Dopo la crisi economica e istituzionale, le nuove elezioni presidenziali sono previste per il 20 maggio
Da paese più ricco dell’America Latina, a nazione spettrale in cui mancano cibo e medicine. E da dove si fugge. Si presenta così negli ultimi due anni il Venezuela, dopo che l’applicazione più rigida del Socialismo di Hugo Chavez, prima, e Nicolas Maduro, oggi, ha ridotto alla fame la popolazione.
Dopo la crisi economica e istituzionale, le nuove elezioni presidenziali sono previste per il 20 maggio mentre il delfino di Chavez, Nicolas Maduro, continua a incolpare della crisi venezuelana soggetti esterni: Stati Uniti in primis. Intanto dal paese fuggono inesorabilmente capitali e persone. Si stima che il 5 per cento dei venezuelani lasci il paese ogni anno. Un milione nel 2017. Da mesi si registrano partenze e fughe di persone di ogni condizione sociale ed età, 5.000 persone in media al giorno cercano di arrivare in Brasile o Colombia, carovane umane che ricordano molto il corridoio Balcanico chiuso due anni fa in Europa. Richieste di asilo arrivano anche in Argentina e Stati Uniti, ma il flusso è talmente elevato che anche in America Latina iniziano a pensare di respingere i venezuelani in fuga da fame e malattie.
Paradossi nel luogo che, per decenni, ha attirato immigrati europei in cerca di fortuna nello stato sudamericano. Oggi, a distanza di decenni, migliaia di venezuelani hanno chiesto la cittadinanza italiana sulla base dello Ius Sanguinis; la presenza nella propria famiglia di un parente emigrato dall’Italia in Venezuela subito dopo l’Unità d’Italia assicurerebbe loro questa possibilità. Ma la strada è lunga e complessa.
La situazione del paese sudamericano è drammatica. Da quando il prezzo del petrolio, unica risorsa del paese, è calato, l’economia della Repubblica Bolivariana di Venezuela è crollata. La moneta venezuelana, il Bolivàr, è ormai carta straccia. L’inflazione supera da mesi il 1000 % e nel 2018 potrebbe raggiungere il 1300%, impensabile fino a pochi anni fa nel paese con più risorse petrolifere al mondo.
Tuttavia, l’aspetto più preoccupante riguarda la salute dei venezuelani. Metà del personale medico ha lasciato il paese, mancano antibiotici e soprattutto tra la popolazione è ricomparsa la tubercolosi. La mortalità, soprattutto infantile, è aumentata del 30% e, a causa della mancanza di cibo, si stima che i venezuelani siano dimagriti di oltre 8 chili a testa per quella che, nel paese, è chiamata “Dieta Maduro”.
Lui, il delfino di Hugo Chavez, continua a detenere il potere e a chiudere il Venezuela agli aiuti umanitari di paesi esteri. Considerato ormai, nel paese e fuori, un dittatore, fallita la sua rivoluzione socialista, ha come unica scusante quella di aver ereditato i disastri economici di Chavez. Ma non pensa di lasciare il potere.
Dopo il fallimento dell’Assemblea Costituente e le proteste di piazza terminate nel sangue, Maduro ha convocato le elezioni presidenziali per il 22 aprile. L’impossibilità per alcuni partiti di opposizione di partecipare alle elezioni, motivata da una sentenza della Corte Suprema, insieme a molte pressioni internazionali, hanno però costretto il dittatore al rinvio delle consultazioni.
La speranza, debole, per la Repubblica Bolivariana di Venezuela, è che il principale avversario di Maduro, Henri Falcon, riesca a sconfiggere l’ex Delfino di Hugo Chavez.
L’ex autista e sindacalista, dal canto suo, insensibile alla fame e all’urlo di sofferenza dei venezuelani, continua a negare la crisi umanitaria e alimentare che tormenta il suo popolo, contando, secondo alcuni osservatori, sul sostegno e protezione da parte di due giganti economici e geopolitici interessati al greggio venezuelano: Cina e Russia…