Si chiama Rosa Lullo la OSS andriese che ha contratto, e poi sconfitto, il Covid19. Il suo passato da clown-dottoressa le ha permesso di affrontare il dramma con un sorriso, un lieto fine che tutti hanno auspicato da quando ha rilasciato la prima video-intervista per Odysseo.

Ciao Rosa. Finalmente un doppio tampone negativo. Si può dire che il Covid, oggi, sia solo un brutto ricordo?

Finalmente doppio tampone negativo, il quarto a dire la verità perché non mi sono negativizzata presto dal covid, dopo il primo tampone positivo che ha confermato l’effettivo contagio con il virus, ne ho fatti altri 3. Ad oggi sono ufficialmente guarita, ma ti dirò la verità, come ogni esperienza negativa, anche questa ha lasciato dei segni, sia fisicamente, considerando che la polmonite è in via di guarigione, ma fortunatamente non è più grave, sia a livello psicologico …cicatrici che mai dimenticherò.

Da operatrice socio-sanitaria, in una Rsa di Cremona, hai toccato da vicino il cuore della pandemia. Come è avvenuto il tuo contagio e cosa hai fatto per impedire il diffondersi del virus agli ospiti della struttura?

Ho iniziato a lavorare come OSS in una Rsa in provincia di Cremona da dicembre scorso e ci siamo ritrovati a fine febbraio completamente investiti dal propagarsi del virus che nelle sue fasi iniziali era scambiato per una semplice influenza stagionale, purtroppo ci si è resi conto man mano che non si trattava di una banale influenza sia per l’aggravarsi dei sintomi, sia per la rapidità con cui si manifestava da persona a persona. Le notizie a livello sanitario nazionale ci hanno in seguito confermato quello che è cronaca. Noi OSS e tutto il personale sanitario della struttura eravamo sprovvisti di adeguati e sufficienti DPI, specialmente nei cosiddetti giorni di incubazione del virus, nonostante gli anziani avessero sviluppato patologie respiratorie inequivocabili e nonostante si fosse sempre attenti a rispettare le norme igienico-sanitarie di prevenzione e contro la propagazione …ma non è bastato e il contagio è stato solo questione di tempo. Purtroppo la febbre arrivò e la diagnosi anche.

A fine marzo la mia rx torace affermava: “Modesta pneuopatia diffusa …diagnosi di broncopolmonite virale”. Ero inequivocabilmente affetta da Covid-19.

Nella videointervista, registrata durante la tua convalescenza, ci hai raccontato di come tu sia stata costretta ad assumere compresse i cui effetti collaterali si sono manifestati attraverso la cosiddetta “fame d’aria” e una carnagione quasi giallognola. Come si resiste a tutto ciò? Come se ne vien fuori da questa situazione?

Successivamente, a tampone positivo, il pronto soccorso mi ha prescritto la terapia farmacologica per la cura del Covid-19 composta dall’assunzione di un mix di 7 compresse giornaliere, Lopinavir, Ritonavir , Plaquenil e anticoagulanti. Terapia che ho accettato e controfirmato con la sua bella lista di effetti indesiderati e reazioni avverse o sospette. Non avendo alternative, mi sono fidata e affidata alla medicina. Purtroppo alcuni effetti collaterali si sono manifestati e un malfunzionamento epatico mi ha causato la pigmentazione giallina sia della sclera negli occhi che della carnagione, così ho sospeso la terapia in accordo con la dottoressa.

Come si resiste? Quando hai guardato dritta negli occhi tutta quella sofferenza, persone che sono morte sole, senza il contatto con i propri cari, senza una degna sepoltura, mentre al familiare doveva bastare una triste videochiamata di consolazione …beh, allora ti immergi in una tale sofferenza che faresti qualsiasi cosa per non farla provare a nessuno della tua famiglia e specialmente al tuo papà e così ho cercato di trovare tutte le forze possibili e non ti nascondo che nella paura, perché ne ho avuta tanta, ho pregato molto.

 

Nel periodo della malattia hai provato più rabbia (perché questo era capitato a te) o più senso di colpa (per il rischio di poter infettare gli altri)?

Sinceramente ho provato più rabbia quando al lavoro vedevo gli anziani aggravarsi e morire, l’impotenza che nessuno potesse fare qualcosa per salvarli mi devastava …ma non mi sono mai sottratta nello star loro vicino, tener loro la mano, accogliere le loro lacrime anche quando la situazione era disperata e loro erano abbastanza consapevoli. Mentre il senso di colpa mi ha pervaso quando il mio compagno con cui convivo ha ricevuto la stessa mia diagnosi e l’aver contagiato anche lui mi ha fatto davvero star male, al pensiero che potessi essere stata una fonte di contagio e di trasmissione del virus.

Hai deciso di donare il tuo plasma iperimmune all’Ospedale di Pavia. Quanta efficacia c’è, a tuo parere, nel metodo del dott. De Donno?

Mentre era ancora positiva ho sentito la testimonianza di persone guarite dal plasma iperimmune e dalla sperimentazione iniziata negli ospedali di Pavia e Mantova ….così ho sentito musica di Speranza, adoro tanto questa parola! La Speranza è quella che mi ha accompagnato e continua a condire la mia vita in tutte le situazioni che affronto, è quella che mi fa dire “riprovaci” ed è quella che per cui vale la pena lottare sempre. Donare il plasma iperimmune per me significa donare sacche di speranza, che urlino a gran voce che nonostante tutto quello potrebbe accadere, c’è sempre una luce. Spero di rientrare nella sperimentazione e che risulti idonea al protocollo (perché ti fanno donare il plasma solo se rientri in determinati criteri) ecco perché credo che questa cura sia valida. Vedremo…

Nonostante l’accaduto, cosa spinge un professionista del settore a tornare in corsia?

L’amore per la Vita…

Faccio mie le parole di un grande Benigni che secondo me si adattano alla missione degli operatori sanitari in questo tempo:

“Dobbiamo dire sì alla Vita, dobbiamo dire un sì talmente pieno alla Vita che sia capace di arginare tutti i no… dobbiamo pensarci sempre, fino all’ultimo giorno della nostra vita, e non dobbiamo avere paura nemmeno della morte, guardate che è più rischioso nascere che morire… non bisogna aver paura di morire, ma di non cominciare mai a vivere per davvero.”

Clicca per vedere la video intervista con Rosa

 


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Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Puglia, ho iniziato a raccontare avventure che abbattono le barriere della disabilità, muri che ci allontanano gli uni dagli altri, impedendoci di migrare verso un sogno profumato di accoglienza e umanità. Da Occidente ad Oriente, da Orban a Trump, prosa e poesia si uniscono in un messaggio di pace e, soprattutto, d'amore, quello che mi lega ai miei "25 lettori", alla mia famiglia, alla voglia di sentirmi libero pensatore in un mondo che non abbiamo scelto ma che tutti abbiamo il dovere di migliorare.