L’indimostrabilità del V postulato di Euclide, non solo a livello matematico ma anche a livello logico, ha suggerito a Einstein l’intuizione che lo spazio tridimensionale del mondo sia curvo appunto, e non piano, a causa dei campi gravitazionali prodotti dai corpi dotati di massa.

La scoperta mette in stretto rapporto i concetti di spazio e di tempo che variano sia tra loro che in relazione all’energia dei corpi, negando così l’esistenza di cose statiche e assolute o di uno status esistente che si perpetua identico nel tempo.

(L’energia, a sua volta dipende dalla massa per il quadrato della velocità della luce. Vabbè.)

Per raffigurare il mondo, insomma, non basta indicare le cose che esistono, bisogna mostrare i modi in cui queste sono connesse tra loro.

Per esempio, in una stanza buia ci sono degli oggetti. Per descrivere l’ambiente non serve solo nominare gli oggetti, ma collegarli in un reciproco rapporto spazio-temporale.

Posso dire che esiste tra di essi un’intrinseca inter-connessione?

Non si concepiscono gli oggetti spaziali al di fuori dallo spazio, né gli oggetti temporali al di fuori dal tempo. Così non si concepisce alcun oggetto senza la possibilità del suo nesso con gli altri.

Posso dire che tutto è uno?

E lo dimostra il fatto che i corpi dotati di massa deformano lo spazio-tempo che li circonda, condizionando in tal modo il moto di altri corpi vicini.

Posso dire, sì lasciatemelo fare, che il corpo è al tempo stesso particella e onda, essere e non essere, in armonica coincidenza e congiunzione.

In sostanza, nella meccanica moderna la parola assoluto scompare e fa il suo ingresso l’idea della relatività.

L’uomo non può più porsi al di fuori di un dato sistema quando lo studia e, d’ora in poi, dovrà tenere conto anche della sua posizione personale, umana, che determina appunto la sua soggettività. E non è più al centro, né al di fuori del meraviglioso disegno della Natura creato apposta da Dio.

L’oggettività assoluta è stata solo un’illusione: non esiste.

Essere e non essere non co-esistono in un’assurda aporia, ma coincidono.

Secondo la concezione pitagorica dei numeri, per dirne un’altra, ogni numero è formato da un elemento pari e uno impari. Ecco svelato perché nell’uno c’è sempre il due.

 Ma qual è, allora, ‘sto problema con Dio?

 Ora Dio è anche tutto ciò che non è. Proprio perché l’unità rappresenta la relazione armonica, dinamica e inseparabile degli opposti, Dio è tutto ciò che non è, in un’estetica coincidentia oppositorum.

Il no, la negazione è all’inizio di ogni creazione. È la vibrazione della volontà che origina l’azione.

Dire no alla materia significa sperimentare anche il non-essere e spogliarsi dall’illusione del corpo.

Però dire che Dio è tutto ciò che non è, è una contraddizione, una proposizione logicamente falsa a qualsiasi condizione.

E allo stesso tempo, omnis determinatio est negatio. La realtà compiuta non è data da una singola cosa, ma dal Tutto.

Non credo nella fissità, nell’immobilità, nell’assenza di movimento.

Tutto è in continua metamorfosi, tutto si influenza reciprocamente, inevitabilmente. È impossibile rimanere nello stesso modo più del tempo necessario che serve per cambiare. Avere un’idea significa prendersi il tempo per trovarne un’altra.

L’unica libertà è il continuo divenire, perché ciò che comincia e finisce ci imprigiona.

“Il ritorno è il movimento della Via. Allontanarsi significa tornare.” (Tao te Ching)

La geometria alla base dell’universo è non euclidea.


1 COMMENTO

  1. A un certo punto, improvvisamente salta fuori la parola “Dio”: da dove viene questa parola? Il gioco tra “ciò che è” e “ciò che non è” è bello da un punto di vista linguistico, ma un po’ forzato da un punto di vista logico: Einstein ci ha mostrato l’intercambiabilità di massa ed energia, ma non ha parlato di “spirito” e “materia”, nè di “essere” e non “essere”. Bell’articolo, godibile, comunque.

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