Donne

Donne. Basta soffiare sulla nuvola “giallo mimosa” che avvolge le graziose figure femminili per intravedere quanto esse abbiano da raccontare.

Il grande risalto che ha avuto sulla stampa e sull’opinione pubblica l’aggressione alle donne la notte di capodanno in Germania e in alcune città dell’Europa ci offre l’occasione per aprire una finestra sul “pianeta donna” e lo facciamo consapevoli del rischio che si ripetano parole consunte e di circostanza sottratte alla retorica e alla lamentazione arrabbiata.

Credo che sia l’occasione per ricordarne la forza, la determinazione e la sensibilità, ma anche per sottolinearne il fascino, richiamando alla memoria la sofferenza che alcune donne hanno subito e ancora stanno subendo; donne alle quali pare impossibile riuscire a contenere solitudine e dolore così laceranti da sconfinare nella disperazione.

Il dolore ha lasciato loro in “regalo” un cuore ferito. Un cuore che, proprio perché colpito, è capace di comprendere l’intima sofferenza di altri cuori. Da donne come queste è possibile imparare, perché ne sono esperte, come trasformare la forza del dolore in un’energia di vita, pur rimanendo icona vivente dello smarrimento: di qualcosa che si è spezzato.

È vero: la notte di Capodanno c’è stato uno spazio negato alla donna, soprattutto nel mondo pubblico della città, della polis. Quello spazio, tenendo conto della rivoluzione francese, dopo oltre due secoli dal risveglio della coscienza civile della donna, non le è stato “regalato”, ma se lo è dovuto conquistare.

Oggi, sostiene la teologa e pedagogista latinoamericana Porcile Santiso (1943-2001), questo spazio frutto di “conquista” diventa il luogo dell’attesa di una speranza creatrice e la donna ha esperienza “nell’attendere” già dai tempi di Penelope, quando le donne tessevano l’attesa e la speranza mentre gli uomini facevano la guerra. Questi elementi ci fanno pensare e affermare che le donne, facendo spazio al loro interno all’accoglienza della vita, sono la riserva antropologica dell’umanità.

Oggi, nella sfida della speranza, di fronte alla crescita dei problemi sociali, della casa, dell’occupazione, sperimentiamo impotenza e negazione di speranza; sembra che, abituati a vedere scene di miseria e di violenza, siamo diventati un po’ insensibili. Ci sentiamo preda di un mondo in carriera per il potere politico, sociale, economico. In questo mondo sembra che si possa solo correre o morire, non è facile sperare attivamente.

La speranza cresce quando due o tre donne si mettono d’accordo per trasformare lo spazio storicamente negato in spazio di accoglienza. Le donne hanno questa opportunità perché il loro corpo possiede uno spazio aperto per generare e rigenerare vita e questo spazio è nelle loro mani!

Che questa speranza non venga frustrata, anzi diventi speranza esigente, attiva, laboriosa, dialogante, così spero che possano trasformare “la città della confusione”, in una città amante, fidanzata, sposa e madre con la forza e la costanza di cui solo le donne sono capaci.