Nella pubblica amministrazione tutto si riforma per non cambiare niente.

Quando si parla di riforme della pubblica amministrazione, ci si aspettano cambiamenti radicali del funzionamento della macchina burocratica, per quanto riguarda i servizi, la partecipazione dei cittadini, la trasparenza, la lotta alla corruzione, il ricambio dell’organico con l’assunzione di personale giovane, preparato e motivato, la politica e la sua invadenza nella gestione.
Così come accaduto per la Scuola, tutti i governi ed i ministri che si sono occupati della Funzione Pubblica, si sono sentiti investiti da una sorta di missione storica che li ha spinti a cambiare le regole per lasciare ai posteri la loro immagine di progresso. Una immagine che rimane spesso sfocata, e che il più delle volte va a complicare la vita a chi governa e, naturalmente, ai governati . Da ultimo, Brunetta che ha pensato bene di risolvere tutti i problemi tassando le malattie dei dipendenti e sbandierando a destra e a manca il titolo di fannulloni in una categoria già di per sé depressa e scarsamente motivata.
Nel nostro caso, la Madìa ha presentato, con squilli di tromba, il disegno di legge di Riforma della Pubblica Amministrazione, da cui tutti si aspettano, se non la cura dei mali cronici che sopra abbiamo elencato, almeno un passo avanti sulle materie più importanti.
Mi pare che non ci sia chi non veda, entrando in un Ente Pubblico, Regione, Comune o la agonizzante Provincia, che l’anomalia è una presenza latente e sempre costantemente condizionante, di uomini politici, i quali con diverse gradazioni in funzione della importanza nel governo dell’Ente, riversano i loro appetiti elettorali, più o meno legittimi, sull’azione amministrativa. Tutto ciò in barba alla Bassanini, unico tentativo di coraggiosa riforma. Ora la riforma Madìa, su questo aspetto fondamentale per il quale avrebbe dovuto mettere un altro serio argine, non dice assolutamente nulla. Né tantomeno, sul fronte opposto, troviamo provvedimenti che snelliscano le procedure che riguardano la partecipazione dei cittadini. Quest’ultimi, quando si rivolgono all’Amministrazione per i loro diritti, sono alla mercé di uffici delle relazioni con il pubblico, ormai diventati dei logori musei che si limitano a distribuire volantini e, quando ne hanno voglia, notizie vaghe sugli uffici. Nella peggiore delle ipotesi, i malcapitati richiedenti devono aggrapparsi al politico di turno che trasforma abilmente il diritto del cittadino in affare clientelare.
La pretesa riforma nulla di sostanziale propone sulla disciplina, sulla corruzione e sull’assenteismo negli uffici pubblici. È di queste ore un comunicato della Funzione Pubblica che, con sospetto tempismo, annuncia il licenziamento di 220 dipendenti nella P.A., effettuato nel 2013. Ma i casi esaminati sono stati 6.900: una enormità che la dice lunga sul clima di lassismo che si respira negli uffici, e sulla garanzia che molti hanno dalla politica, e dalle lungaggini degli esiti della giustizia cui spesso è rimandata la parola finale. Compare nel ddl solo un breve art.6 nel quale si preannunciano norme in materia di pubblicità e trasparenza degli incarichi presso le pubbliche amministrazioni; ma non esistevano già dette norme e principi, tra l’altro regolarmente aggirati anche infischiandosi dei numerosi interventi della Corte dei Conti ?
Ma altri aspetti paradossali vengono fuori dall’art.13 del ddl Madìa, dove si prevedono norme per l’assunzione del personale. Dopo la mazzata della stabilità (Del Rio) che per i prossimi anni ha bruciato a 20.000 giovani ogni possibilità di lavoro per far posto ad altrettanti “deportati” delle province, a parole si è dichiarato di voler dare forza alla professionalità e alla preparazione dei candidati attraverso meritocrazia e concorsi; poi leggiamo di situazioni privilegiate solo per chi ha svolto lavoro flessibile; ma cos’è questa flessibilità che conta tanto? In teoria si vorrebbe chiudere con il precariato, ma se ne continua ad incoraggiare la presenza, tanto che molti Presidenti di Provincia si stanno affrettando a sistemare le ultime clientele, prima del presunto taglio di Del Rio, con incarichi di comodo. Ma i presidenti delle moribonde Province stiano tranquilli perché, nel loro carniere, la Madìa ha messo l’organizzazione di concorsi unici per tutte le amministrazioni comunali del territorio. E poi un taglio netto alle validità dei concorsi e delle idoneità: un bel regalo per tutti quei giovani che partecipano alle selezioni pubbliche affrontando dure prove e sacrifici (spesso per un numero risicato di posti e con molte prove selettive), sapendo che l’idoneità è una speranza di lavoro per il futuro. Per le amministrazioni vale come garanzia per la preparazione, oltre a rappresentare un risparmio di tempi e risorse per le procedure concorsuali. Ma pare che la realtà italiana e le esperienze del passato siano fuori da questa Riforma.
Sulla semplificazione amministrativa si preannuncia un’ambiziosa riduzione “dell’accesso fisico del cittadino alle sedi degli uffici attraverso la totale accessibilità on line alle informazioni e ai documenti”. Ma tutto questo già esiste ed è vigente in tante realtà. Quello che manca è una semplificazione, non virtuale, ma effettiva attraverso la eliminazioni di tante norme e tempi che ostacolano l’accesso e che permettono alle amministrazioni di rinviare le risposte o di dare informazioni distorte nascondendosi dietro pretestuose motivazioni. La chiave di molti problemi è la reale e concreta trasparenza del Bilancio, che parte formalmente e apparentemente corretto, ma spesso viene manovrato e modificato a seconda delle necessità politiche e di interessi particolari. Rendere facilmente e costantemente accessibile il bilancio della pubblica amministrazione al cittadino è il primo vero obiettivo. Conti ed utilizzi del denaro pubblico che siano veramente chiari e comprensibili anche per il più povero sprovveduto. Ma questa è un’altra storia e nella Riforma non se ne parla.
Se semplificare significa operare tagli a tutta la pesante zavorra delle leggi, dell’organizzazione e della politica, che ostacolano il corretto funzionamento della pubblica amministrazione, ebbene di tanto non vediamo alcun segno all’orizzonte nella proposta di Riforma all’esame delle Camere, che sostanzialmente non promette altro che un ulteriore labirinto di norme . Arrivederci al prossimo Ministro riformatore.


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Aldo Tota Un’esperienza giovanile nel giornalismo sportivo (Corriere dello Sport), laurea, master in comunicazione e giornalismo e, quindi, un lungo periodo di lavoro nella pubblica amministrazione. Nel corso del quale ha diretto vari servizi e, tra l’altro, quello relativo alla comunicazione e alle relazioni. Una collaborazione con la Casa Editrice EtEt, della quale è stato anche socio fondatore. Infine, iniziative culturali e volontariato con l’Associazione Andria Futura.