Il miglior modo per riprendere a camminare
Quando un bambino impara a stare in piedi e poi a camminare, occorre essere disposti a lasciarlo cadere. Ciò significa che, salvo le circostanze in cui si procurerebbe un danno grave, è preferibile un piccolo scivolone al sostegno invadente e controproducente dell’adulto. Pediatri, psicomotricisti e osteopati consigliano questo, anche se sembra paradossale. Perché cadere fa male.
E quanto più è alto il punto di partenza della caduta, tanto più il dolore aumenterà. Ciò vale per le altezze fisiche e per le altezze ideologiche. Ma la colpa non è delle altezze dalle quali precipitiamo, degli ideali sui quali scivoliamo quando la realtà ci schiaffeggia. E il problema non è neanche incentivare le cautele e ingegnarsi per restare in piedi, perché si rischierebbe di restare fermi. È che cadiamo sempre con tutto il peso che siamo e con tutto il carico che portiamo. La fisica non mente: un corpo che cade, sotto l’azione del suo peso, si muove con accelerazione costante.
Insomma, se proprio non possiamo evitare di cadere, se addirittura le piccole cadute sono considerate parte integrante del processo di crescita, dovremmo pensare a una soluzione per risparmiare sofferenza. E questa soluzione è alleggerirsi. Di carichi e di incarichi, di pesi e di contrappesi. Per non parlare della zavorra dei pensieri. Non a caso pesare e pensare sono parole etimologicamente connesse.
La lezione viene dalle foglie nella stagione appena iniziata. La loro danza autunnale insegna che anche una caduta può essere arte, vibrazione, bellezza, stupore. La loro leggiadria denota che, se proprio non si può evitare di cadere, lo si può fare senza sfracellarsi sul suolo, ma fluttuando nell’aria con leggerezza. Nessuna banalità, solo leggerezza. Nelle foglie che cadono c’è la forza dell’albero di essere uscito dall’inverno, la sua fame di luce, la sua energia verdeggiante, la sua promessa, il suo duro lavoro per essere casa, riparo, ombra, cibo, ossigeno. Eppure, si mantengono leggere.
Perché si può essere pieni di cose preziose, di urgenze, di incombenze inaggirabili, ma conservare sempre e comunque slancio e agilità nella forma della gratitudine e dell’appartenenza a un tutto. Quel tutto di cui siamo solo una parte e che non ci chiede di caricarci di altro se non di tutta la speranza possibile.
Una bellissima lezione di ottimismo e un grande messaggio di speranza. Grande Michela!