Nel volume di Antonio Allegra, Visioni transumane. Tecnica, salvezza, ideologia (Napoli-Salerno, Orthotes Editrice 2017, collana Ethica)
Una delle costanti che ha reso l’uomo tale sin dalle sue origini, una volta preso atto dei strutturali limiti che lo contraddistinguono, è stata quella di pensare delle alternative alle condizioni reali in cui si trova immerso, come ha ben lucidamente evidenziato quell’acuto e ancora insuperabile osservatore delle vicende umane che è stato Robert Musil in L’uomo senza qualità; ad esempio, grazie all’esperienza della morte vissuta e metabolizzata in diversi modi si è costruita l’idea di immortalità che ha giocato e continua a giocare un ruolo creativo e propulsivo nell’indicare una mèta o un senso di ulteriori possibilità. Averla fatta propria come vera conquista epistemica lo ha nel tempo forgiato nel fornirgli forme concrete di trasformazione del suo essere e soprattutto nel sentirsi come soggetto attivo più in grado di mettere ordine tra gli eventi e di guardare avanti; questo lungo processo che va dal bios al logos (vedi ns. Dal bios al logos, Odysseo 9 gennaio 2020), come ci chiariscono sempre più recenti ricerche nel campo della bio-paleontologia, è iniziato col cominciare a dare una pluralità di significati simbolici agli stessi atti ripetitivi della vita quotidiana sino a costruire riti e miti che li hanno arricchiti di ulteriori livelli esistenziali.
Ma tutto questo non è bastato ed infatti si è fatta strada il bisogno di quantificare, di concettualizzare e di dare forme linguistiche agli episodi ritenuti sempre più imprescindibili insieme con la successiva e necessaria loro immersione in visioni più generali a partire dal mondo greco con lo sviluppo della matematica come scienza e della filosofia, orientate proprio per loro natura ad andare al di là dei singoli fatti per coglierne gli aspetti stabili; però, queste ulteriorità sono solo il frutto del tentativo di definire l’uomo come in quelle successive la cristiana, la rinascimentale e quella borghese e capitalistica, mentre oggi a differenza delle epoche precedenti si assiste, come ci dice Antonio Allegra nel volume Visioni transumane. Tecnica, salvezza, ideologia (Napoli-Salerno, Orthotes Editrice 2017, collana Ethica) a diverse rappresentazioni della ’ulteriorità davvero effettuale rispetto all’uomo’ con proposte tese ad “una transizione radicale che segni una sorta di estinzione dell’umanità, almeno come la conosciamo, in favore di uno stato radicalmente differente”. Non è dunque un caso che un tema del genere sta diventando in questi ultimi tempi oggetto di articolate riflessioni in campo filosofico ed in particolar modo nell’ambito della cosiddetta etica applicata dove molta attenzione viene riservata all’impatto della tecnologia sulle visioni e la struttura dell’uomo.
Vengono per prima a tal fine ripercorse criticamente le diverse posizioni confluite nella vasta e contraddittoria letteratura del cosiddetto ‘postumanesimo’, definito da Allegra per la ‘presenza congiunta di Nietzsche e Darwin’ un “distillato di influenze culturali pervasive e di surrogato di ideologie tramontate” che ne spiegano il successo sino ad assumere quella che viene chiamata vera e propria ‘attitudine religiosa’ grazie anche al fatto di portare con sé un corredo di idee ‘grossolane’; ma tutto questo rientra nel cruciale tema della ‘crisi dell’antropologia contemporanea’ dove si è fatta strada ‘la prospettiva della fine dell’uomo’ ritenuto così “immerso nel flusso evolutivo in quanto aperto alla trasformazione e all’ibridazione”, idee tipiche del postumanismo e poi del transumanesimo dove è implicita l’idea del suo “superamento e trascendimento del limite, un congedarsi dall’uomo più verso un ‘alto’ che un ‘dopo’”. È chiaro che in tale contesto la tecnologia viene ad assumere un ruolo insostituibile nel permettere di realizzare “alcuni dei sogni inveterati dell’umanità” come il prolungamento dell’esistenza e la stessa immortalità; e data la ormai ricca mole di studi in tale settore il percorso di Allegra si caratterizza per fare un po’ di chiarezza sia sul versante terminologico che sul versante del metodo in quanto il ‘campo transumanistico’ oscilla tra ‘scienza e speculazione’, tra ‘asetticità’ e ‘capacità mitopoietica’.
Più di altri pur importanti lavori su questi ormai cruciali temi, si insiste sul fatto che “il postumano è nel suo complesso tutto costruito sulla capacità di riattivare, all’interno stesso di credenziali scientifiche che si vorrebbero ineccepibili, un’esperienza dell’immaginario” col fare riferimento alle nanotecnologie che fanno da supporto a tipi di “narrazione approntata al favoloso e al mitologico”; non a caso il mondo del ‘nano’ ci permette di entrare e di viaggiare nei costituenti ultimi della materia, di produrne nuove proprietà, di riparare guasti del corpo a livello piccolissimo, di lavorare sui legami molecolari e atomici, idea tipica del meccanicismo di poter arrivare a farlo. Per Allegra è quasi come situarsi nei Racconti di Gulliver dove si assiste infatti a oscillamenti vari tra l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande con ‘effetti meravigliosi’, dove “i sogni e precisamente la forma mentis dell’alchimia sono ad un passo. Il riferimento scientifico, in questa luce, serve concretamente solo a legittimare preventivamente l’irrompere, molto più efficace, del meraviglioso”. Nel postumano si assiste in particolar modo all’insorgere della ‘religione tecnocratica’ che viene a sostituire quelle tradizionali, dove “la salvezza non ha più origine trascendente o politica, ma tecnologica” con “l’aspirazione a congedarsi dai limiti dell’uomo tradizionale”; si ha quindi a che fare con una vera e propria ideologia, l’ideologia postumana, la cui ‘narrazione’ porta ad abolire il nesso “tra effettivo e immaginario, reale e virtuale”, suo vero ‘fine nascosto’, come di ogni discorso ideologico che ha in tal modo facile presa sulle menti.
