Il pianto di Gesù, basti pensare a Lazzaro, è una sorta di sdegno di fronte alla morte

Perché piangi?

Ognuno porta dentro di sé delle domande sul senso della vita e, anche se non credenti, si prova grande passione per i misteri di Cristo.
Quanta gente onesta è nella ricerca autentica.

È bene però fare una distinzione fondamentale tra ricercatori inquieti ed irrequieti.

L’inquieto che è alla ricerca della verità vive un’esigenza di rigore di pensiero. È per questo che costoro avvertono un certo distacco dal mondo religioso. Molti veri cercatori sono lontani dal religioso, perché nelle chiese, spesso, non risuonano più né alte domande, né alte risposte. Tale accusa è molto dura ma, non di rado, è fatta. Il tempo pasquale, quello che stiamo vivendo, sa porre domande molto alte a tutti. Basti pensare ai racconti della resurrezione: lì ci sono domande molto alte e proposte poste da Gesù stesso.

Un esempio: “Donna perché piangi?” È posta, prima dagli angeli, a Maddalena e poi da Gesù con l’aggiunta: “Chi cerchi?” Domanda alta per tutti:  perché piangete? Tante volte si fa esperienza del pianto. Perché gli uomini piangono? Si piange per obbedienza a una parola ricevuta, a un comando. Nel libro di Gioele gli stessi sacerdoti piangono, tra il vestibolo e l’altare, per fare penitenza con il popolo. Prima della Maddalena è Cristo, amatissimo da moltissimi laici, che nella sua vita ha pianto.Cristo ha pianto per solidarietà, per contagio, per amicizia di fronte alla tomba di Lazzaro. Gesù piange perché sa amare. Solo il cuore indurito non sa fare sgorgare lacrime dagli occhi.

Il pianto di Gesù, basti pensare a Lazzaro, è una sorta di sdegno di fronte alla morte. È come se un’opera di un artista fosse distrutta dal lancio di un sasso. La morte drammatica, opera del maligno, è il sasso per il quale Gesù si arrabbia piangendo. Il suo pianto è di rabbia di fronte alla stoltezza del male. Gesù piange su Gerusalemme che non riconosce la benevolenza da cui è stata visitata. Egli piange dinanzi ai cuori che non sanno riconoscere la visita d’amore. Questo mi fa pensare al pianto di tanti sacerdoti, educatori, genitori nel mondo, di fronte alla desertificazione dei cuori e delle comunità civili o religiose.

Ma esiste anche il pianto di Gesù nell’ora della sua passione. Le lacrime che gli  escono dagli occhi nel Getsemani sono la conseguenza del silenzio di Dio, della solitudine tanto che  la sua anima è triste fino alla morte. Gesù ha vissuto il dramma del dolore di ogni uomo.

Ma lui è stato un uomo di gioia, di profonda gioia. Si può piangere per obbedienza a un comando ricevuto, per imitazione al comando di Cristo o per una esperienza molto umana come la Maddalena. Ella ha vissuto  un’esperienza di una sottrazione, non trovando il corpo del suo amato.

Tutti possono sperimentare la sottrazione, basti pensare alla notte oscura, al buio del cuore o ad esperienze di desolazione. Ma perché gli angeli non hanno subito consolato la Maddalena? A lei non bastava sapere, aveva il bisogno di incontrare il suo Signore.

È la desolazione e la aridità spirituale che fa piangere gli uomini. Gli  uomini spesso vivono forme di limitazione per le quali non si sentono liberi. Molte esperienze di rinuncia sono vissute più come amputazione che come potatura.

“Chi cerchi?” dice Gesù alla Maddalena. La risposta delle lacrime non è nelle cose, ma in una relazione vera. È l’altro che mi deve importare, sapendo che è l’indifferenza uccide la fraternità.

Quanta gente si avvelena la vita con confronti sterili e virus che uccidono le relazioni. In ogni uomo c’è la capacità di riconoscere nell’altro il vero dono. Tutti hanno una forma di sequela spirituale che comporta un morire a sé stessi per scegliere il meglio.

La vita felice non è qualcosa solo della memoria, è di tutti i giorni per chi sa cercare, soprattutto nelle lacrime. Sì può essere liberi anche avendo come tetto le stelle, ma sapendo chi cercare. Basta piangere!