
«Ho imparato che ognuno vuole vivere sulla cima della montagna, senza sapere che la vera felicità sta nel modo di salire la scarpata»
(Johnny Welch)
Caro lettore, adorata lettrice,
hai presente quell’asta liscia, circolare e dritta che, per la maggior parte degli “umani”, equivaleva a uno strumento di tortura?
Chiaro, sto parlando della pertica, una volta presente in tutte le palestre scolastiche e arma deterrente per tutti i prof di “ginnastica” (chiedo scusa alla categoria, ma come dar torto a Checco Zalone?). Problemi di disciplina, nessuna voglia di collaborare? Pronta la risposta: “Ragazzi, oggi tutti alla pertica!”.
A quelle parole, da bambino, già mi si piegavano le gambe. Ero alquanto grassottello, avevo spalle strette e fianchi larghi, e già lo sapevo: per quanto mi fossi sforzato, sputando l’anima e sudando le classiche sette camicie (che poi: chi è che ce le aveva queste fatidiche “sette” camicie?), a metà arrampicata mi sarebbero venute meno le forze e sarei drammaticamente scivolato giù! Col culo per terra (perdonate la licenza impoetica).
Ovvio: il “drammaticamente” valeva per me. Per i miei compagni di classe la scena era fonte di somma ilarità, con tanto di risate a crepapelle: sappiamo essere così crudeli, a volte, da bambini. Alle volte penso: ecco da chi avranno imparato i grandi… Tra tutte le cose belle che potrebbero insegnar loro i bambini, giusto questa dovevano apprendere!
Bene, oggi abito in un appartamento al quarto piano. Per arrivarci, devo salire per otto rampe. Sì, spesso preferisco gli scalini all’ascensore. Otto rampe, otto pianerottoli, uno ogni rampa. Ogni due rampe, un piano, con gente che ci abita. In effetti, anch’io abito su un pianerottolo.
A questo punto, già la sento la tua domanda: e che c’entra? Dov’è che vuoi arrivare col tuo discorso?
Ecco, nella mia filosofia da Alicenelpaesedellemeraviglie, c’entra, eccome se c’entra. Dove voglio arrivare? Al mio pianerottolo! Chiaro, no?
Se ti arrampichi lungo una pertica, puoi essere anche il più tonico degli atleti e arrivare in cima senza difficoltà: che tu lo voglia o no, prima o poi dovrai farti scivolare giù. Non si può vivere arrampicati in cima ad una pertica. Prima o poi, le forze ti vengono a mancare. E si ricade. Magari non di culo, come capitava a me, ma quanto meno coi piedi per terra, quello sì. E a quel punto ti tocca ricominciare tutto da capo, se ne hai ancora le forze.
Se, invece, procedi per gradini, se la tua salita segue una rampa per volta, se tra una rampa e l’altra ti serve rifiatare, c’è sempre un pianerottolo pronto a farti da casa. Ti permette magari di fare due chiacchiere con chi entra o esce o anche solo di scambiare un saluto e ripartire.
E non è tutto! Perché, se malauguratamente ti dovesse capitare di inciampare in uno scalino e di cadere giù, comunque non rovineresti mai fino al piano zero. Perché anche se cadi all’indietro, trovi un pianerottolo che ti accoglie. Ti dà il tempo di rimetterti in piedi, dire “non è niente” e ricominciare il tuo viaggio.
Caro lettore, adorata lettrice, è tutta qui la filosofia spicciola di questo caffè domenicale: altro è salire lungo una rampa di scale, altro è fare il Tarzan re della foresta.
Ora a te la scelta. Berrai il tuo caffè mentre ti arrampichi su una pertica o scambiando due chiacchiere con la tua vicina di pianerottolo?
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