Pertanto, il non comune percorso di Allegra si contraddistingue nel tenere presente criticamente tali slittamenti dal piano scientifico col suo valore socio-epistemico al piano utopico e ‘parascientifico’ ritenuto “il carburante che fa della scienza una ideologia” dove si intrecciano “fantasia, narrazione, metafora, ideologia, religione”, processi tipici delle visioni transumane; questo lavoro di scavo ermeneutico dentro le viscere di tale movimento, che ha l’obiettivo della ‘fine dell’umanità’ e rivolto alla “zoé e non al bios individuale”, si rivela oltremodo proficuo soprattutto quando se ne mette a nudo il suo presentarsi ‘come religione’ dove si evidenzia “il rapporto della scienza con la salvezza dell’uomo”. Ma è ancora una volta quando subisce una “mistificazione ideologica che la scienza fornisce risposte” nel senso che si vogliono attribuire ad essa valori, aspettative e speranze, fornirle ‘domande di senso’ che vengono interpretate e veicolate come tali quando si presentano sul palcoscenico del pensiero le rivoluzioni copernicana e darwiniana col modificare in effetti gli assetti antropologici; si attribuiscono a tali eventi scientifici dei fini teleologici e vi si fa assoluto affidamento “come la religione fa affidamento su una certa visione totalizzante ed inclusiva della realtà”.
Ad esempio, la spinta verso il futuro, connaturata nell’uomo, viene “potenziata dall’evoluzionismo, aprendo una nuova visione dell’immortalità, naturalisticamente concepita” alle cui logiche si deve aderire quasi ciecamente col “contribuire tecnologicamente per trovarsi entro un quadro a suo modo più rassicurante, per quanto impersonale”; per tali motivazioni Allegra ne sottolinea a più riprese l’esito religioso col prendere in considerazione quella che è stata chiamata nel 2001 da Erik Davis tecnognosi, chiaramente criticata da più parti. Le relative ‘coordinate religiose’ vengono individuate nelle ‘tendenze immortaliste’ dove la morte è concepita come un fatto organico disfunzionale e come una malattia, come un evento patologico e quasi ‘innaturale’ ed ‘impropria’ dove la corporeità stessa è un ostacolo, una catena da superare che ‘fa da velo all’essenza pneumatica dell’uomo’ che se grazie alla tecnica viene ‘risvegliata’ è in grado di ‘svolgere una funzione di salvezza’. Così molto interessante si rivela l’ultima parte del volume dove si analizza l’acceso dibattito filosofico tra ciò che è sostenuto da Habermas in Il futuro della natura umana e le tesi sull’antropotecnica di Peter Sloterdijk, le cui riflessioni sono rivolte alla necessità di ‘cambiare vita’ in vista di possibili scenari etico-politici del futuro; Allegra coglie le caratteristiche di fondo del transumanesimo: l’abbandono dell’uomo in carne ed ossa dove macchine con intelligenze superiori promettono non solo l’immortalità, ma anche ‘la perfezione illimitata’.
Il volume di Antonio Allegra ci porta così all’interno dello sterminato dibattito, in corso anche in Italia in questi ultimi anni, sul Post-human nelle sue diverse e a volte contraddittorie variabili, ha il merito di metterci fronte alle varie poste in gioco; ci avverte quasi in ogni pagina che il tema del postumano o transumano non è da sottovalutare, ma è un ‘tema cruciale della scena contemporanea’ in quanto in esso si viene a giocare l’immagine dell’uomo oltre a rivelarci l’illusorietà dell’idea di ‘trasformazione radicale dell’organismo’. Ma soprattutto ci ricorda che “finitezza e contestualità restano le cifre decisive dell’umano” come il nascere ed il morire che vengono “messe in discussione tanto dalle ascensioni transumane quanto dalle ibridazioni postumane”; e l’avvertimento più salutare che si trovano in queste pagine è quello di prendere netta posizione contro “l’inconfondibile sottofondo religioso dell’ideologia transumanista” che non traspare e proprio per questo risulta essere ‘più efficace’ nel senso che rischia di “diventare la vera ideologia comune e potente dei prossimi decenni”. L’uomo del XXI secolo non può fare a meno della tecnologia, ma deve costruirsi giorno per giorno le armi per tenerla a bada e si gioca il suo destino di essere razionale anche se fragile proprio su questo crinale costruito con le sue stesse mani; e ancora una volta il mito di Prometeo viene in aiuto perché ci ricorda che Zeus dona agli uomini sì il potere della tecnica, ma dà anche contestualmente la legge che autonomamente con la sua libertà devono gestire per non esserne travolto.