Cade domani, 12 novembre, il ventesimo anniversario dell’attentato che costò la vita a ventotto persone e che ha lasciato un segno tragico nella storia della Repubblica

Il 20 marzo 2003 iniziava la seconda Guerra del Golfo che sarebbe culminata dapprima con la presa di Baghdad (9 aprile), poi con la cattura di Saddam Hussein (13 dicembre). Il conflitto, che va inserito nel quadro degli attentati dell’11 settembre 2001, era stato mosso dagli USA con la volontà di distruggere gli arsenali iracheni che contenevano armi di distruzione di massa. A luglio l’Italia entrò a far parte della forza peacekeeping per insediare e favorire sul territorio iracheno la transizione democratica, operazione che prese il nome di Antica Babilonia e che vide l’Esercito impegnato seriamente sul territorio.

La mattina del 12 novembre una tragedia segnò per sempre la nostra storia recente: un camion dapprima forzò l’ingresso della base militare italiana di Nassiriya, la Maestrale, successivamente un’autobomba fu scagliata contro il camion, provocando una terribile esplosione, che distrusse una palazzina e che causò subito la morte di diciotto persone. Il bilanciò complessivo delle vittime sarà di diciannove italiani e nove iracheni. Delle diciannove vittime italiane, pesante fu il tributo pagato dall’Arma dei Carabinieri che perse dodici uomini, dei restanti, cinque facevano parte dell’esercito e due erano civili. Tra i civili perse la vita Stefano Rolla, il regista che stava filmando nella base Maestrale un documentario intitolato “Babilonia terra tra due fiumi – Guerrieri di pace”.

Fu la peggiore tragedia dal Dopoguerra per il nostro Esercito e a distanza di anni non si è celato il cordoglio per quella che resta una triste pagina della nostra storia. Le reazioni dei protagonisti della politica dell’epoca parlarono di terrorismo e di un confermato appoggio alla missione italiana e agli Alleati, come volle sottolineare il Primo Ministro, Silvio Berlusconi.

Non mancarono ovviamente le polemiche sull’opportunità o meno di continuare a sostenere i partners in quello che già all’epoca risultava un percorso di pace così tortuoso e ostile che, come la storia mostrerà, darà vita a uno stallo drammatico e ancor più pericoloso per il Medio Oriente. La guerriglia, sotto la quale fummo messi sotto tiro in maniera fatale e drammatica, ha dato ancora vita ad odio e intolleranza, proprio nei confini iracheni laddove è germogliata la malapianta dell’Isis, lo Stato Islamico dell’Iraq e della Siria.

A cosa è valso morire dunque? Considerando gli esiti della missione in Iraq e della confusione che n’è generata, con una transazione grama e faticosa, verrebbe da rispondere in maniera negativa. I cinquantaquattro Italiani caduti in Afghanistan, in una guerra quasi gemella, andrebbero a sottolineare difatti la fatica dei Paesi occidentali a stabilire la pace e la democrazia. Alla fine, proprio in Afghanistan, il risultato della missione può dirsi fallimentare dal momento che i Paesi occidentali sono scappati via in maniera a dir poco precipitosa, all’indomani della ripresa del potere da parte dei Talebani, con il contingente italiano che tuttavia si era defilato poco prima che scoppiasse il caos. Il sacrificio per la patria, quella massima devozione laica che porta gli uomini a sacrificarsi per i valori che sono alla base di ogni popolo democratico, non è mai vano. “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino” ricorda solennemente la Costituzione.

Ma la democrazia non è per tutti, non può essere imposto un percorso che ha bisogno di tempo e fatica. Non dimentichiamo che anche noi occidentali ne abbiamo dovuto fare di strada per arrivare ad una forma più o meno stabile. Nemmeno il fuoco fatuo delle Primavere arabe è riuscito a dare lo slancio decisivo per il cambiamento. Parve giusto allora, a seguito degli attentati dell’11 settembre, avventurarsi in una guerra al terrore che aveva una forte carica emozionale e poco di ragionato, una guerra combattuta a favore degli Stati Uniti che avevano tanto insistito sull’obbligatorietà di un intervento militare che avrebbe eliminato in Afghanistan i talebani e in Iraq Saddam Hussein, nemico giurato della famiglia Bush, che deteneva nei suoi arsenali armi di distruzione di massa. I talebani sono tornati e le armi non c’erano.

Il Medio Oriente resta un campo minato per l’Occidente e rischi sono sempre dietro l’angolo. All’epoca, l’imam di Nassirya aveva avvisato gli italiani sui rischi che correvano, invitandoli ad andare via. Non molto diverso da quello che ha preannunciato il Ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir Abdollahian: “L’Italia deve preoccuparsi per i suoi soldati in Libano”. L’attuale congiuntura suscita una profonda riflessione sui rapporti internazionali che alimentano un nervosismo pericoloso che, se da una parte ha provocato il ritorno del razzismo e dell’antisemitismo, dall’altro aumenta il rischio di attacchi di gruppi terroristici.

Ma non solo. La prospettiva di un allargamento del conflitto di Israele e Palestina resta più che una possibilità. In questo mondo impossibile è non schierarsi, stare dall’una o dall’altra parte, l’ignavia in politica internazionale è un peccato inaccettabile e allora va bene la formula Due popoli Due Stati purché si stia da una parte, quella più conveniente. Perché tutto sta lì, nelle scelte di partenza, nelle alleanze fatte quasi ad occhi chiusi. Si muore per dovere, per il sacro impegno di difendere la propria nazione, ma non sempre il dovere corrisponde alla verità.

Allora risuona più forte la domanda se ne sia valsa la pena.

A vent’anni di distanza resta il dolore per quella nefasta mattina di novembre, durante la quale la guerra, distante chilometri, entrò nelle case degli italiani. Si potrebbe discutere a lungo sull’opportunità di quella partecipazione alla missione, delle ragioni e le speculazioni che impegnarono tanti contingenti a impegnarsi per il mantenimento della pace, ma nel dovere e nell’esempio il loro ricordo rimarrà eterno e indelebile, così come il sacrificio di chi combatte per la patria, perché non tutto muore.


LASCIA UNA RISPOSTA

Please enter your comment!
Please enter your name here

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.