Un giorno al tempo chiesero del tempo…
Un giorno al tempo chiesero del tempo. Era come suo solito sdraiato sotto il grande albero in cima alla collina, quando una bimba gli si accostò. Senza troppo indulgere, era chiaro che la piccola era in collera, gli urlò in faccia che voleva un po’ di tempo. E non tempo e basta, lei chiedeva, anzi pretendeva, tempo lento per stare con la sua mamma.
Il gigante semplicemente la ignorò, figuriamoci se un moscerino poteva smuoverlo nel suo sacro riposo. Anzi più forte succhiò il dolce filo d’erba che aveva in bocca e ancor meglio si sistemò il cappello che aveva di sbieco in testa. Speriamo non torni, pensò.
La bimba tornò eccome, ogni giorno, ogni volta che poteva. Appena il suo papà era preso dai tanti doveri, appena la sua mamma si metteva a letto, lei saltava dalla finestra della cucina e raggiungeva dai prati la collinetta. In realtà non era neanche una gran fatica perché entrambi non erano interessati tanto a ciò che faceva. La guardavano senza in realtà vederla.
Ogni tanto però la mamma tornava a sorriderle e le pettinava i lunghi capelli. Ecco, proprio quello era il tempo che lei voleva, tempo a forma di treccia, al sapore di chewingum alla fragola, tempo da far sciogliere un gelato, tempo bello.
Capitò che un giorno diluviò e lei ritenne che sfidando il tempaccio sarebbe stata ascoltata. Forse il tempo voleva coraggio.
Il gigante era al suo posto come sempre, neanche bagnato tanto la folta chioma gli faceva da ombrello ed ancora una volta la ignorò. Grosse lacrime solcarono il volto già bagnato della bimba. Rientrò e trovò la mamma che dormiva ancora ed era quasi sera, poi vide il papà uscire.
Primo prato, secondo prato, ecco anche lui al cospetto del tempo che urlava di essere stanco, chiedeva di accorciare le ore. Voleva che tutto finisse presto. Implorava tempo veloce.
Il gigante continuò a starsene tranquillo senza muovere foglia, non ascoltava nessuno, non accordava preferenze. Forse che alto com’era non gli arrivavano le voci, forse era davvero anzianissimo e quindi perso nei suoi pensieri, forse era sordo. Mah, decisamente meglio così.
Il suo papà in quell’istante le parve più alto e lo raggiunse. Che ci facevano in fondo al buio lontano dalla mamma con quel tempaccio? Avevano una casa, avevano una persona che poteva aver bisogno di loro in quel tempo.
Nel viale verso casa si accese una luce ad una finestra, un lampione sonnecchiò mentre li vide passare, si spense e si riaccese e più forte fu la presa della mano. Anche il cuore ebbe una stretta.
La bimba si era rivolta al gigante quando le bastava molto meno. Lei era piccola, aveva bisogno di cose piccole quindi. Di cose a misura della sua mano.
I giganti che dormono sono proprio noiosi. E da quel giorno non pensò più a lui.