Continua l’inchiesta di Odysseo sul ruolo delle consacrate nella Chiesa con una religiosa che ha accettato di rispondere alle nostre domande, ma ha chiesto di mantenere l’anonimato.
Ha preso i voti giovanissima, scegliendo di mettersi al servizio degli ultimi: è stata infatti moltissimi anni in missione prima in Africa e poi nelle Filippine. Oggi la Casa madre ha voluto per lei un ruolo diverso: dirige un istituto di consorelle della sua congregazione in Europa, con annesse delle scuole per bambini.
“Donne, chiesa, mondo”, l’inserto mensile dell’Osservatore romano, ha denunciato il maschilismo imperante nella Chiesa che vede le suore come presenze quasi invisibili e sfruttate come domestiche a tempo pieno nelle abitazioni degli alti prelati, prive di un contratto o di convenzioni nel caso in cui lavorino presso scuole, ospedali o parrocchie. Condividi questa denuncia?
Sì, in linea generale condivido questo aspetto.
Pensi che questa polemica possa essere il frutto di una strumentalizzazione politica?
Probabilmente sì, visto che in Europa in genere non esiste ancora la mentalità di un contratto di lavoro per le religiose. Ci sono le eccezioni, come la Svizzera, che mostra maggior sensibilità verso l’apostolato delle consacrate. Tutto dipende comunque dal carisma esercitato dalla Famiglia Religiosa.
Cosa ti aspettavi quando hai scelto di seguire la tua vocazione e quale realtà ti sei invece trovata di fronte?
Quando si segue la propria chiamata non si ha nessuna aspettativa perché è un dono che una ragazza o una donna fa al servizio di Cristo e dei fratelli. Però ci vogliono doti e competenze per corrispondere adeguatamente a tale chiamata, per corrispondere alle necessità della Chiesa e della società in cui si opera.
Qualche anno fa alcune religiose hanno sottoscritto il “Manifesto delle donne della Chiesa”. Lo conosci? Lo condividi? Sarebbe opportuno aggiungere qualche punto?
Essendo stata sempre in missione non lo conosco e non lo posso condividere.
Papa Francesco ha manifestato preoccupazione per il persistere di una forte mentalità maschilista all’interno della Chiesa. Pensi che riuscirà a dare seguito a questa sua preoccupazione con qualche azione concreta?
Forse nel futuro ci saranno norme più specifiche che offriranno una maggiore possibilità per la presenza femminile nei contesti decisionali e di potere della Chiesa, perché come ho già detto la religiosa oggi non è presa in considerazione in quanto tale. Ciò fa pensare che siamo delle esecutrici e non abbiamo alcun ruolo nella parte decisionale.
In che modo, a tuo avviso, si potrà scardinare dall’interno la convinzione che le religiose sono motore indispensabile e invisibile nella Chiesa?
La loro presenza di consacrate fa sì che le persone le avvicinino con più facilità e per la loro delicata femminilità e anche per una maternità spirituale che le rende disponibili e aperte a tutti. È un inizio.
Credi che una religiosa abbia la possibilità di crescere e riuscire ad occupare ruoli di prestigio nelle gerarchie ecclesiastiche?
Se ha la dovuta formazione potrà avere ruoli adeguati nel mondo ecclesiale.
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