I LIBRI VIVENTI DEL CPIA BAT – QUINTO EPISODIO

Chi sono? Che ci faccio qui? Perché sono nato? Cosa c’è dopo la morte? Domande alle quali tutti, nessuno escluso, cerchiamo di dare delle risposte che siano abbastanza soddisfacenti, almeno che riescano a tacitare per un po’ la nostra sete costante di conoscenza del mondo in cui viviamo e di noi stessi, a volte abissi insondabili ai nostri stessi occhi, ma curiosi ed avidi di vita serena e gratificante.

Che senso ha la mia vita? Quante volte ci soffermiamo su questa domanda alla ricerca spasmodica di soluzioni alle angosce che ci attanagliano soprattutto nei momenti bui, quando non vediamo la luce al fondo?

Chiedersi il senso della propria esistenza è umano, è connaturato con il nostro essere ed è inevitabile a partire da un certo momento in poi, quando cioè acquisiamo una relativa coscienza di ciò che siamo e di ciò che vorremmo essere. Questo interrogativo diventa un percorso esistenziale, colmo di eventi inattesi, graditi, sgraditi ma che arricchiscono la nostra ricerca quotidiana e perenne.

Così il primo passo verso una possibile comprensione del senso della propria vita avviene quando accettiamo ciò che siamo, senza voler essere diversi o evitando di rispondere a canoni imposti dal proprio entourage familiare o sociale: quando acquisiamo la consapevolezza della nostra unicità e la accogliamo in noi stessi come un magnifico dono, raggiungiamo una serenità d’animo che ci avvicina grandemente alla conoscenza del senso della nostra esistenza. Non si esaurisce, però, tutto in questa auto-accettazione.

Il secondo passo fondamentale, necessario è la cognizione e la libertà di vivere qui ed ora: la nostra vita si svolge sotto i nostri occhi e noi siamo i protagonisti di ogni avvenimento, non certo gli spettatori passivi di qualcosa che avviene fuori di noi. Quando riusciamo davvero ad immergerci nella nostra esistenza quotidiana senza farci rapire da tormenti, da rimorsi del passato o da ansie ed angosce del futuro, siamo a buon punto del percorso che ci conduce all’assimilazione dell’agognata soluzione al quesito.

L’ultimo passo di questo iter di ricerca è rappresentato dal contribuire alle vite degli altri: non può esserci senso alla vita se ciò che si fa non ha utilità sociale, se non si sviluppa un sincero e profondo interesse per gli altri, un vero e proprio sentimento sociale. Il proprio successo così diventa una ricompensa per aver soddisfatto i bisogni altrui, ci si percepisce soddisfatti e sereni e ci si ritrova colmi dell’umanità che connota le persone mature.

Questo è stato l’itinerario alla ricerca di se stessa e del senso alla propria vita di Rossella.

 

IL SENSO DELLA MIA VITA – 05/05/2020

Potrei scrivere molte pagine su questo argomento, tanto ci sarebbe da raccontare… ma mi soffermo solo su alcuni tratti di un lungo percorso fatto di lastricato. Nulla è facile, nulla ti viene donato, soprattutto per chi, per una donna come me che ha dovuto rimboccarsi le maniche in maniera quasi coatta durante un periodo particolarmente difficile e delicato. Avevo 39 anni quando la mia amata mamma ebbe la sua dipartita. Il mio adorato papà di seguito subì un intervento chirurgico per un carcinoma maligno. Non fu facile gestire questa situazione, anche perché nel frattempo stavo preparando i documenti che mi avrebbero portata poi alla separazione coniugale. Non vivevo a Trani.

Per molteplici motivi mi vidi costretta a rientrare nel mio paese natale, trasferendomi a casa di mio padre che da lì a poco raggiunse mamma in Cielo. Trovai subito lavoro presso un giudice: amministravo le sue carte e, per arrotondare lo stipendio, gli facevo anche da cuoca. All’epoca mia figlia aveva 4 anni. Con il consenso del giudice portavo con me mia figlia sul posto di lavoro. Da lì a tre mesi lasciai la casa paterna per trasferirmi in una nuova casa che riuscii a trovare in affitto. Intanto la procedura di separazione andava avanti con non poche problematiche. Nel dicembre del 2000 trascorsi il mio primo giorno di Natale da sola con mia figlia: il primo di una lunga serie. La bimba cresceva a vista d’occhio: servivano nuovi vestitini, scarpette, e il fabbisogno quotidiano alimentare cominciava a farsi sentire. Tramite un’amica riuscii a trovare altri lavori come governante. Fui molto fortunata in questo ambito, riuscivo a gestire contemporaneamente cinque famiglie, organizzandomi con gli orari e i giorni della settimana. Quando la bimba non potevo portarla con me al lavoro, c’era una ragazza che veniva a casa per occuparsi di lei. Lavoravo tanto, ma guadagnavo anche tanto… così da potermi permettere viaggi e regali per me e a mia figlia, destinazione: montagna. Viaggiammo e visitammo tanti posti del Piemonte, Lombardia, Toscana, Veneto e anche qualche città del Trentino. Per 15 anni la nostra vita andò avanti così.

