Il modello parrocchiale tradizionale, “solido”, tridentino, della comunità radicata in un territorio e con un preciso riconoscimento giuridico, la Chiesa “posta al centro della civitas”, che si prende cura di quanti vi abitano stabilmente, presenta oggi molti limiti e rischia di non rispondere più alle esigenze della contemporaneità.

A far problema non sono quelli che vengono ancora nelle parrocchie “solide”, ma coloro che non vengono! Ora, quelle parrocchie misurano il loro successo dal numero di “praticanti”, anche quando affermano di preoccuparsi per tutti. Rispondendo solo ai bisogni religiosi di alcuni, esse ignorano o trascurano de facto la sete spirituale di tanti: vedi certi movimenti che emigrano da una parrocchia all’altra in cerca di “asilo”.

Le chiamano Citykirche e sono chiese che hanno come riferimento una zona dinamica (la City) in cui si mescolano impiegati, passanti o residenti dormi e fuggi. E vogliono essere la risposta nordeuropea alla crisi della parrocchia modello tridentino: parrocchie «liquide», le definisce il francese Arnaud Join-Lambert, dell’Università Cattolica di Lovanio, che le indica come nuove forme di comunità capaci di adattarsi alla “liquidità” della società europea, ricorrendo alla celebre categoria di Zygmunt Bauman. Se i rapporti sociali sono liquidi, anche le parrocchie possono diventare liquide, prospetta il teologo.

Occorre perciò creare un nuovo stile pastorale che metta al centro le relazioni, la comunicazione, la fraternità, l’accoglienza, la logica di rete piuttosto che le istituzioni e la stabilità socio-geografica; la parrocchia in questa sua nuova fisionomia proietta totalmente all’esterno la propria missione, si fa anch’essa “liquida”, decentrando le sue attività spirituali e il suo “ufficio domenicale e sacramentale” da luogo statico a una Chiesa che si colloca in maniera liquida nelle “periferie esistenziali” delle nostre società.

Una parrocchia che vada oltre il suo ambito giurisdizionale e si ponga in una “rete condominiale” con altre comunità e aggregazioni sociali: penso alle nostre paninoteche, ai centri di evangelizzazione ecc.

Questi progetti, cattolici e protestanti, come mostrano i prototipi parrocchiali tedeschi, francesi e inglesi, sono particolari della nuova realtà socio-geografica della City, caratterizzata da una concentrazione di servizi e di commerci e da un decremento dell’habitat familiare. In questo contesto di intensa frequentazione, compaiono luoghi aperti a tutti, descritti come “oasi di silenzio”, “luoghi di maturazione della fede”, “luoghi di pausa”. Queste Citykirchen possono essere sia chiese (non parrocchiali o ex-parrocchiali) arredate in modo particolare, secondo le finalità del progetto, o con spazi propri, sia costruzioni adatte al progetto.

Generalmente non sono parrocchie (luoghi dove una comunità di fedeli più o meno stabile vive il “tutto per tutti” parrocchiale), né luoghi per l’assemblea domenicale. L’ambiente sociale circostante è spesso costituito da persone ‘mobili’ e anziani’ immobili’, migranti e individui precari. Questo fatto spinge a una “specializzazione” dell’offerta spirituale.

L’appartenenza dei cristiani a una Chiesa liquida non li colloca al di fuori della società liquida, ma li invita a darle senso.

Rimane da chiedersi: davvero la parrocchia liquida è la soluzione? E poi può essere esportata in Italia? … Anche nel sud Italia?