
Preoccupa questa perdita di memoria, che rischia di far smarrire quel patrimonio di valori morali ed etici
Negli ultimi trent’anni le diverse correnti di pensiero politico sociale, europeo e italiano hanno avuto una notevole digressione dottrinale poiché spesso e volentieri si sono piegate alle logiche della globalizzazione neoliberiste, che concepiscono i governi senza contenuti e le persone come numeri. Complice anche il familismo di certi partiti, che da una parte hanno depoliticizzato ogni aspetto della realtà e dall’altra hanno negato alle nuove leve di esprimere idee.
Provocando una dissociazione, che non è più capace di costruire insieme l’ethos. Eppure, uno sguardo al passato ci potrebbe consentire di ricostruire una vasta fenomenologia dei diversi movimenti sociali, di ideologie e colori differenti, che insieme hanno contribuito alla stabilità della democrazia, al progresso culturale del continente europeo e al sogno dell’unità dei popoli. Un cammino lento e, a volte anche instabile, ma che ha cercato sempre di combinare le possibili parzialità fra le parti in conflitto.
In quest’ottica, la politica era diventata il mastice, che univa le parti e indicava una direzione e soprattutto un ordine sociale. Oggi, invece, il mondo dei rapporti sociali, dominati dalle connessioni con il potere della finanza economica, cerca in tutti i modi di disintegrare gradualmente, ad intra e ad extra, questa idea di unità tra le parti. Ci sono, poi, le posizioni nazionaliste, sovraniste e fondamentaliste, che facendo leva sulle loro ideologie divisioniste, stanno rendendo qualsiasi parte sociale, un nemico da combattere, uno straniero da esiliare, un’idea da soffocare.
In questo anche i politici filo-cattolici hanno le loro gravi colpe, comprese quelle frange ultra tradizionaliste del mondo ecclesiastico, perché da anni le loro facoltà di mediazione sociale si sono cristallizzate, prestando il fianco a posizioni ideologiche molto ambigue e pericolose. Tale clima ha portato all’esasperazione di tutti quei diritti garantiti ad ogni persona, ad ogni etnia, ad ogni minoranza e alla morte di quella cultura dell’incontro e della promozione sociale e umana, che da secoli ha contraddistinto l’Italia, ponte tra Oriente e l’Occidente. Ebbene l’Italia dopo circa sessant’anni si vede minare le fondamenta su cui è stata costituita e fondata.
Preoccupa questa perdita di memoria, che rischia di far smarrire quel patrimonio di valori morali ed etici, che hanno da decenni favorito coesione sociale e benessere. E accade cosi, che il fulcro principale della politica, che deve tutelare le norme etiche e morali e preoccuparsi del governo e dello sviluppo di una nazione intera, si mimetizza nella parte dell’ovvio e fa precipitare nell’abisso l’intera civiltà italiana. Ecco perché, urge da parte di tutti, una seria riflessione sul futuro dell’attività politica e della sua natura.
Un mutamento può avvenire e può partire da quella rete densa e fitta di rapporti di solidarietà, di legalità e cittadinanza attiva, che i corpi intermedi della società italiana come le associazioni di volontariato, cooperative sociali e comunità ecclesiale da anni mettono in campo, arrivando dovunque, proprio dove la politica istituzionale non arriva e non vuole arrivare. Difatti il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, alla celebrazione per il centenario di Confcooperative ha dichiarato che: «Il Terzo settore è il pilastro portante della vita della Repubblica. Si tratta di una realtà capace di penetrare in maniera più efficace e puntuale nel tessuto sociale più rassicurante per i cittadini. Sostenendo i diritti di gruppi di persone spesso ai margini della vita sociale».
Da anni il terzo settore cerca in tutti i modi di unire la cultura laica e cristiana e collaborare in differenti settori, per lenire le ferite sociali e per far crescere i sistemi di welfare e contrastare la povertà dilagante, sia economica che culturale, del nostro bel paese. Ed è proprio da questo contesto che potrebbe nascere un nuovo soggetto politico, poiché coloro che si occupano di marginalità e povertà conoscono e comprendono più di altri i bisogni delle persone e dei territori. Il fine della missione politica, è promuovere con coraggio e con ogni strumento la creazione di una comunità inclusiva, che metta al centro del suo interesse il concetto di persona, con le sue complessità.
Per continuare ancora a credere nell’utopia della politica e delle sue azioni concrete, solo una visione collettiva e antropocentrica illuminata dallo spirito, può contribuire a creare possibilità di convivenza civile, di pace, di solidarietà e di sviluppo all’interno di una comunità umana.
Questo articolo-manifesto lo appenderò nella camera del mio cuore e… sto pensando… di farlo discutere nella classe che sto “curando”.
Che lo Spirito continui ad illuminarti.