Qualche tempo fa ho avuto il piacere di assistere a questo spettacolo teatrale che se dalle prime battute mi ha lasciato interdetta alla fine mi ha conquistato.

Non è facile raccontare “Il Principino” senza rischiare di rovinarne il fascino.

Per questo chiuderò gli occhi e tornando a quei momenti vi dirò che…

La scena si apre su un uomo anziano dall’aria trasandata seduto con aria assente davanti allo schermo acceso del televisore a tubo catodico. Una notizia risuona nella stanza buia. Un bambino è caduto in pozzo artesiano, e i soccorsi stanno facendo di tutto per salvarlo. Siamo nel 1981  in un piccolo appartamento proprio accanto alla cementeria Bifrost. Pochi mobili, solo un tre vani, ma è tutto suo.

È un uomo malato, ricorda poco o niente della sua vita fatta di frammenti, ciò che invece ricorda bene è il Piccolo principe, un libro che aveva letto con suo figlio quando era solo un bambino e che adesso uomo si presenta sulla scena con fare ostile determinato a fare piazza pulita del passato.

In uno scenario, che anche se immobile si trasforma con luci e suoni, si muovono tre personaggi.

Il padre, uomo semplice che parla barese, ormai anziano ha lavorato tutta la vita e ha amato come poteva.

Il figlio, che lui chiama Principino, ormai lontano, ribelle, che non perdona.

La vicina Rosa, dolce e bellissima nella sua fragilità, disposta a essere tutto pur di aiutare che si porta dentro una tristezza intima e che non fa rumore.

Un passato che riappare e scompare e sembra sfuggire tra le mani, mentre i personaggi parlano, litigano, ma non riescono a raggiungersi prigionieri come sono nella propria sofferenza.

Uno spettacolo scritto e diretto con maestria da Damiano Nirchio, e raccontato dalla splendida recitazione di Vito Signore affiancato da Danilo Giuva e Anna de Giorgio.

Quando inizia ti chiedi cosa possono avere a che fare tra loro il Piccolo principe, la vicenda di un bambino finito in un pozzo artesiano e la vita passata in quel trilocale in zona cementerai. Eppure man mano tutto acquista un senso e lo spettatore è assalito da sentimenti che si attaccano alla parte più profonda di lui per scuoterlo da dentro.

Un finale inaspettato e rivelatore che scatena commozione.

E quando ogni cosa finisce resta solo il colore del grano.

Per chi fosse curioso di vederlo ci sono parecchie occasioni: lo spettacolo sarà in scena al Teatro Abeliano il 30 e il 31 marzo e poi ancora in replica nelle date dal 4 al 7 aprile.