Un fratello è un limite che salva

Quanto pesa un fratello? Quanto giova o quanto costa pronunciare soltanto la parola? Significa dire: «non sono solo», ma anche «non solo il solo»; significa dire: «c’è qualcuno con cui posso dividere le mie ansie», ma anche «c’è qualcuno con cui devo condividere spazi e risorse»; e poi significa, soprattutto, progettare continuamente una relazione non scontata, nell’equilibrio della giusta distanza e della significativa presenza.

La parola deriva dal latino frater, ma è connessa al sanscrito brathar dalla radice bhar, a sua volta legata all’idea di sostenere e nutrire. Il fratello, la sorella sono accomunati anzitutto dal nutrimento. L’essere allattati dallo stesso seno fa capire quanto sia atavica la questione della condivisione: attraverso i canali della dolcezza il neonato è sfamato, per scoprire poi da bambino che la medesima gratuità e il medesimo dono sono stati e saranno anche per i fratelli.

Non è assolutamente un azzardo includere i fratelli e le sorelle nella generazione di una persona: madri e padri possono, devono tanto; ma un fratello, una sorella ti fanno rinascere altre cento volte nella misura in cui, con la sola presenza, ti spogliano di ogni pretesa di esclusività.

Un fratello è un limite che salva.

La fatica della costruzione dei rapporti familiari è cosa nota, perché non è facile per nessuno imparare a relativizzarsi e a condividere genitori, spazi, risorse con altri simili. Persino nella Bibbia i rapporti tra fratelli sono un bel problema! Abele ucciso da Caino, Esaù imbrogliato da Giacobbe, Giuseppe venduto dai fratelli, Tamar figlia di Davide abusata dal fratello, fino alle lotte tra i figli di Salomone responsabili della scissione del regno di Israele. La domanda che risuona in vari modi come una scusante è sempre la stessa: «Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gn 4.9).

Sì, ognuno è custode del proprio fratello. Lo dice la parola, lo impone la vita, lo insegna un genitore amando in modo differente i propri figli. L’amore non fa preferenze, ma deve fare le differenze, perché i figli non hanno esigenze uguali e ognuno ha il diritto di ricevere quello di cui ha bisogno, il vestito cucito in base alla propria identità, il mantello adatto ad una specifica nudità.

L’arbitrato dei genitori in questa partita così importante è tra i compiti più difficili al mondo; ma non servono supereroi infallibili, solo persone di carne disposte a ricominciare sempre. Certo, occorre tanta maturità: quella di mettere al mondo creature con gratuità e consapevolezza, non per diritto, solitudine, bisogno di completezza e di compagnia, insoddisfazione per i figli precedenti, bisogno di un nuovo sé…

La fraternità autentica attecchisce solo dove ciascuno è se stesso ed è trattato come un dono unico ed irripetibile: paradossalmente è l’unico modo di accorgersi dell’unicità del fratello, per amarla e onorarla, per farsene carico.

Ma fraternità è una parola difficile anche in un altro senso: è imbevuta di pacifismo e di buonismo. Le difficoltà relative alla sua costruzione, difatti, non vanno nascoste, occultate, ignorate, ma affrontate. C’è una positività nei conflitti, nella quale emergono i caratteri, si sprigionano le energie, si liberano le cose irrisolte che tanto pesano sugli animi.

La pace è frutto di sforzi condivisi: Gesù che ha benedetto gli operatori di pace (Mt 5.9), è lo stesso che ha detto di aver portato il fuoco sulla terra (Lc 12.49). Perché la giustizia ha le sue esigenze, i suoi tempi, le sue cadute e le sue rinascite. Se è una faccia dell’amore, s’intende.

Qualcuno ha detto che, dalla rivoluzione francese in poi, ci si è occupati fino allo sfinimento della liberté e dell’égalité e molto, molto poco della fraternitè.  Eppure la sfida della vera pace, di ogni famiglia e del mondo intero, è nascosta in quest’ultima, difficile parola: perché la libertà e l’uguaglianza fanno bene, ma fanno meglio se l’individuo impara a stare di fronte ai propri fratelli, a fare i conti anche con i loro diritti. Ne beneficerebbero anche le altre relazioni, sempre per quel cordone ombelicale teso tra l’oikos e la polis

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