Il cantautore romano sa come fare una lezione di antropologia in versi rendendola poesia

È finita ufficialmente l’estate. Le serate estive e le hit del momento lasciano spazio a impegni scolastici e lavorativi. Una serata di queste più tranquilla, accendendo la radio ( ammetto che alcune volte preferisco l’effetto sorpresa che ti da la radio invece che la selezione brani su YouTube) ho ascoltato il pezzo nuovissimo di Niccolò Fabi “Io sono l’altro” che mi ha portato a pensare a molteplici aspetti della vita. I fatti di cronaca locale ma non solo, fanno sempre più paura e ci fanno sentire sulla pelle quanta reale distanza esista tra noi e il vicino di casa, il compagno di scuola o il collega. Questo avviene per difesa o indifferenza?

In un mondo dove l’altro è qualcuno di molto lontano da noi, in una società dove la diversità ammutolisce e distanzia gli esseri umani o in una casa dove gli stessi componenti della famiglia non si incontrano mai perché impegnati a creare legami virtuali, la musica può essere salvifica, anzi deve esserlo.
Oggi quello che manca è l’empatia, il sentire l’altro. I social media ci hanno allontanato e le varie crisi della nostra epoca ci hanno portato a seminare un piccolo giardino che coltiviamo solo per noi e che vedremo sempre meno verde di quello del vicino, portandoci a provare cattiveria e rancore.
È in questa mancanza totale di riferimenti e valori che arriva come un pugno nello stomaco un pezzo come “Io sono l’altro” di Niccolò Fabi scritto per accendere un lume di speranza, pronto ad illuminare le coscienze assopite dalla frenesia o dalla mancanza di contatto umano.

Questa canzone fa pulsare inevitabilmente la coscienza e la poesia tipica ed autentica del cantautorato italiano, di cui Niccolò è un importante rappresentante, fa esplodere mille spunti utili a riconnetterci in modo naturale e non virtuale all’altro. Questo pezzo esce come singolo di un album sul mercato fra meno di un mese. Un fulmine a ciel sereno, non viene presentato con nessun annuncio social, nessuna mega campagna promozionale per proporlo alla massa, ma chi lo segue o solo chi ha una grande sensibilità per i temi attuali se ne accorge subito e dopo poche ore che circola in rete inizia a postarlo, a farlo girare e ad apprezzarlo.

Il cantautore romano sa come fare una lezione di antropologia in versi rendendola poesia. Non sarà una hit estiva, non ci farà battere le mani o improvvisare balletti meccanici, ma che potenza ha una canzone che ci ricorda che fondamentalmente “io sono l’altro” e che, se solo avessimo la capacità di vestire i panni dell’altro, il giudizio sarebbe sostituito dalle alleanze la paura dal coraggio e la violenza dalla forza.
Quindi più Fabi per tutti, uno dei referenti attuali del cantautorato italiano che ci porta a tracciare una linea continua con il passato e i grandi autori dagli Anni 60 in poi senza farci perdere di vista la potenza intramontabile delle parole a servizio della musica e non della moda del momento.


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