Richard O. Prum, L’evoluzione della bellezza. La teoria dimenticata di Darwin (Milano, Adelphi 2020)

In un momento come quello attuale più orientato a ridare centralità alla ricerca scientifica e a quella biomedica  in particolar modo per i benefici  immediati  che ci sta offrendo, non è fuor di luogo prestare attenzione a ciò che sta avvenendo in altri settori delle scienze naturali, come ad esempio nella  zoologia dove con lo sviluppo dell’etologia si sta dando sempre più spazio allo studio sistematico dei comportamenti degli animali; i recenti risultati ottenuti  in tale non secondario ambito, pur sembrando lontano dai bisogni più immediati dell’umanità, nel loro insieme ne stanno mettendo in discussione alcuni luoghi comuni come,  ad esempio, il ritenere assenti  negli animali  forme intellettive e linguistiche prima e poi il gusto del bello, ritenute quasi esclusivo appannaggio degli esseri umani. Del resto, sin dal loro inizio le scienze biologiche e poi soprattutto con l’avvento della teoria dell’evoluzione, nell’aprire il secondo capitolo del libro della natura, hanno avuto rilevanti implicazioni nella visione dell’uomo e del suo ruolo nella storia più generale della vita nel senso che hanno distrutto le basi di credenze plurisecolari su cui  aveva costruito la propria identità; dopo aver subìto con Copernico e Galileo quella che è stata definita la prima umiliazione gnoseologica per averlo spodestato  dal centro dell’universo, esse gli hanno inferto una seconda e più grande umiliazione solo  per aver fatto prendere atto di avere le stesse logiche di base in comune con tutti gli altri esseri viventi,  dalle leggi genetiche dell’abbate Mendel sino alla struttura del DNA e ai risultati più recenti nell’ambito della simbiontologia dove si parla di ‘biografie condivise’.

Ma come spesso è successo nella storia delle idee non solo scientifiche, un evento così dirompente come è stato l’impatto della teoria dell’evoluzione sulla visione dell’uomo è stato in parte attutito nelle sue conseguenze più radicali nel  momento stesso in cui la ricca e del resto attesa teoria darwiniana  stava per diventare il punto di vista di non ritorno negli studi naturalistici per una prima organica visione di insieme che offriva dei fenomeni del vivente; di essa si sono a volte in maniera arbitraria fissati  dei paletti sino a crearne  una vera e propria ortodossia tetragona, come ogni esito del genere, a pur necessari ripensamenti critici. Ci vengono in aiuto in tal senso delle recenti ricerche in campo ornitologico portate avanti da Richard O. Prum, i cui esiti filosofico-scientifici vengono discussi nel volume L’evoluzione della bellezza. La teoria dimenticata di Darwin  (Milano, Adelphi 2020), dove da scienziato, convinto evoluzionista, si parla di vera e propria mutilazione subìta da parte del pensiero e dell’opera di Darwin già quand’era ancora in vita, nel senso che interi capitoli del suo percorso sono stati deliberatamente  tralasciati, come quelli presenti nell’Origine dell’uomo e relativi al ruolo della bellezza come fenomeno attrattivo tra esseri viventi.

Non è la prima volta che succede che ricerche condotte nel campo ornitologico, campo che fu del resto centrale nel variegato mondo di Darwin di per sé non facilmente riconducibile a punti di vista normativi come del resto ogni autentico corpus scientifico che si rispetti (cfr. ns. Nel mondo di Darwin,  Odysseo  9 luglio 2020), vengono a scuotere alcune granitiche certezze come quelle sostenute da certa  ortodossia dominante dove si ritiene come fatto incontrovertibile della selezione naturale solo la capacità di adattarsi per evolversi da parte degli individui; non a caso già Ernst Mayr (1904-2005), grazie ai suoi studi sugli uccelli, inflisse un duro colpo alle visioni riduzionistiche delle scienze biologiche e ai presunti determinismi genetici quasi ritenuti basilari, come ha fatto Prum che, fedele alla lezione di Darwin, ridà centralità strategica al concetto di bellezza, considerato vero e proprio ‘concetto scientifico’ in grado di spiegare le modalità con le quali gli ‘esseri viventi senzienti’ arrivano a ‘compiere scelte in ambito sociale e sessuale’.

Tale programmatico modo di ‘reintrodurre la bellezza nel discorso scientifico’ e a ‘innalzarla a tema centrale per la ricerca’ serve all’ornitologo americano da un lato, con delle concrete ricerche empiriche condotte nei vari continenti, a ‘rianimare la concezione estetica darwiniana della scelta del partner’ che era stata dimenticata e ritenuta secondaria; dall’altra ha l’obiettivo di capire le ragioni di questa dimenticanza e vera e propria mutilazione di quello che viene definito ‘il carattere rivoluzionario’ della teoria darwiniana, le cui cause storico-culturali vengono ricercate nel clima imperante nell’Inghilterra vittoriana ed europeo più in generale. In tal modo il percorso di Prum si rivela particolarmente interessante nel senso che spazia da questioni relative alla biologia evolutiva a problematiche di tipo filosofico e storico-sociali; si potrebbe dire che lo spirito del tempo per spiegare l’origine della vita e dell’uomo era quello di fare riferimento alle ricerche scientifiche in atto e non di affidarsi più a posizioni extra-scientifiche e questo sia pure con diverse difficoltà  veniva lentamente metabolizzato non solo da parte della comunità scientifica. Poi gli attori dei grossi e aspri cambiamenti politici ed economici in corso, una volta messa da parte l’idea della religione come instrumentum regni, avevano bisogno di una nuova legittimazione, questa volta più credibile rispetto a quella del passato, sino a trovare nelle discipline biologiche degli appigli per giustificare chi era emerso a scapito di altri (individuo, classe, stato, razza) con l’adattarsi e sopravvivere. Chiaramente in tal modo concetti fondamentali della teoria dell’evoluzione come selezione, biodiversità,  adattabilità e variazione vennero decontestualizzati e deformati a fini ideologici ed in parte attutiti nel senso che sembravano essere quasi connaturati alle vicende umane viste alla luce della naturalizzazione che ne permettevano.

