Dalla mensa alla vita
È una sensazione stranissima per un prete vivere il tempo liturgico quaresimale in quarantena.
Stranamente quarantena viene da quaranta, appunto i giorni che anticamente servivano a un ammalato per essere reintegrato in una comunità; termine che dopo ha significato isolamento per motivi sanitari al di là del numero dei giorni.
Questa quaresima, in quarantena, ci fa assistere alla rinuncia di vie crucis, adorazioni della croce e presenza di popolo nelle celebrazioni. Basti pensare al divieto di celebrare con il popolo l’eucarestia, norma che si è vista soltanto nelle dittature.
Eppure l’eucarestia e la quaresima non vengono meno con i loro valori spirituali ma, sentirei di gridare, sono più rafforzati. La logica eucaristica, in questa condizione, fatta di sacrificio, comunione e ringraziamento va trasportata nella vita.
Ci sono chiesti sacrifici in comunione per poter giungere al traguardo del ringraziamento per la vittoria sul male. Proprio come il Cristo che si offre per amarci tutti e risorge per vincere la morte la società è chiamata a vivere il sacrificio della rinuncia per una nuova rinascita. Noi cristiani abbiamo l’obbligo morale di vivere questa logica e di testimoniarla.
La quaresima ci insegna il combattimento spirituale contro il maligno attraverso le armi della preghiera, della rinuncia e della carità. Bisogna avere carità, rinunciando ad atteggiamenti che possono arrecare sofferenza, offrendo ogni prova come un culto spirituale a Dio.
Vivere il significato sacramentale di questo tempo liturgico esige di tornare all’essenzialità. Se la liturgia aiuta i credenti a celebrare la vita, adesso è il momento che la vita sia la testimonianza fattiva che si fa liturgia nel quotidiano. Questo momento di prova può essere vissuto in maniera ‘sacerdotale’, come popolo che offre il culto della vita donandosi nel sacrificio delle ristrettezze, nella comunione degli intenti, per poter tornare a rendere grazie, vincendo il male.
Se la malattia porta in sé la radice del male, la solidarietà comune porta quella di solidità. La vera fede è roccia, solidità in Dio. I credenti non devono e non possono avere paura. Oggi più di ieri possono celebrare il Signore con la loro vita, portando la pace.
Si può stare senza messe ma, spiritualmente, l’eucarestia continua ad esserci. Ci può essere la quarantena, ma i frutti spirituali della Quaresima non verranno meno. Ad ognuno il compito di poter ascoltare lo spirito di desolazione, che rattrista i cuori, o lo Spirito d’Amore che ci riconduce nei deserti della tentazione per uscirne vincenti insieme al nostro Beneamato fratello Gesù.