La conoscenza è sempre in viaggio.

Fin dai tempi più remoti, l’uomo ha condiviso le sue scoperte, dapprima nel suo minuscolo clan, tramandandole di generazione in generazione, fino a giungere ai villaggi, le prime comunità vere e proprie.
Con l’accumularsi di queste informazioni, la società progredì, la comunicazione si fece sempre più vivida e articolata, non più esperienze quotidiane raccontate da un capo attorno al fuoco, ma cultura di popoli in movimento, bagaglio invisibile, ma assai rumoroso.

Migrando, nei continui spostamenti, il bagaglio degli uomini s’accresceva, perché la cultura dei vari gruppi, come fossero piccoli focolai, confluiva in un grande falò e i vari falò formarono, una volta che i gruppi si fecero sedentari, quelle che sono le culture in cui siamo immersi ancora oggi.
La società odierna è una società globalizzata e, per certi versi, il falò della conoscenza dovrebbe configurarsi quale unico e uniforme, tuttavia sono proprio le “faville” che lo costituiscono a ricordarci che esso non è omogeneo, arde per il contributo di ogni singolo individuo.

L’Italia è uno dei Paesi che più ha fornito e fornisce il “comburente” per il fuoco della conoscenza.
È anche vero che talora il suo apporto è consistito in un’imposizione conquistatrice, ne è il grande esempio il “glorioso” Impero Romano, altre volte apporto avversato dalle oppressioni delle potenze straniere, ma, per queste ragioni, è possibile giudicarlo un contributo forte, capace di superare ogni avversità.
Ne consegue lo sconcerto per il preoccupante fenomeno che dilaga di recente nella nostra Patria: la “fuga dei cervelli”.
Ciò che conduce orde di giovani a lasciare il Paese è un insieme di fattori che, combinandosi tra loro, conducono alla disperazione gli individui più brillanti.

Innanzitutto l’incertezza: il futuro di un laureato in Italia è lontano e offuscato da mille pensieri, spesso ostacolato da politica e corruzione, ma anche criminalità.

Anche quando un traguardo, come il trovare un’occupazione, nonostante tutte le difficoltà, viene raggiunto, spesso è una realtà insoddisfacente, un modo per sopravvivere a condizioni ostili.
In Italia non si lascia molto spazio a settori che all’estero sono predominanti, così non c’è posto per la scienza.
Pochissimi sono i fondi destinati alla ricerca e invece assai ingenti quelli indirizzati alle varie amministrazioni, di frequente mal funzionanti.

Come comportarsi in una terra priva di stimoli, deserta?

Fuggire, sparire, portando con sé il bagaglio della conoscenza, le proprie idee come semi preziosi, per trasportarli dove possano germogliare e fiorire.
L’esempio lo diede il grande scienziato Guglielmo Marconi, padre della radio e della comunicazione moderna, si trasferì in Inghilterra perché non fu apprezzato nel nostro Paese.
Se questo non fosse accaduto, probabilmente non saremmo ciò che siamo ora.
Oggi non è dall’Italia che parte il progresso, ma più di frequente da parti di essa innestate altrove.
È tale una grave perdita per la nostra economia, in quanto siamo padroni di un buon sistema di istruzione e non riusciamo a raccoglierne i frutti.

Vi è forse un disinteresse comune da parte delle autorità. Un disinteresse che genera l’abbandono, il lasciare a sé stesse le giovani menti, quasi fossero uno scarto, regalando il risultato del lavoro di un’intera comunità ad un’altra a così poco prezzo.
Ed è in questo modo che ciò che le altre nazioni raccolgono o, meglio, accolgono, ci si ritorce contro e ci soffoca ancor di più.
La nostra Patria è divisa, “non siam popolo, calpesti e derisi” come proclama lo stesso Inno di Mameli.
Se ci fosse unione e si smettesse di permettere lo smembramento della nostra società, scempio, disonore d’Italia, diventeremmo una delle nazioni più competitive.

Ci sono molti aspetti sui quali lavorare per conseguire questo scopo.
È necessario essere consapevoli del problema, evitare di celarlo dietro un velo d’ipocrisia, leggere, scrivere, denunciare.
Molti programmi televisivi si occupano già di tale compito, uno di questi è Superquark di Piero Angela, che negli ultimi anni sensibilizza, fa sentire sempre più insistente la sua voce, intervista i “fuggiaschi” in modo da diffondere il loro appello.
Nel falò della conoscenza globale non deve essere incenerita l’identità, le fiamme non avrebbero alcun valore.

L’egoismo deve essere estirpato, solo così il fuoco del sapere potrà elevarsi al cielo e la cultura continuare il suo meraviglioso viaggio, mescolandosi, impregnandosi di storia e di vita, non arricchendo i potenti a discapito di alcuni, ma rimpinguando della ricchezza più preziosa l’intera umanità.