…che non fanno più scorrere del sangue, ma semplicemente si limitano a ‘svuotare le teste’

Scriveva un giovane filosofo della matematica francese Albert Lautman (1908-1944), impegnato come tanti altri nel cercare di capire le cause dell’avvento del nazismo e poi morto combattendo nelle fila della Resistenza pur da convinto pacifista: “Volendo sopprimere i legami fra il pensiero e il reale e rifiutando di dare alla scienza il valore di una esperienza spirituale, si rischia di avere solo un’ombra della scienza e di rigettare lo spirito teso alla conquista del reale verso attitudini violente con cui la ragione non ha nulla a che fare”.

Questa affermazione è la testimonianza di un uomo che, per pochi anni di vita da ricercatore, ha rivolto i suoi  interessi nel cercare di comprendere gli stretti legami fra il pensiero matematico ed il reale a volte espliciti ed il più delle volte impliciti, meccanismo che è alla base di ogni impresa cognitiva che per sua natura è spirituale nel senso più esteso del termine; e nello stesso tempo capì che a base di molti eventi umani, e di quelli più tragici, c’è proprio il deliberato obiettivo di ‘sopprimerli’ tali legami, ritenuti costitutivi  dello spirito umano. Una volta venuti meno o fatti venire meno, anche il pensiero, la scienza, la tecnica, l’arte e la stessa religione  si offuscano, diventano ‘ombre’ di se stesse e, come diceva negli stessi anni Simone Weil, ‘si babilonizzano’, cioè diventano puri strumenti di potere sino a spingere l’uomo ‘verso attitudini violente’; da essere percorsi di verità in quanto  l’obiettivo è la conoscenza del reale attraverso il continuo scontro con esso, si trasformano loro malgrado in armi grazie alle quali si impongono false visioni del mondo, si costruiscono quelle che Teilhard de Chardin negli stessi anni chiamava vere e proprie ‘corazzate’ (i diversi totalitarismi), abili nel veicolare pseudo-teorie come quelle razziali facilmente poi innestabili su delle menti fatte diventare abilmente orfane di adeguate ancore al reale.

Con tali ‘corazzate’, frutto di una deformazione del pensiero che ha perduto i legami col reale, ‘la ragione umana non ha nulla a che fare’, e ha come unico dovere quello di chiarire e ripristinare il valore veritativo ed insieme ‘spirituale’ delle sue acquisizioni dalle scienze all’arte, dalla tecnica alla religione che a volte, come diceva sempre negli anni ’30 Karl Jaspers, possono diventare ‘totalizzanti’ e assolute in quanto lontane da quella continua ‘tensione  tra sapere ed esistenza’, tra ‘pensiero e reale’. La ragione, pur essendo fragile e ‘vagabonda’ come già diceva prima Blaise Pascal e poi  Merleau-Ponty, va innestata continuamente sulle radici del reale; non deve abdicare alla sua funzione critica che è quella di individuare e neutralizzare i processi di babilonizzazione  presenti anche quando, ad esempio,  a problemi complessi si danno volutamente risposte semplicistiche di facile presa o nel  considerare le tecnologie, soprattutto quelle massmediali e della comunicazione in genere, ‘neutrali’ quando non lo sono in quanto comunque veicolano delle visioni del mondo.

Queste che sono le nuove ’corazzate’, pur frutto del pensiero e delle azioni umane, devono la loro forza alla capacità di offrire visioni ‘idilliache’ del reale giocando sulla pigrizia di certa ragione ; anzi, per parafrasare una affermazione del più celebre dei massmediologi, il canadese Herbert M.  McLuhan, sono corazzate che non fanno più scorrere del sangue, ma semplicemente si limitano a ‘svuotare le teste’, cioè a non far prendere atto dei legami fra pensiero e reale, della rugosità del reale la cui conoscenza comporta fatica, una continua ristrutturazione e riconfigurazione delle sue intrinseche ragioni. Se oggi da più parti si parla di ‘post-verità’, questo è dovuto proprio al fatto che essa si nutre  in maniera strutturale del distacco dei legami del pensiero dal reale sino a  mettere in serio dubbio le capacità dell’uomo di raggiungere un pur minimo contenuto di verità su di esso.

Le figure sopra citate, da Lautman e Weil a Teilhard de Chardin e Jaspers, pur provenendo da esperienze personali e concettuali diverse, hanno vissuto sulla loro pelle uno dei periodi più tragici del Novecento e lo hanno interrogato per lasciare una testimonianza di un pensiero che, nel vivere sino in fondo le contraddizioni del reale, è in grado di guardare al futuro con rinnovate capacità critiche con una ragione fattasi più forte nel contrastare vecchie e nuove corazzate sempre pronte a incunearsi nei momenti e nei punti deboli dello spirito umano.


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Mario Castellana, già docente di Filosofia della scienza presso l’Università del Salento e di Introduzione generale alla filosofia presso la Facoltà Teologica Pugliese di Bari, è da anni impegnato nel valorizzare la dimensione culturale del pensiero scientifico attraverso l’analisi di alcune figure della filosofia della scienza francese ed italiana del ‘900. Oltre ad essere autore di diverse monografie e di diversi saggi su tali figure, ha allargato i suoi interessi ai rapporti fra scienza e fede, scienza ed etica, scienza e democrazia, al ruolo di alcune figure femminili nel pensiero contemporaneo come Simone Weil e Hélène Metzger. Collaboratore della storica rivista francese "Revue de synthèse", è attualmente direttore scientifico di "Idee", rivista di filosofia e scienze dell’uomo nonché direttore della Collana Internazionale "Pensée des sciences", Pensa Multimedia, Lecce; come nello spirito di "Odysseo" è un umile navigatore nelle acque sempre più insicure della conoscenza.

1 COMMENTO

  1. La “pigrizia di certa ragione” rappresenta il problema principale della costruzione di molte barriere mentali da parte delle nuove corazzate che si nutrono di opinioni e costruiscono post-verità . Indagare tra le rugosità del reale aiuta a seminare quel dubbio, tipico della ricerca scientifica, che dovrebbe portare a capire il valore della conoscenza e la fatica dello studio.

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