Sydney, 2023

L’Assessora alla scuola del Comune di Roma nel tempo in cui scrivo, ha detto “Ci vuole più scuola dentro per fare ‘Mare Fuori’”. No. Non è così. Il CPIA c’è. È un bene che l’Assessora così attenta ad aumentare il tempo scuola con il Progetto Scuole Aperte, e così accurata nell’inclusione ai nidi, sia andata a trovare al Carcere femminile le mamme con bambini. A tre anni vengono affidati fuori. A chi?  Bisognerebbe chiederlo al Tribunale dei minori.

“No.  Non è andata così. / No nun è juta accussì”, recita una canzone molto, molto bella e famosa di ‘Mare fuori’ – Tic Toc di Stefano Lentini cantata da Raiz -. Il passo dirimente del ritornello è: “…Sai da grande io volevo diventare / Quello che presenta il telegiornale / Chille ca sanno parlà sulo italiano / Chille ca ‘e sbirre ‘e guardano ‘a luntano/ …”

È un bene che l’incredibile successo di ‘Mare Fuori’ con tutti i suoi limiti filmici e narratologici abbia aperto il dibattito sulle carceri.  Quali sono i limiti lo ha spiegato bene il Presidente del Tribunale dei Minori in una recente intervista. Quali siano i limiti filmici, se ci sono, occorrerebbe chiederlo ad un regista di fiction o ad un critico delle serie televisive.  Alcuni dicono che i ragazzi sono troppo belli.  Mi permetto di obiettare. Molte persone nella nostra esperienza entrano belle in carcere. Poi dentro diventano brutte quando non dipendenti dai tranquillanti o sovrappeso. Ma questo accade perché dentro si abbrutiscono e deprimono alcuni. Non è inusuale che all’ingresso siano molto belli. Altro equivoco. Non esiste la kalokagathia lombrosiana.  In definitiva la serie è di incredibile meritatissimo successo e merita gli onori sia perché tecnicamente funziona sia perché ha il coraggio di parlare di giovani e di carcere e di gioventù non dorata.

L’errore, come ha ben spiegato il Presidente, sta nel fatto che un IPM è un Istituto Penitenziario Minorile dove le misure detentive alternative sono frequenti. È comprensibile però che la gioventù sia il deus ex machina della narrazione. Dunque un IPM è assolutamente all’avanguardia nella rivisitazione dei modi, dei tempi e degli spazi.  Invece nella serie pare che stiano per lo più sempre dentro.

Poi c’è l’escamotage della location. L’IPM di Nisida è un IPM modello e dentro funziona una pizzeria aperta al pubblico. Fu molto caro ad Eduardo De Filippo ed è stato oggetto di mille attenzioni amministrative.  Si trova su un’isola, oggi penisola, che è una riserva naturale di pregio ornitologico, del tutto chiusa al pubblico.  Una riserva naturale dentro la municipalità di Napoli è già di per sé un evento raro. Un’intercultura spaziale. Ciò che non fu protetto fra i liberi a Posillipo, è stato tutelato fra i ristretti a Nisida.  Dovremmo ringraziare l’IPM e quei disgraziati giovani per averci protetto dall’ingordigia della proprietà privata a cui non sarebbe parso vero di trasformare tutta l’isola in un orrore never end di villette.  Sydney è piena di riserve naturali.  E di villone.  Si agisce l’intercultura spaziale fra lavoro e casa.

Quei disgraziati ragazzi di Nisida respirano davvero il Mare Fuori. Un bellissimo libro di Valeria Parrella, “Almarina” è ambientato nel giusto, verosimile, quasi realistico mood. La serie televisiva invece è girata alla Capitaneria di porto di Molo San Vincenzo. L’architettura dell’edificio militare è bellissima. Gli interni, credibili e realistici sono in studio. Le storie educative sono più che verosimili ed anche le relazioni lo sono. L’edificio ha un impatto scenico poiché è aggettante sul mare. Il mare lo lambisce da tre lati.

Da quell’edificio partii io quando una motovedetta della Capitaneria mi portò in rada col mare agitato di sera al buio a bordo della nave da carico comandata dal Capitano cugino di mia madre. Fu intercultura sulla vita di un mercantile a lungo raggio quel mio non viaggio.


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Sono una Dirigente Scolastica in pensione da un anno. Per 15 anni ho fatto la preside. Ho diretto per otto anni un Liceo Scientifico oggi IIS Evangelista Torricelli Roma. Per sette anni – corrispondenti all’ultima parte della mia carriera –, ho fondato, insieme con la DSGA, e diretto il CPIA1 di Roma – Centro Provinciale per l’Istruzione degli adulti, con competenza su tutte le quattro Direzioni Penitenziarie di Rebibbia. Nel corso del settennio mi sono allontanata per due anni con un incarico di Principal Consultant al Consolato di Perth WA – MAECI-. Precedentemente ho insegnato Materie Letterarie per 15 anni negli Istituti Tecnici e Professionali e nei Licei Artistici di Roma. All’interno di questo periodo ho insegnato per quattro anni Italiano agli Stranieri nell’Istituto Professionale Don Bosco di Alessandria d’Egitto – MAECI. Precedentemente ho lavorato per 10 anni all’Università L’Orientale di Napoli come laureanda, dottoranda e post doc. Sono Dottore di Ricerca in Archeologia – Rapporti tra Oriente e Occidente e la mia carriera scientifica si riferisce a questo primo periodo professionale durante il quale ho partecipato a varie Missioni Archeologiche in Italia e a sette Progetti in Asia Media – uno in Pakistan, uno in India e cinque in Nepal.