Nel 2014 qualcosa cambiò. Cominciai a non stare bene in salute. Non davo peso ai quei malesseri, mia figlia e il mio lavoro erano più importanti. E poi dovevo continuare a dedicarmi all’impegno che da due anni prima portavo avanti, ovvero il volontariato. Sì, nel 2012 mi iscrissi presso la Protezione Civile associata e  accompagnata da un gruppo dell’Esercito Italiano, guidata in quel periodo dal maresciallo Luca Tundo, nonché presidente. Una gran bella persona Luca, molto umano, benefattore. In una delle sue missioni  fece costruire un ospedale  in Africa,  di preciso in Tanzania,  un Paese molto povero, dove gli abitanti per procurarsi l’acqua dovevano percorrere diversi chilometri a piedi. Con Luca e con il Presidente della Protezione Civile di Bari fui addestrata in un operazione di antincendio e mi  fu riconosciuto il brevetto ‘’OperazioneFire’’. In precedenza avevo frequentato un corso di alta formazione e ricevetti l’Attestato di OSA (Operatrice Socio Assistenziale) con l’abilità di Psicologia agli anziani. Di giorno lavoravo, la sera mi dedicavo allo studio fino a notte fonda. Nel 2012 conseguii un altro Attestato sempre con l’Esercito guidato da Luca Tundo. Il mio primo BLSD+DAE: Basic Life Support Defribillation+Defibrillatore Automatico Esterno.

Ma una notte fui svegliata di soprassalto da dolori lancinanti allo stomaco. Fui portata d’urgenza in ospedale: dalle prime indagini mediche capii che qualcosa non andava. Mi somministrarono dei calmanti e il mattino seguente tornai a casa. Interpellai i migliori medici professionisti e l’esito delle analisi non fu piacevole. Dovevo sottopormi ad un intervento chirurgico allo stomaco, al fegato e al pancreas. Prenotai una visita da un primario gastroenterologo: mi visitò e, fatte le procedure per le analisi, dopo 2 settimane mi ricoverai nella sua struttura privata per l’intervento. L’operazione fu eseguita in laparoscopia, durò ben 7 ore e riuscì brillantemente. Tornai a casa e feci la convalescenza. Mi ristabilii, ero tornata in forma. Così con mia figlia organizzammo un viaggio in Veneto. La montagna ci ha sempre affascinato: la Piana di Marcèsina nell’Altipiano di Asiago ha un fascino particolare! Il Ponte degli Alpini a Bassano del Grappa ha vivida la storia della Grande Guerra e gli abitanti del posto non mancavano ad invitarci per un bicchierino di grappa e un pezzo di torta al cioccolato. In inverno fa molto freddo in quella zona e la neve la fa da padrona!

Dopo un mese di vacanza e spensieratezza rientrammo a casa. Tornai al lavoro e alla solita routine. Mia figlia aveva appena terminato gli studi conseguendo due diplomi. Nel 2016 mi iscrissi presso “Trani Soccorso”, mi preparai alla mia seconda formazione di assistenza sanitaria. Con Oronzo Massari del 118 di Bari eseguii il secondo BLSD+DAE, ma questo comprendeva il pediatrico, si trattava del PBLSD e delle manovre di Heimlich, ovvero le manovre di disostruzione di corpi estranei nelle prime vie respiratorie sia negli adulti che pediatriche. Mi assegnarono turni sul mezzo di soccorso. Il mio lavoro è fatto di passione, amore verso il prossimo! Indossare una divisa significa molto per me, significa donare amore senza chiedere nulla in cambio se non un sorriso da chi lo riceve. Inizialmente non fu facile assistere persone che non ce l’avrebbero fatta: fu un duro colpo per me. La prima volta che un uomo malato terminale mi spirò tra le braccia, confesso che sono stata malissimo quando con la mia mano gli abbassai le palpebre… Piansi per giorni, ma poi via via mi abituai a quelle situazioni, ormai facevano parte del mio lavoro. Nonostante nel 2015 fui colpita da un ictus oculare, perdendo il 95% del campo visivo, tra tutte queste vicissitudini sia negative che positive, ho dato un grande ‘’Senso alla mia vita’’!