Non abbiamo smarrito solo la speranza nell’aldilà: è l’aldiquà che fa acqua da tutte le parti.

Perché “alla ricerca”? Perché basta aver vissuto non soltanto in Asia, in Africa e in America Latina, ma anche nei ghetti del nostro non più agiato Occidente per rendersene conto: in passato colui che non vedeva alcuno sbocco alla sua situazione personale è stato sostenuto dalla speranza in un futuro, se non per lui, almeno per i suoi figli o i suoi nipoti; oggi questa attesa si è rivelata vana e alienante. Anzi la vita, vissuta da molti come un fallimento, non attende più neppure un futuro migliore che possa salvare l’individuo alle prese con la sua unicità senza dignità. Alle volte la disperazione tronca inesorabilmente ogni attesa…

Si sono smarrite le tre facoltà dell’anima: il coraggio, l’amore delle cose e l’amore della conoscenza. Queste facoltà corrispondono a tre virtù: la fortezza, la serenità e la saggezza. Sono le tre forze smarrite di una comunità che ha perduto i suoi Dei: i valori … per cui non è particolarmente benevola nei confronti delle vittime. Come potrebbe realizzarsi la persona umana nella storia di questa comunità?

Alla madre di un bambino ucciso dalla fame, ai mutilati di guerre folli (a milioni nel ventesimo secolo), ai rifugiati (decine di milioni), agli oppressi e sfruttati (centinaia di milioni), a tutta questa umanità che cerca, per tenacia o per inerzia, semplicemente di sopravvivere alcuni anni o alcuni mesi in più, è sufficiente farli credere in un mondo migliore che i loro figli non vedranno? O in un altro mondo dove potrebbero perpetrarsi le stesse ingiustizie?

Credo che occorra ricostruire una convivialità umana a sostegno e a vantaggio dei tanti “smarriti” che, nel loro dolore e nella loro disperazione, possano riscoprire istanti fugaci di un piacere, di un amore o di una sete placata anche da un semplice bicchiere d’acqua offerto da una mano compassionevole.

Si cerca un’anima “immanente”, perché la trascendenza, Dio, la si sperimenta nell’immanenza. Per essere pienamente donne e uomini non dobbiamo fuggire nell’aldilà. È protestando, ribellandosi, trasformando, fallendo e anche pagando di persona per migliorare la nostra situazione e quella dei nostri simili, gli oppressi della terra, che arriveremo a questa meta. Ciò che tu sei, ciò che tu sai, se condiviso come patrimonio della collettività, costituisce il fondamento per nuovi percorsi verso futuri credibili perché concreti. Occorre inoltre diffidare da coloro che con la sinistra elargiscono elemosine e con la destra firmano licenziamenti o che in piazza diffamano soggetti assenti e nelle absidi liturgiche familiarizzano con una non più credibile divinità.

La compassione, cum pati, soffrire insieme, è la virtù che Etty Hillesum (1914-1943), testimone ad Auschwitz della follia dell’olocausto, indicava, attraverso l’espressione emblematica “il cuore pensante della baracca”, come lo scopo principale e più alto della vita.

Compassione” è accettare di vivere su di sé quel dolore che alcuni vogliono rimuovere, altri non riescono a sopportare, altri ancora non vogliono neppure vedere, ma che nulla ha a che fare con il masochismo, perché racchiude in sé uno scopo vitale. È necessario che alcuni riescano a vivere interiormente la compassione, a essere “cuore pensante”, perché solo partendo da una consapevolezza del dolore si può sperare che le forze distruttive non prendano il sopravvento nel mondo e sulle persone.

Strettamente connesso con questo c’è la riscoperta nel concetto d’autorità. Se un tempo ricevevano autorità soprattutto coloro che si elevavano sopra gli altri, e se questi si potevano considerare “autorità-eroi” soltanto in virtù di tanti stimati “minorenni non-eroi”, ora cerchiamo uomini che sappiano dare un indirizzo, autorità che sappiano vivere una relazione di dialogo, che siano disposti a porre interrogativi stimolanti, ad ascoltare e a tener conto nelle loro risposte di quanto hanno ascoltato, allo scopo di giungere ad una responsabilità collettiva. Infatti, dietro la collaborazione collettiva c’è la crescita di ogni comunità.


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Elia Ercolino, nato a Peschici (FG) 15/02/1954. Formazione classica con specializzazione in teologia biblica. Ha tenuto corsi di esegesi e teologia   vetero e neotestamentaria. Giornalista pubblicista dal 1994 e professionista dal 2004. Impegnato nell’emittenza televisiva locale dal 1992. Direttore di Tele Dehon dal 1994 con auto dimissioni nel 2012. Direttore responsabile e fondatore della testata giornalistica “Tele Dehon Notizie” dal 1995 al 2012. Impegnato da sempre nel mondo del volontariato sociale.