«Te l’avevo detto 
Te l’ho sempre detto 
Non avere paura 
Di non avere coraggio 
Fai la differenza dentro questo viaggio»

(Fiorella Mannoia)

Ti piace il sole? Lo so, una domanda che può apparire inconsueta e persino stupida.

Io però ho l’abitudine di dubitare di ciò che appare scontato: se vi va oltre la scorza, ciò che sembrava banale, può rivelare perle preziose. Tipo un’ostrica che occhi distratti possono confondere con un pezzo di roccia, ma al pescatore attento riserva una fortuna.

Allora? Ti piace il sole? Ami ciò che riscalda, ciò che illumina, ciò che fa crescere e ci fa respirare? E perché non lo cerchi più spesso? Perché, così spesso, scegliamo di restare al buio?

Me lo sono chiesto in questi giorni, in modo schietto, diretto, senza fronzoli.

Non so voi, ma proprio ora che il lockdown è alle spalle, proprio ora che potremmo andare al mare, su in montagna, a passeggio nei prati, la mia anima è nera. È come se, ora che non è più costretta in quattro mura, avesse paura di respirare aria, di tornare a vivere. Genuinamente a sorridere.

Gli esperti parleranno di stress post-traumatico o cose del genere. Io non sono esperto. Come amo ripetere quando sono tra amici, ho una laurea in lettere e cartoline. E ho studiato un pochetto l’uomo. Il tutto per concludere che aveva ragione Socrate: la cosa più saggia che potrei fare, non che ne sia capace, è provare a disimparare ciò che ho imparato. Per fortuna c’è la vita che ci sorprende, ci porta dove noi non vorremmo, e ci fa corsi accelerati di tutto quello che noi mai sapremmo o potremmo scoprire da soli.

Di certo io, che son nato in pieno solleone, non mi sarei mai immaginato in preda al buio. Di certo, non sono il solo ad attraversare stanchezza e finitudine. Di certo, questo mi rende ancor più fratello di chi è sconfitto e demoralizzato. Chè, a sentirsi fratelli dei vincitori, non ci vuole la gaia scienza: basta essere anche solo un po’ cinici. E profittatori. Il lecchino giusto al posto giusto.

Ma torniamo al sole.

Caro lettore, adorata lettrice,

dunque, lo ami il sole? Attendi l’alba, al mattino? Accarezzi l’ultimo raggio, alla sera, quando Venere già brilla nella semioscurità?

Ecco, voglio augurarmi che tu sia un seminatore di luce. E un assetato. Vorrei che i tuoi occhi cercassero la luce così come si cerca l’acqua nel deserto. Vorrei che tu ed io mai ci arrendessimo. Che imparassimo il coraggio di un sol passo: «Perché anche un solo passo fa la differenza. E uno dopo l’altro diventa resistenza» (sempre Fiorella…).

Vorrei che, finché ne abbiamo le forze, ci spendessimo per aprire una porta, piuttosto che blindarla con sistemi che lasciano fuori chi vi bussa e rinchiudono come in galera chi vi si rinserra.

Vorrei che il tempo e gli eventi non ti cambiassero. Che tu non accettassi un “no” come risposta. Che la tua vita fosse solo “sì”.

E, con la tua, anche la mia.

John Lennon: «A scuola mi chiesero cosa volessi diventare da grande, risposi “felice”. Mi dissero che non avevo capito l’esercizio e io dissi loro che non avevano capito la vita».


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La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...