“Se fossi io a rendere testimonianza a me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera” (Gv 5,31)
L’amico immaginario è una fantasia che il bimbo tende a tenere al suo fianco per darsi forza e coraggio. Allo stesso modo l’adulto, plagiato dall’istinto di sopravvivenza, alimenta il proprio Ego senza ammetterne l’inconsistenza rifiutandosi di crescere adottando il metodo morale.
Nel tentativo di isolare un sistema definendo il ‘vero oggettivo’, al fine di proporlo come riferimento privilegiato per la comprensione dell’universo, il problema da risolvere è l’astrazione limitata dal fallibilismo soggettivo: l’osservatore intrinseco all’universo, essendo impossibilitato a descrivere l’intero in quanto sua parte costituente, non può intenderne il complesso come accade guardando un quadro.
Per aggirare l’ostacolo l’essere umano ha idealizzato diversi strumenti teorici. Ad esempio, grazie all’algebra, le variabili vengono espresse tramite combinazioni lineari – i cui coefficienti sono le quantità invarianti delle basi formanti il sistema ortogonale e completo adottato – giungendo alla descrizione puntuale dell’osservato. L’ipotesi fisica, dunque, figlia della prova sperimentale fautrice della costante costituente le fondamenta della struttura concettuale denominata modello, è definita a partire dalla costituzione di sistemi di riferimento a loro volta necessitanti di costanti limitanti, sin dal principio della teorizzazione, i presupposti di originalità, singolarità e oggettività.
Passando dalla teoria alla pratica, la ricerca di un sistema di riferimento privilegiato si scontra con il limite imposto dall’epidermide al corpo umano il quale, se fosse dotato di confine concreto dimostrandosi isolato, non ammetterebbe il ciclo respiratorio. Analogamente, gli scambi di energia termica confermano, in contrasto con la finitezza sottointesa dall’Io soggettivo, il singolo come un continuo inscindibile dallo spazio circostante.
Scostandosi dalla visione antropocentrica dell’esistente è lecito estendere la riflessione al pianeta terra, comunemente intesa come perla fluttuante nel nulla. Eppure, in linea con la moderna fisica teorica, uno spazio dotato di energia positiva – il cui effetto sperimentale si traduce nella repulsione tra galassie – non può essere deserto divenendo di fatto l’ente collegante la terra al resto. Esplicitando il proposto, il vuoto, essendo lo stato a energia minima non nulla, conduce all’interpretazione della realtà alla stregua di un continuo nelle cui interferenze energetiche il pensiero umano ha elaborato il modello puntiforme, avvalendosi del mezzo statistico per trascendere le omissioni discrete introdotte. In sintesi, il punto ideale – essenziale per la formalizzazione scientifica dell’esistente in termini finiti – limita la comprensione, rivelatasi utopica a causa dell’artificiale utilizzo del concetto di area nulla.
Dimostrato il fallimento dell’omissione discreta fondante l’interpretazione, impossibile da verificare, del tutto come costituito da parti, l’auspicio è che la scienza, ridimensionata dalla trattazione probabilistica, non si accontenti del ruolo di mera teoria della tecnica fondendosi con essa. Per validare la provocazione è possibile avanzare la proporzione Io : Ego = Scienza : Tecnica. Risolvendo l’equazione si ricava l’espressione Scienza = ( Io : Ego ) x Tecnica , tramite la quale è possibile evidenziare il rischio insito nella degenerazione dell’Io in Ego:
Se Io = Ego, allora Scienza = 1 * Tecnica → Scienza = Tecnica.
Nel tentativo di chiudere il cerchio proseguendo lungo la circonferenza del ragionamento, nonostante l’evoluzione del pensiero continui a espanderne il raggio causando l’allungamento del percorso, la domanda sorge spontanea: se il niente non esiste, rendendo di fatto tutto connesso e complesso, cosa identifica il trapasso? Avvalendosi della statistica matematica per tentare di rispondere al quesito sulla veridicità della morte, si potrebbe postulare il seguente: uguagliando il decesso alla sommatoria di tutte le possibilità della vita tendente al valore rappresentante la certezza, ovvero l’unità, e procedendo con l’analisi dimensionale dei membri dell’equazione che giocoforza devono riferirsi alla medesima grandezza, ne consegue che vita ugualemorte e morte uguale vita. Il decesso si risolve quindi in un’illusione creata dall’inganno dell’Io, il cui ingenuo timore di dissoluzione nel nulla degenera nell’Ego riflesso dal modello frainteso.
Da questo equivoco discende il malinteso riguardo la presunta finitezza dell’Io che invece, se disgiunto dall’universo, ne denuncia la frode. Difatti, come materia ed energia dipendono dalle condizioni al contorno che procedono fino all’infinito a causa dell’inesistenza del nulla, il confine dell’Io individuale si scioglie in primo luogo nell’Io della specie imposto al singolo per mezzo dell’istinto di sopravvivenza. Inoltre, per risultare credibile, l’Ego dovrebbe emanciparsi dalla circostanza mentre, non esistendo teoria della relatività senza trasformata di Lorentz, derivata a sua volta dalla trasformata di Galileo che è funzione di innumerevoli altre intuizioni elaborate dall’intelletto umano, ogni contributo alla conoscenza è approssimabile a un passaggio di consegne dall’idea precedente alla successiva costituendo il ragionamento della specie. In altri termini, il parametro identificativo dell’Io denominato consapevolezza, essendo erroneo a causa dell’inevitabile malinteso connaturato all’osservatore soggettivo, mortifica le fondamenta dell’Ego certificandone l’inconsistenza. In un sistema isolato, quale l’intero universo, il guadagno è lo scopo del proposito. L’Io individuale quindi, impossibilitato a prendere decisioni indipendenti dal profitto, viene plagiato e condannato al volere della specie confermando come ogni scelta umana, eccetto quella morale, risulta predeterminata. Di conseguenza l’Ego, scoprendosi impotente nella scelta, diviene paragonabile ad un falso messo in commercio dall’Io della specie la quale, per sopravvivere a prescindere dal torto, si serve dell’illusione distribuendo il malinteso alle parti del tutto.
Giungendo al nocciolo della questione, ulteriori domande affiorano in superficie: come la scienza interdisciplinare consente il progresso, la degenerazione dell’Io in Ego vanifica lo sforzo evolutivo castrando l’umiltà genitrice di libertà, oggettività e immortalità? Se niente nell’universo è considerabile estrinseco, ad eccezione dell’universo intero, cosa rimane del concetto di singolo individuo oggettivo?
Una risposta plausibile sancisce l’eccezione dell’essere umano come individuale applicazione della legge morale, lasciando le redini del rimanente al dominio della natura la quale, governata dall’istinto di conservazione, stabilisce l’effetto della causa. Il metodo morale, invece, esonerato dal soggettivo interesse personale imposto dal dispotico istinto di sopravvivenza, descrive un intoccabile sistema isolato in quanto, se così non fosse, rappresentando una minaccia per la dittatura della natura andrebbe crocefisso.
In conclusione, quando si comprende qualcosa, stabilendone la forma si trascura il resto marcando il limite della conoscenza. Di contro, praticando il metodo morale immune all’intransigente legge naturale, l’individuopare attuare la dicotomia in grado di rendere l’oggettivabile osservabile dall’esterno: “Se fossi io a rendere testimonianza a me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera (Gv 5,31)”.