La presentazione dell’ultimo libro di Antonio Del Giudice, il 29 marzo, ad Andria, presso “Persepolis”
La penna di Antonio Del Giudice è familiare ai lettori di Odysseo. Chi lo segue, e sono davvero tanti, ama il suo stile asciutto, solo in apparenza scarno, in realtà denso come può esserlo chi la cultura non la esibisce, perché se ne è da sempre nutrito e sempre emerge da ogni suo riferimento, implicito ed esplicito.
Ma il Del Giudice narratore non è di certo secondo al Del Giudice giornalista. Consiglio, ogni volta che posso, di leggere quello che per me rimane il suo capolavoro: “La Pasqua bassa”, un romanzo che, a mio umilissimo avviso, non ha niente da invidiare a “Fontamara” o a “Cristo si è fermato ad Eboli”, tanto per intenderci.
E poi c’è l’autore di racconti brevi, sempre lui: “I racconti del popolo” sono infatti la terza silloge di racconti di Antonio Del Giudice e si presenta, per così dire, ancora più matura delle precedenti. Del resto, il “giovanotto” ha già superato le 70 lune e la sua penna, da sempre elegante, ora si è fatta quanto mai essenziale, il che è segno di piena maturità: chiunque di voi si cimenti con la scrittura, sa bene, infatti, quanto sia difficile cancellare le parole di troppo.
Nei “Racconti del popolo” il lettore troverà l’affresco di una umanità diseredata, fragile e al contempo preziosa, contemplata eppure amaramente derisa. Beninteso, derisa non dalla penna di Antonio, derisa dal freddo cinismo del popolo, della cui voce Antonio si fa interprete. Il suo, è spesso racconto di tragedia senza catarsi, di labirinto senza uscita, di finale che non conclude.
E tuttavia: si sente, al di là della maestria con cui Antonio scompare dietro i suoi personaggi, la compassione di chi ha molto vissuto, molto amato, molto sofferto e molto si è indignato per tutti i poveri cristi calpestati.
Un amico che, prima di me, ha letto i “Racconti del popolo” ha chiosato: «Ho sentito una presenza forte, un miscuglio di anima e pancia. Sono storie che non si possono scrivere senza aver prima provato su di sé, sembrano cicatrici. Sono fotografie in bianco e nero, senza il colore del buonismo. Lette insieme, danno il volto di un unico personaggio».
Del resto, parla chiaro la prefazione di Giosuè Calagiura: «Il popolo non c’è più. Quello che abbiamo conosciuto nella finzione narrativa, studiato nell’etno-antropologia, lusingato nelle sedi dei partiti, sondato con le percentuali della statistica, valutato nei grafici della demografia, si è volatilizzato … La raccolta di Antonio Del Giudice ci sorprende proprio per la temerarietà, per l’accettazione spavalda del rischio. Questi “racconti del popolo” si muovono su un terreno accidentato, pericoloso, estremamente reattivo e livoroso, pieno di trappole. Sono istantanee, ritagli tra la cronaca e la leggenda di provincia. Più che racconti, “corti” narrativi: riflessi umani sui vetri degli autobus, sugli specchi tarlati di vecchie case … commedie umane, minime e disperanti, farsesche e tragiche, salvate dall’oblio».
Già. Proprio così. Null’altro da aggiungere, se non: leggere per credere.
“I racconti del popolo” (ed. Tabula Fati Solfanelli) verrà presentato ad Andria, presso la libreria “Persepolis”, in via Bovio 81, venerdì 29 marzo, con inizio alle ore 18.00. Interverranno l’autore, Damiano Landriccia, che fungerà da moderatore, e Agata Paradiso, voce narrante. La partecipazione è gradita.