Io sono l’Altro – Natale secondo Fabi (e secondo me)

Un Io degno di essere rispettato, un Altro degno di essere amato

Egocentrici. Siamo una massa di egocentrici.

Lo dico, lo penso sorridendo. Perché per quanto offensivo (?), negativo (?), pesante (?) questo termine possa sembrarci, è effettivamente quello che ci descrive meglio, quello che descrive meglio non tanto quello che siamo (mi auguro!), quanto la condizione in cui viviamo. Quella a cui ci obbliga la società, quella a cui la storia ci ha abituato. Quella in cui, tutto sommato, stiamo più comodi.

Egocentrici, con l’IO al centro. Un istinto naturale di sopravvivenza: definirsi, riconoscersi come un IO, unico e inimitabile; agire, reagire, concentrare le proprie energie a favore di quell’IO, unico e inimitabile.

Da quando ne ha avuto le capacità e le possibilità, l’Uomo si è speso nella ricerca (assolutamente necessaria) di sé.  Dal cogito ergo sum al selfie il protagonista indiscusso è l’Io, nel bene e nel male.

Il punto è che nel cercarsi, nel cercare Sé, ha dimenticato l’Altro.

La storia recente ci ha abituato e ci abitua ad uno sguardo disattento, disinteressato, innaturale nei confronti di chiunque o qualunque cosa sia fuori dall’Io. Non siamo egocentrici perché non guardiamo l’Altro, ma perché lo guardiamo nel modo sbagliato. Cioè come un oggetto del nostro interesse, del nostro piacere, un mezzo per raggiungere i nostri obiettivi. IO al centro e tutto il resto intorno (forse).

Abbiamo dimenticato o chissà, non abbiamo mai imparato, che nella costruzione di Sé, l’Altro è necessario: è l’Altro che ci salva, è l’Altro che ci ricorda chi siamo, è l’Altro che ci permette di scrivere ancora, di scrivere la storia, di creare mondi nuovi, di esistere in questi mondi. Abbiamo dimenticato che ognuno di noi, pur essendo un Io, è un Altro. E nessuno può essere Altro senza l’Altro.

C’è stato un filosofo, nel secolo scorso, che ha speso quasi l’intera sua vita a interrogarsi sull’importanza dell’Altro, a riflettere sulla bellezza responsabilizzante dell’incontro con il volto, lo sguardo dell’Altro.

Diceva: “il volto non è semplicemente una forma plastica, ma è subito un impegno per me, un appello a me, un ordine per me di trovarmi al suo servizio. Non solamente di quel volto, ma dell’altra persona che in quel volto mi appare contemporaneamente in tutta la sua nudità, senza mezzi, senza nulla che la protegga, nella sua semplicità, e nello stesso tempo come il luogo dove mi si ordina. Questa maniera di ordinare, è ciò che chiamo la parola di Dio nel volto.”

Oggi, in forma forse più semplice e diretta, ce lo dice Niccolò Fabi in una bellissima canzone, Io sono l’Altro.

Io sono l’Altro. E Altro non è solo il migrante, il clandestino, quello con un colore di pelle diverso dal mio, “quello che il mio stesso mare lo vede dalla riva opposta”. Altro è “quello che ti dorme nella stanza accanto”, “quello che guida mentre dormi”, “il direttore della banca dove hai domandato un fido”. Altro è “il velo che copre il viso delle donne”, il ragazzino che incontri ogni mattina all’angolo della strada, la commessa che ti chiede sempre di cosa hai bisogno mentre tu stai solo dando un’occhiata, l’insegnante di tuo figlio, il proprietario della discoteca dove vai a ballare con gli amici, il tuo cantante preferito, quello che proprio non sopporti, il tecnico delle luci di quello spettacolo bellissimo che sei andato a vedere, l’autore del libro che devi studiare per l’esame, la tua migliore amica, la tua mamma, tu. Tu sei un Altro. Tu sei l’Altro. L’Altro che nascerà tra qualche ora nel tuo presepe. O dovunque tu pensi che nasca. Tu sei l’Altro. Io sono l’Altro.

Io sono l’Altro è il senso più vero e più profondo del Natale, di questo Natale. Un Natale di silenzio e di poche luci, un Natale di sconforto e paura. Il Natale di un’epoca senza valori, di un mondo in bilico, di un clima instabile, di un futuro annebbiato, di un presente precario, di un passato invisibile.

Io sono l’Altro è quello che dovremmo ricordarci, quello che dovremmo dirci, quello che dovremmo augurarci.

Io sono l’Altro è quello che dovremmo riconoscere. Per essere, per Natale e sempre, un Io degno di essere rispettato, un Altro degno di essere amato.

Io sono l’Altro.