
Bolelli. Un fiume in piena. Da Nietzsche a Jovanotti, passando per il basket e il rock and roll. Non necessariamente in quest’ordine. Pretende che gli sia dato del “tu”, preferisce una pasticceria alla scrivania. Ha da poco pubblicato Tutta la verità sull’amore (Sperling & Kupfer 2015), scritto a quattro mani con sua moglie Manuela Mantegazza. Questo e molto altro è Franco Bolelli: scrittore e umanista, ma soprattutto filosofo.
Buongiorno, Franco, perché “Pop”?
Nel mio percorso la formazione filosofica e culturale è avvenuta soprattutto sui campi di calcio e sul playground di basket. Ho una concezione della filosofia come visione quotidiana legata al corpo, ai gesti e agli accadimenti che sanno suscitare eccitazione. Non applico la filosofia ai fenomeni pop: non ne sarei capace e mi annoierebbe a morte, fin dall’origine devi pensare energicamente e nulla è meglio dello sport per far passare questo concetto.
MI030 è l’idea di come vorreste Milano nel 2030: solo una visione o un’idea concreta?
MI030 è un’idea pensata con Stefano Boeri (Architetto e Professore ordinario di Progettazione Urbanistica al Politecnico di Milano, collabora anche con diverse università tra cui il Berlage Institute di Rotterdam, il Politecnico di Losanna, lo Strelka Institute di Mosca, ndr). Stefano voleva confrontarsi sulla visione della Milano del futuro, ne abbiam parlato e abbiamo deciso di coinvolgere attori non convenzionali: se dobbiamo pensare al 2030, dobbiamo parlarne con chi nel 2030 avrà un’età compresa dai 30 ai 40 anni. Abbiamo pensato ad alcuni princìpi e cominciato, in maniera anche abbastanza avventurosa, a girare in alcune scuole per consegnare a loro il progetto. Quando abbiamo realizzato MI030 abbiamo lasciato ai ragazzi e ragazze piena iniziativa per gestire la giornata. Abbiamo preparato, nei mesi precedenti, un gruppo di ragazzi in modo da trasformarlo in “gruppo dirigente” dell’organizzazione, mettendo a fuoco i temi, gli argomenti e le responsabilità e siamo arrivati a sei grandi temi: la Città, la Comunicazione, il Lavoro, l’Educazione alla scuola, il Corpo, l’Amore.
Da qui è stato elaborato un manifesto con 10 visioni e 30 progetti per Milano. Alcuni sono futuribili, altri sono attuabili anche domani. Una delle proposte consiste nella creazione di un centro per le bio-tecnologie ed è stata promossa a piano di riutilizzo dell’area Expo.
Ci sarà un seguito a questa iniziativa?
Sicuramente. Considerato che abbiamo riunito circa 2000 ragazzi, provenienti soprattutto dall’ultimo anno di liceo, senza budget, senza coinvolgere l’Università e con una organizzazione approssimativa, auspichiamo di ripetere il tutto entro maggio. Magari con dei fondi a disposizione, integrando interlocutori diversi e le istituzioni. E se nel primo abbiamo pensato alla città, nel prossimo incontro porremo una domanda diversa: come immaginate la vostra vita nel 2030. Una discussione che diventa più individuale e personale.
Parliamo di Franco Bolelli: Nietzsche, basket e rock’n’roll. Qual è il filo conduttore?
Quando andavo a scuola, sono incappato in una frase di Nietzsche che poi mi avrebbe risolto la vita: “posso prendere solo quei pensieri che sono una festa anche per i muscoli”. Ecco, immaginate un ragazzo che ama scrivere e leggere ed ama qualsiasi cosa si possa fare con un pallone. Per questo dico che mi ha risolto la vita: allora i gruppi che si occupavano di scrittura e lettura erano molto diversi dai ragazzi che giocavano per le strade, ed io non riuscivo a scegliere una cosa piuttosto che un’altra. Non mi è mai piaciuta la “filosofia” intesa come speculazione astratta, mi interessa la creazione di concetti e la lego alle facce, ai gesti e alle azioni che puoi trovare anche in un playground di basket.
Qual è la verità sull’amore?
Ride (ndr). Il titolo non è nostro, l’ha voluto la casa editrice, Sperling&Kupfer, e noi l’abbiamo accettato. Non abbiamo nessuna verità perché abbiamo la nostra. Ci sono milioni di verità e ciascuna verità è individuale e non potrebbe essere altrimenti; la nostra verità è legata ad una dimensione mitologica e al senso dell’impresa: l’amore come impresa definitiva. Quella che ti consente di lavorare sulla costruzione di chi sei, su qualcosa di cui andare fiero e che è un sentimento chiave della tua esistenza.
Tutto questo, però, si traduce in centinaia di gesti quotidiani: li vedo come un punto chiave che unisce la visione mitologica alla realtà quotidiana.
Tra le sue pubblicazioni c’è anche Si fa così. 171 suggestioni su crescita ed evoluzione.
Parliamo di scenari del mutamento: mi interessano evoluzione, innovazione e cambiamento, non come analisi, ma per vedere come noi utilizziamo tutto questo per migliorarci.
È l’attitudine ad alcuni temi, che ritengo fondamentali, quali l’amore, il senso di responsabilità, il senso della crescita, il coraggio e il carattere e la dimensione fisica e l’azione, dentro al mutamento. Sono caratteristiche fondamentali per la sopravvivenza, soprattutto nei nostri tempi.
Sabato ho incontrato Lorenzo Jovanotti ad un concerto. In una sua canzone canta “Mi fido di te / cosa sei disposto a perdere?” Ecco, secondo me ha centrato lo slogan fondamentale dell’evoluzione: cosa siamo disposti a perdere dell’evoluzione tecnologica, della società, degli amori, dei lavori, di qualunque cosa. Perché l’evoluzione è sempre la conquista di qualcosa a discapito di qualcos’altro.
Qual è il rapporto di Franco Bolelli con internet e i social?
Io adoro Facebook, ci perdo tantissimo tempo. È uno strumento, che alcuni usano bene ed altri usano male, di messa in gioco personale che per me ha del positivo: fino a qualche anno fa l’umanità era fatta di spettatori, pubblico passivo, di consumatori e di elettori. Oggi produciamo contenuti. È vero quel che dice Eco – l’invasione degli imbecilli –, ma è anche vero che chi che prima non aveva una voce ora ce l’ha, ed è in confronto quotidiano con tutti noi. Ed anche se il prezzo da pagare è il 70% abbondante di contenuti spazzatura, penso sia ragionevole di fronte ad idee e concetti che altrimenti sarebbero persi nel baratro.
Quando potremo ascoltare Franco Bolelli su un palco, magari per il suo prossimo festival?
Ci sono due appuntamenti a cui tengo particolarmente: la seconda puntata di MI030, che stiamo cominciando a costruire, e creare dal libro un festival sull’amore, a patto di non cadere nella banalità e nell’ovvio.