«A un certo punto devi capire che il dolore che hai subito non lo devi subire all’infinito»

(Franco Arminio)

Ci sono vacanze per cui fare i bagagli e vacanze per le quali disfarli. Ci sono viaggi da intraprendere ex novo e viaggi da continuare, con la caparbietà di chi ha capito che per quelli più importanti la meta è il cammino stesso. Potrebbe essere un altro nome di umiltà. Di sicuro è una garanzia di pacificazione con l’incompiutezza propria e altrui.

L’estate non è una stagione facile: il tempo diluito nelle calde, infinite giornate può diventare fucina di strani pensieri e l’attivismo soluzionistico, che ha dettato il ritmo di marcia dell’anno lavorativo, facilmente può faticare a lasciar posto alla noia. La sana noia, il vuoto, il vacuus da cui proviene la parola “vacanza”, ben diverso dall’ozio accidioso, facilmente esposto a generare parole, opere e pensieri estremi, pericolosi perché preoccupati di tappare, nascondere le voragini e le solitudini con le quali sempre occorre fare i conti.

Andare in vacanza significa uscire, scoprire, incontrare, ma anche scontrarsi e adattarsi, tutte cose che capitano quando ci si allontana dal proprio nido sicuro e ci si espone al mondo, ricchi e poveri, infiniti e limitati, colmi e al contempo vuoti, carenti di qualcosa. Per questo ogni vacanza che si rispetti ha bisogno di un bagaglio adatto. Se vai al mare, non porti le scarpe da trekking. Se vai in montagna, non porti le scarpette da scogli. Ogni sentiero esige qualcosa: camminare è l’arte di scoprire se stiamo indossando le calzature adatte o se stiamo forzando i nostri piedi a stare dentro scarpe scomode e inadeguate. Soprattutto, occorre stare leggeri ed evitare di caricarsi di pesi inutili. Perché da valigia a zavorra il passo può essere breve.

Così, mentre riempiamo di cose le nostre valigie, dobbiamo trovare il coraggio di svuotarne altre. Il cuore, ad esempio, avrà bisogno di lasciare a casa certe pesantezze del lavoro, del condominio, della città, certi nodi irrisolti, certe delusioni. Non possiamo permetterci di riempirne l’ultimo angolo di discussioni già esaurite, che fatichiamo a mollare per la nostra smania risolutiva, oppure per l’orgoglio di non ammettere un errore; né di incastrare nell’ultimo buco la borsa con le questioni da monitorare, che fatichiamo a mettere in pausa per il nostro bisogno di sentirci attivi e insostituibili. La vacanza, corta o lunga che sia, è pausa, è vuoto, è assenza, è recupero di forze, è incontro con la noia e scoperta che tante cose possono fare a meno di noi e noi di loro. Insomma, non possiamo fare con le cose del cuore quello che facciamo con le 5 t-shirt di scorta, che infiliamo a fatica in una valigia già compressa “perché non si sa mai”.

Allora la vacanza diventa una lezione magistrale di esistenza: perché se è vero che l’adultità guarda in faccia i problemi uno per uno senza evitarli e senza dribblare le proprie responsabilità, è altrettanto vero che l’adultità mature riesce, anche in pieno inverno, ad accantonare quelli inutili, dannosi perché semplicemente irreali, figli di una personalità disabituata alle pause, atterrita dalle imperfezioni e tremendamente incline all’autogiustificazione. Pur di non fare mai un passo indietro. Pur di non rinunciare mai al lamento, inflitto dall’autosabotaggio di credersi sempre vittima e supereroe insieme. Pur di non abbracciare mail il vacuo del sé e della vita, i buchi neri della propria storia.

Mi viene in mente (come sempre) una splendida poesia di Franco Arminio: “A un certo punto devi capire che il dolore che hai subito non lo devi subire all’infinito. Mettiti in vacanza, la povera vita adulta non può pagare a oltranza i debiti dell’infanzia. Dichiara finite le tue colpe, scontata la pena. D’ora in poi ogni giornata sarà come prima, ma dentro di te più netta e vera, più limpida e sincera. Tu devi solo la più grande dolcezza possibile a chi verrà e a chi andrà via. È festa nel tuo cuore, festeggia in qualche modo il cuore degli altri”.

Buone vacanze a tutti!


FonteFoto di Stefan Schweihofer da Pixabay
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Sono un'insegnante, anche se il più delle volte sono io quella in-segnata dai miei studenti. Sono una ricercatrice, perché cerco piste di rilevanza pubblica per una materia troppo fraintesa e troppo di nicchia: la teologia. Sono una giornalista e faccio cose con le parole. "Quello che non ho è quel che non mi manca" (F. De André) e sono immensamente grata alla vita perché, non senza impegno e sacrificio, "ho trovato amore nel mezzo de la via, in abito legger di peregrino" (Dante Alighieri, Vita nova)

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