Ma se tale clima culturale e politico  protrattosi per lungo tempo influì nel fare accettare parte della teoria darwiniana sia pure nel farne passare letture politiche e sociali non consone in quanto comunque toccava l’uomo in profondità per la prima volta nella storia conoscitiva, per Prum non era il contesto maturo  per fare accettare la ‘visione puramente estetica della selezione sessuale’; inoltre già Darwin aveva osservato che nel corteggiamento avvengono scelte non di natura deterministica ed in base  a delle preferenze ritenute belle e Prun sulla sua scia ha trovato conferma in diversi comportamenti che tali scelte sono per lo più dovute al partner femminile che in tal modo ha una sua ‘autonomia sessuale’ col diventare ‘la principale responsabile dell’evoluzione della bellezza in natura’. Per questo si ritiene che la società dell’epoca non poteva tollerare che quello che all’epoca veniva chiamato ‘l’immorale capriccio femminile’ potesse essere un fattore determinante nella selezione ed in base a scelte arbitrarie; in tal modo ‘il senso del bello’, gusto, desiderio, tenerezza, contingenze e anche fragilità ‘hanno una forza evolutiva indipendente, capace di operare grandi trasformazioni nella storia delle specie’ e rientrano tra i fattori dell’evoluzione che viene così liberata dalla ‘legge della lotta e dal dominio del più forte’.  In tal modo bellezza e desiderio giocano un ruolo decisivo nella ‘storia della vita’ e ‘nell’evoluzione della sua complessità’, nella ‘carica innovatrice sulla varietà delle forme di vita’,  ed in quanto libere di ‘manifestare la loro forza creativa’ non sono soprattutto ‘vincolate al compito riduttivo di fornire un  vantaggio adattativo’.

Prum ci offre un ampio ventaglio di esempi del genere tratti dall’analisi dei comportamenti degli uccelli ed il suo percorso è un vero e proprio inno alla bellezza, per usare un termine del gesuita e paleontologo francese Pierre Teilhard de Chardin che nello studiare in una prospettiva evolutiva il passato dell’uomo parlava a sua volta di ‘inno alla materia’ proprio per indicare le sue continue trasformazioni. Se questo è l’idea portante del suo affascinante percorso nella storia naturale, destano alcune perplessità quando a volte, preso dall’entusiasmo peraltro condivisibile perché ha dato un ulteriore colpo alle visioni deterministiche e riduzionistiche degli eventi naturali,  trasporta alcuni dei risultati conseguiti per fare delle considerazioni sul genere umano; alcuni sono indispensabili per capire meglio sulla scia della moderna genomica ‘l’individualità umana’, altri non sembrano essere tali come quelle sull’evoluzione dei comportamenti umani anche perché sono tutti da verificare ulteriormente.

Ma dove il  discorso di Prum si rileva ancora più interessante è sul versante della stessa filosofia della biologia e della scienza più in generale, in quanto conferma ancora una volta che il vero cammino della conoscenza scientifica non è mai sul filo dell’ortodossia che è sempre presunta ed imposta, ma corre  sui binari dell’eterodossia che vanno ricercati ed indagati fuori dai quadri teorici esistenti; essi sono però binari lastricati da errori ed incomprensioni, ma sono il luogo dove avviene quello che il matematico ed epistemologo Federigo Enriques chiamava continuo ‘travaglio dei concetti’, in analogia con i vari travagli che contraddistinguono la vita umana.


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Mario Castellana, già docente di Filosofia della scienza presso l’Università del Salento e di Introduzione generale alla filosofia presso la Facoltà Teologica Pugliese di Bari, è da anni impegnato nel valorizzare la dimensione culturale del pensiero scientifico attraverso l’analisi di alcune figure della filosofia della scienza francese ed italiana del ‘900. Oltre ad essere autore di diverse monografie e di diversi saggi su tali figure, ha allargato i suoi interessi ai rapporti fra scienza e fede, scienza ed etica, scienza e democrazia, al ruolo di alcune figure femminili nel pensiero contemporaneo come Simone Weil e Hélène Metzger. Collaboratore della storica rivista francese "Revue de synthèse", è attualmente direttore scientifico di "Idee", rivista di filosofia e scienze dell’uomo nonché direttore della Collana Internazionale "Pensée des sciences", Pensa Multimedia, Lecce; come nello spirito di "Odysseo" è un umile navigatore nelle acque sempre più insicure della conoscenza.

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