Cosa è cambiato dopo gli attacchi al giornale satirico avvenuti dieci anni fa? Poco, si direbbe, all’indomani della nuova strage dei mercatini in Germania e dell’attentato di New Orleans

Dieci anni fa usciva in Francia il romanzo di Michael Houellebecq, Sottomissione, che immaginava le sorti politiche dell’Hexagonenell’anno 2022 con la vittoria delle elezioni di un partito musulmano. Le profezie dello scrittore non si sono avverate, ma questo libro salì alla ribalta per le vignette che furono pubblicate dal noto giornale satirico Charlie Hebdo. Houellebecq veniva rappresentato con una sigaretta tra le dita, sdentato, acconciato da mago. “Le predizioni del mago Houellebecq” fu il titolo della prima pagina che si completava con due battute sarcastiche messe in bocca allo scrittore: la prima diceva che nel 2015 avrebbe perso tutti i denti e la seconda che nel 2022 gli sarebbe toccato celebrare il Ramadan.

Charlie Hebdo, dissacrante come sempre è stato, usciva dunque lo stesso giorno del romanzo, il 7 gennaio 2015.

Non certo una combinazione.

Parigi era svogliata, stordita e satolla come lo sanno essere le città all’indomani delle feste natalizie. Anche dal punto di vista della spicciola cronaca non c’erano fatti interessanti da segnalare. Questo non lo ricordavo sinceramente come ovvio che sia, ma è qualcosa che ho appreso dal libro della corrispondente de “La Repubblica” Anaïs Ginori, L’edicolante di Charlie, che ho iniziato a leggere da qualche giorno. A scuotere questa abulia post-natalizia ci fu poco prima di mezzogiorno la notizia di una sparatoria avvenuta presso la sede del giornale satirico. Degli uomini incappucciati entrarono nella redazione e al grido di Allahu Akbar uccisero dodici giornalisti di Charlie, tra i quali il direttore e disegnatore Stephane Charbonnier, lasciando ferite gravemente quattro persone. L’attentato fu organizzato e messo in atto da due franco-algerini, i fratelli Kouachi che furono poi intercettati e uccisi il 9 gennaio, dopo due giorni di inseguimento. L’attacco a Charlie Hebdo fu di matrice jihadista e venne rivendicato da Al-Qaeda. Gli stessi attentatori l’avevano gridato mentre compivano questo scellerato gesto: “Abbiamo vendicato il profeta”, “abbiamo ucciso Charlie Hebdo, siamo di Al Qaida”. I fratelli avevano studiato tutti i movimenti della redazione del giornale satirico che aveva trasferito la sede dal III Arrondissement, troppo esposta, nella zona della Bastiglia. Da poco il sindacato di polizia aveva chiesto di togliere il presidio di una volante, ritenuto superfluo. I fratelli Kouachi sapevano anche della concomitanza dell’uscita del numero di Charlie Hebdo su Houellebecq con quella del romanzo dello stesso autore.

Il giorno perfetto per fare piombare tutti nel terrore.

L’attentato ebbe come effetto immediato quello di creare un fronte comune contro il terrorismo che sui social si diffuse al ritmo degli hashtag e delle manifestazioni spontanee in tutto il Paese e non solo. L’allora presidente François Hollande di fronte alla sede del giornale affermò che la Francia era un Paese di libertà e per questo attaccato, e nel messaggio alla Nazione si rivolse con queste parole: “La nostra risposta è unirsi”, restare uniti. Niente potrà farci cedere nella nostra determinazione. Niente può dividerci e la Francia può superare questa prova, la Francia ha sempre vinto i suoi nemici”[1].

Il giorno 11 gennaio una grande manifestazione contro il terrorismo fu organizzata a Parigi, alla quale parteciparono più di tre milioni di persone e alla quale furono presenti anche le rappresentanze estere tra i quali il Ministro degli Esteri russo Lavrov, il premier britannico Cameron e il primo ministro Matteo Renzi.

Ciononostante la Francia ripiombò nel terrore una decina di mesi più tardi con gli attentati del 13 novembre 2015 nei pressi dello Stade Saint-Denis e al Bataclan e ancora il 14 luglio 2016 a Nizza nel giorno della festa nazionale, allorquando Mohamed Lahouaiej-Bouhlel alla guida di un camion aveva sparso sangue e terrore sulla Promenade des Anglais. Fuori dai confini francesi si ricordano i tragici eventi di Bruxelles (2016), l’attacco ai mercatini di Natale di Berlino (2016) e l’attentato al concerto di Ariana Grande a Manchester (2017).

Ma da allora cosa è cambiato?

Poco, verrebbe da dire e la realtà dei fatti ci dice che questo nemico si fa sempre più subdolo e impercettibile. Viaggia sulle lunghezze d’onda del disagio sociale e psicologico, dell’insuccesso e dell’incomprensione. Non è un caso che questi attacchi siano avvenuti in Francia e in Belgio, laddove la presenza islamica è molto radicata nel substrato sociale. È forse giusto ritenere che la crisi delle Banlieue fosse il primo segnale dell’insoddisfazione degli immigrati, tra i quali molti musulmani, che tra le tante cose lamentavano, e lamentano, il vilipendio delle proprie figure religiose di riferimento. E allora una vignetta satirica può trasformare il suo inchiostro in sangue. Ma la satira, lo sappiamo, è irriverente, indisponente, libera. E la Francia ha fatto della libertà e della laicità un valore imprescindibile della Repubblica, a partire dalla Loi de Séparation del 1905. Al Qaeda, che rivendicò quell’attentato, sembra attualmente un attore un po’ più defilato, a differenza dell’Isis. Mentre gli attentati organizzati dal gruppo terroristico di Osama bin-Laden erano per così spettacolari, l’Isis ha fatto leva sull’individualità, sui cosiddetti lupi solitari, in grado di agire apparentemente senza grande organizzazione e spesso non ritenuti una minaccia dalle forze di intelligence e di polizia.

L’imprevedibilità è il loro punto di forza.

La crisi mediorientale parrebbe amplificare questa guerra di civiltà che non cessa di mietere vittime. Già in un altro articolo dell’ottobre 2023, avevamo detto che la crisi israelo-palestinese avrebbe potuto provocare una recrudescenza del terrorismo e degli atti di antisemitismo.

La tensione sale e il problema resta ad oggi irrisolto. Anche questo Natale è stato segnato dal sangue: soltanto qualche settimana fa abbiamo appreso degli attacchi ai mercatini di Natale di Magdeburgo e a Capodanno New Orleans è stata colpita dall’attacco di Shamsud-Din Bahar Jabbar, un cittadino americano che aveva prestato servizio nell’esercito USA. Un insoddisfatto, un musulmano, uno di quelli che avevano già annunciato che avrebbe ucciso, ma che non è stato preso sul serio.

Un po’ come era già capitato in passato.

[1] FONTE https://www.google.com/amp/s/www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/07/charlie-hebdo-attentato-parigi-hollande-terrorismo-pen-pericolo/1320054/amp/


LASCIA UNA RISPOSTA

Please enter your comment!
Please enter your name here