare a quelle degli schiavi, come la recente cronaca ha più volte tragicamente ricordato.

Viene in mente la fiaba di Pinocchio, in cui il protagonista dopo una serie di disavventure capisce che deve lavorare se vuole ottenere qualcosa e non vivere alle spalle degli altri come i due manigoldi del Gatto e la Volpe. Vivere costa sacrifici che vanno condivisi per il bene comune di gente onesta, non per parassiti e approfittatori.