Accusano i palestinesi di negare la realtà, ma sono i primi a negare le contraddizioni della propria crudeltà
Non serve nemmeno che io premetta quanto i guerrafondai siano beceri. Le ostilità in Medioriente sono una minaccia seria e costante. Ciò che mi preme evidenziare è la sempre più inquietante ed incalzante pratica vessatoria di un altro conflitto diffusosi a macchia d’olio: la categoria di “Quelli che difendono Israele”.
“Quelli che difendono Israele” oltre ad essere, giustamente, preoccupati per la violenza di Hamas, Hezbollah e Houthi, sembrano quasi caldeggiarla, sperano intimamente che il Mondo vada verso la rovina, tarpano le ali d’entusiasmo a chi, d’altra parte, persegue resilienza barcamenandosi tra difficoltà sociali e ostacoli economici.
“Quelli che difendono Israele” accusano i palestinesi di negare la realtà, ma sono i primi a negare le contraddizioni della propria crudeltà.
“Quelli che difendono Israele” si appellano al politically correct, dimenticando che i loro cercapersone sono il vademecum da non consultare.
“Quelli che difendono Israele” rappresentano il paradigma di una società veicolata da un’informazione che, per primi, etichettano come complottistica a seconda dei propri vantaggi.
“Quelli che difendono Israele” criticano il Libano ma non piangono la morte di Nasrallah.
“Quelli che difendono Israele” citano gli esempi di Trump, Netanyahu e Erdogan, inconsciamente soddisfatti alla notizia che questi uomini di potere si siano ammalati di disumanità.
Non so se un giorno otterremo mai la soluzione a due Stati, ma di certo “Quelli che difendono Israele” non abbatteranno mai il mio desiderio di libertà, di felicità, di vita.
Confesso la mia poca capacità di comprensione dei testi dell’autore attualmente monopolista dei commenti sulla qualunque. Perché consumare energia e tempo per scrivere articoli che fanno venire in mente solo un commento: che diavolo significa?
Grazie, proverò ad impiegare meglio il mio tempo