La mobilità di persone e di famiglie è un segno dei tempi e non un semplice fatto di cronaca. È un evento che mette in discussione tutta la nostra identità umana; un evento che non manifesta solo la differenza tra le persone, le culture e le religioni, ma anche l’uguale dignità umana.

Nota d’autore:

Propongo qui di seguito alcune mie poesie tratte da un libro pubblicato lo scorso anno dalla casa editrice Macabor, dal titolo Miracoli del giorno.

Si tratta in realtà di azioni di buon senso e di semplice umanità che spetterebbe agli uomini compiere, ma gli uomini di questa società, di questo paese, non riescono più a essere sufficientemente umani da impedire che persone disperate che attraversano il mare in cerca di un futuro dignitoso affoghino in tanti, in troppi, nel disinteresse o peggio nella volontà criminale di favorire i naufragi, non riescono a impedire che tanti lavoratori perdano la vita nei cantieri, nelle fabbriche. Che ci si tolga la vita per un fallimento, che si perseveri nella diffidenza e nel razzismo nei confronti di chi appare diverso. Così i santi danno il buon esempio, fanno vedere come si fa, dimostrano che non è impossibile conservare un briciolo di umanità.

***

Io sono Abdelaziz, quello del mare che inghiotte, Abdel

in bilico sul bordo della barca, sul bordo

dei sogni, quello del cielo azzurro e della notte

che avanza strisciando, della barca che si rovescia nel buio

e spalanca l’alfabeto sonoro del terrore.

Abdelaziz del freddo che assorbe, della imperscrutabilità dei pesci,

dell’acqua che diventa uno scintillio di voci, di grida,

fanfara dolorosa di destini senza più nome.

Abdelaziz che ha conosciuto il privilegio di una mano che l’afferra,

l’ha scaraventato nell’inchiostro del cielo, su su, ha volato

come un uccello senz’ali, Abdel che tremava nell’aria,

che ha sentito la terra, è caduto, ha visto in faccia

quell’uomo, si è specchiato nella sintassi di rughe,

nella fronte da contadino, Io Abdelaziz, da Wajid, Io

Giuseppe, ha detto soltanto, vengo da Copertino.

Abdelaziz in piedi sulla barca. Gli è stato rivelato

che morire non è solo un’ipotesi, una parentesi chiusa,

un’equazione, una faccenda trascurabile.

Abdelaziz che ha volato nell’aria, le stelle affacciate.

Abdelaziz che Giuseppe afferra col braccio da contadino,

Giuseppe di poche parole, sparito nel buio.

Io sono Abdelaziz, quello della barca, del mare che inghiotte.


Articolo precedenteVERTIGINI
Articolo successivoTesori nascosti di Andria
Paolo Polvani è nato nel 1951 a Barletta, dove vive. Ha pubblicato i seguenti libri di poesia: Nuvole balene, ediz. Antico mercato saraceno, Treviso 1998; La via del pane, ediz.Oceano, Sanremo 1999; Alfabeto delle pietre, ediz. La fenice, Senigallia, 1999; Trasporti urbani, ediz. Altrimedia, Matera 2006; Compagni di viaggio, ediz. Fonema, Perugia 2009; Gli anni delle donne, e-book, edizioni del Calatino, 2012. Un inventario della luce, ediz. Helicon 2013. Cucine abitabili, Mreditori, 2014 Una fame chiara, edizioni Terra d’ulivi, 2014. Sue poesie sono state pubblicate da numerose riviste, tra cui: Anterem, Steve, L’immaginazione, Il filo rosso, La Vallisa, Portofranco, La corte, L’area di Broca, Le voci della luna, Offerta speciale, Quinta generazione, L’ortica; e su numerosi blog, tra cui: Carte sensibili, WSF, Fili d’aquilone, Poiein, Corrente improvvisa, La presenza di Erato, Poliscritture, La bella poesia. E’ presente in molte antologie, tra cui: Dentro il mutamento, edito dalla casa editrice Fermenti nel 2011 e in varie antologie tematiche, tra cui Il ricatto del pane, ed. CFR, Rapa nui, ed. CFr, e 100 mila poeti per il cambiamento, Albeggi editore. Ha vinto diversi premi di poesie. E’ tra i fondatori e redattori della rivista on line Versante ripido, che pubblica alcuni tra i poeti più interessanti del panorama letterario italiano e internazionale. Fa parte dell’associazione Autorieditori che promuove la pubblicazione e la diffusione della poesia.