Un Benigni misurato e commovente come Geppetto, in una versione fedele alla favola di Collodi

Il Pinocchio di Matteo Garrone è il ritratto solipsista di un amore il cui frutto è da consumarsi lontano dall’ideale talamo della famiglia tradizionale. Pur conservando il leit motiv del romanzo originale di Collodi, l’opera del regista romano è un quadro incorniciato sullo schermo cinematografico, un’apoteosi di costumi ed effetti speciali ottimizzati dalla fotografia di Nicolaj Bruel, dalla scenografia di Dimitri Capuani, dal trucco di Mark Coulier e dagli abiti di Massimo Cantini Parrini.

Diretto ed interpretato nel 2002 da Roberto Benigni, nel ruolo del protagonista, il Pinocchio che il Premio Oscar toscano tramanda a Garrone è la vecchiaia artistica della sua creatività, un Geppetto maestro d’ascia, canuto nell’aspetto tricologico e nelle ambizioni di un indigente miserabile che si riscopre padre premuroso e apprensivo, un tronco di legno, regalatogli da Mastro Ciliegia, disubbidiente fin dalla prima corteccia, un burattino costato a Federico Ielapi  cinque ore di make up quotidiano, come nello stile di Garrone, come nel suo ”Racconto dei Racconti”, in una location, quella pugliese, che ritorna prepotente nel cuore del giovane Matteo, dispensatore di consigli per un cast di primissimo livello che comprende, fra gli altri, anche il suo pretoriano gomorriano Ciro Petrone, banditore del Mangiafuoco Gigi Proietti, caricatura magnanima della versione Disney, starnuto di benevolenza e sovvenzionatore di quattro zecchini d’oro, futuri semi di un Campo dei Miracoli sterile e sabbatico.

Accademia della Crusca o, per meglio dire, del crocchio fiorentino. Dall’abbecedario di Sergio Forconi alla famelica volpe di Massimo Ceccherini (co-sceneggiatore insieme a Garrone), entrambi nel solco del Ciclone maremmano di Pieraccioni, Ceccherini e Forconi, ma, soprattutto, Ceccherini e Rocco Papaleo, la Volpe e il Gatto, assassini del bosco, contadini che piantano arbusti di sogni infranti.

Distribuito da ArchimedeRai CinemaLe PacteRecorded Picture Company e 01 Distribution, e prodotto da Matteo Garrone, Jean LabadieAnne-Laure LabadieJeremy ThomasPaolo Del Brocco, Pinocchio del 2019 è un affresco rinascimentale, la dura lex sed lex dell’alfabetizzazione obbligatoria, contro i morsi della fame, contro i morsi di un pescecane strumento di serendipità genitoriale, da Nino Manfredi a Benigni, da “Le avventure di Pinocchio”, mini-fiction Anni Ottanta, a prodotto sempre e comunque Rai, fruibile a tutti, grandi e piccini, metamorfosi kafkiana di una Fata Turchina, più umanizzata rispetto agli animaleschi (giudice scimmiesco) Gregor Samsa degli altri personaggi: una cambiamento a cui lo spettatore sente di appartenere.

 

 


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Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Puglia, ho iniziato a raccontare avventure che abbattono le barriere della disabilità, muri che ci allontanano gli uni dagli altri, impedendoci di migrare verso un sogno profumato di accoglienza e umanità. Da Occidente ad Oriente, da Orban a Trump, prosa e poesia si uniscono in un messaggio di pace e, soprattutto, d'amore, quello che mi lega ai miei "25 lettori", alla mia famiglia, alla voglia di sentirmi libero pensatore in un mondo che non abbiamo scelto ma che tutti abbiamo il dovere di migliorare.