
Se Dio avesse una voce sarebbe quella
del volo della rondine, la stessa eleganza di certe improvvise
giravolte, quel distacco, quella suprema indifferenza,
le stesse cortissime zampe, la precisione ellittica con cui
porta il disordine dentro l’esatta matematica del cielo, turgori
e mancamenti, ostinazioni e abbandoni repentini, è così
che Dio si esprime, e il volo della rondine è la sua stessa voce,
leggera e assente, visione del caos e di una fame che s’indovina
dietro quel nero di fulmine, quelle ali che parlano
di una sublime geometria, della rapace leggerezza con cui disegna
il mondo, l’algoritmo segreto di quando plana, e sì, Dio
ha la voce del volo della rondine, quella rondine estrema che di aprile fa
un capolavoro di passione e di ardimento, un veloce assalto
dal cuore profondo della vita, quella voce con cui ci raccoglie
e ci conduce in alto, nelle braccia di un enigmatico abbandono.