Quando la Pasqua cade a marzo si dice che è “bassa” e, secondo le credenze popolari, “porta male”.
In effetti, ad Andria c’è stata una Pasqua bassa che ha marcato a sangue la storia locale e la storia del Sud. Anno 1796, siamo nel vivo della Rivoluzione Partenopea e la Repubblica invia ad Andria delle truppe francesi al comando di Jean-Baptiste Brousser. Tra loro c’era anche Ettore Carafa: un nobile, eppure un rivoluzionario, il conte di Ruvo e duca di Andria, città che gli aveva dato i natali. E che oggi, nell’androne del Municipio, lo ricorda con due targhe di segno opposto: una che lo celebra come eroe incompreso, l’altra che lo condanna come traditore.
Vero è che Ettore Carafa provò a convincere i suoi compaesani ad una resa pacifica, ma non vi fu verso. Non fu ascoltato. E seguì una carneficina.
Era il 29 marzo 1796, due giorni dopo Pasqua, una Pasqua Bassa, e vi furono non meno di 2400 vittime. Anzi, il Carafa nel suo rapporto parla di una cifra quasi tre volte più grande: 7000 morti.
Sarà stata questa strage a confermare la convinzione popolare che la Pasqua Bassa sia presagio di sventura.
Eppure, com’è noto, c’è un’altra tradizione, quella che vuole che se il 25 marzo, festa dell’Annunciazione, cade di Venerdì Santo, allora la Sacra Spina, custodita nella cattedrale di Andria e dono, nel 1308, di Beatrice d’Angiò, torni a vegetare, persino a stillare gocce simili al sangue.
Accadde in quel 25 marzo 1796, era accaduto altre volte in precedenza (documenti storici attestano il prodigio sin dal ‘600) e sarebbe accaduto ancora in futuro. L’ultima volta, undici anni fa, nel 2005.
Per la Chiesa, naturalmente, un prodigio non può essere segno premonitore di future disgrazie. Per la Chiesa un prodigio non può che essere segno di grazia. E la Chiesa di Andria attende con trepidazione il prossimo venerdì santo, il 25 marzo 2016.
Tornerà a rinnovarsi il prodigio? E seguiranno grazie o sventure? Vincerà la credenza popolare o i fatti daranno ragione alla fede?
Ne parleranno ad Andria, sabato 20 febbraio, Antonio Del Giudice, andriese, giornalista e scrittore, autore di un romanzo intitolato proprio La Pasqua Bassa (San Paolo, Milano 2009; Solfanelli, Chieti 2016)) e don Gianni Massaro, già Vicario Generale della diocesi di Andria, insieme al notaio Sabino Zinni, colui che redasse gli atti che documentano il prodigio del 2005 e che del prodigio, insieme a molti altri, fu testimone oculare.
Il romanzo di Del Giudice viene ristampato grazie al lusinghiero successo di lettori e di critica (se ne possono leggere recensioni sul Corriere della sera, Repubblica, il Sole 24Ore, il Foglio, l’Unità, Avvenire, Famiglia cristiana, l’Espresso, La Stampa, e un’altra ventina di giornali), che ha avuto la prima edizione, tanto che presto le compie stampate furono esaurite e ne viene oggi ripubblicata la ristampa.
Se ne consiglia la lettura a chi vuol trovare una storia di Sud e di dolore. Di sacrifici che scavano la carne e anzi la lacerano. L’epoca è quella della Seconda Guerra Mondiale, due mesi dopo l’armistizio dell’8 settembre. Un soldato, ormai sbandato nel disordine generale che seguì al proclama di Badoglio, sta tornando a casa, ma, quando è ormai a pochi chilometri dalla sua Andria, un mitra tedesco lo falcerà. Era il 1943: non era un anno di Pasqua Bassa, ma l’Italia era entrata in guerra nel 1940. Vi state chiedendo in che giorno cadesse la Pasqua nel 1940? È presto detto: 22 marzo, Pasqua bassa…
Appuntamento, dunque, a sabato 20 febbraio, ore 19.00, presso il salone del Museo Diocesano di Andria, in via De Anellis 46.
E speriamo che porti bene!
Paolo caro, ringrazio te e tutti gli amici che hanno voluto parlare domani del mio libro. “La Pasqua bassa” è il mio legame maturo con la città dove sono nato e alla quale mi legano radici lunghe, ancorché sottili per la lontananza. È stato il mio primo romanzo, un omaggio “innocente”, come scrisse Ermanno Rea, alla mia gente, alla mia famiglia e, soprattutto, alle donne e alla loro forza vitale anche quando la vita diventa dura e tragica. A domani.
Caro Antonio, come ho già detto pubblicamente, la tua amicizia è un onore per me e una grande ricchezza per Odysseo…