«Se la vita è solo un passaggio, in questo passaggio seminiamo almeno dei fiori»
(Michel de Montaigne)

Caro lettore, adorata lettrice,

immagino sia capitato anche a te di chiederti: «Se dovessi morire adesso, quale sarebbe la mia ultima parola?».

Cosa vorrei che ricordassero di me, mia moglie, mio marito, il compagno o la compagna della mia vita, i miei figli, amici, colleghi, chi mi conosce bene e chi mi conosce molto poco? Quale parola vorrei lasciare al mondo prima di lasciare il mondo?

Sono tornati a stringerci tempi duri, di asfissia. Sono i momenti della verità, proprio come gli attimi che precedono la fine dell’attimo. Sarebbero i momenti in cui scegliere le parole. E invece ne vedo di profuse a vanvera.

Di più: ne leggo e ne ascolto di cattive, di amare, di aspre. Leggo e ascolto persone che sembrano trovare la loro unica ragione di vivere nel sottolineare perdita e distruzione. Gente che spreca il proprio tempo in rancore e risentimento. Gente frustrata, perdente, perduta.

Posso dirti? Facciamo che si possa scegliere di meglio. Facciamo che si possa scegliere una parola di luce. Una parola di umana e fragile verità, ma una parola bella.

Anna Magnani diceva di amare il suo equilibrio instabile, tra saggezza e follia, serenità e rabbia, perché era ciò che la rendeva maledettamente vera. Mi permetterei di dissentire sull’avverbio e di suggerirti di ripetere con me che ciò che ci fa «equilibrio sopra la follia», ci fa essere anche “benedettamente” veri.

«Che sia benedetta», dunque, questa vita. Che sia benedetta, come scrive e canta una che per nome d’arte ha scelto di chiamarsi Amara, ma i cui versi hanno la dolcezza della gratitudine e le cui note hanno la forza di chi ama e si appassiona alla vita.

E allora quale potrebbe essere la nostra ultima parola? Me lo sono chiesto davvero e non ho trovato una risposta: sono troppe le parole che vorrei portare con me, le stesse che vorrei lasciare a te. Come scegliere un solo termine tra parole dal suono antico, come amore, amicizia, tenacia, sacrificio, coraggio, riconoscenza, altruismo, verità, vita, musica, arte, poesia?

Una parola, tra le tante, mi risuona oggi e questa ti lascio: si chiama dignità.

Degno è chi è uomo e donna, in tutta la sua finitudine e bellezza; degno è chi interamente se stesso; degno è chi sta in piedi, anche quando cade, chi sa obbedire senza chinare la testa e comandare senza alterigia; degno è chi è libero; degno è chi umile; chi è autorevole e leggiadro, maestoso e semplice, rispettoso e rispettato; degno è chi è credibile anche quando commette un errore. Chi ha grazia, come dono immeritato, che gratuitamente restituisce, anche quando è ferito. Degno è chi è solamente un uomo, solamente una donna, ma interamente uomo, interamente donna. Degni potremmo essere tu ed io, oltre la nostra indegnità.

E dignità è la parola che ti lascio. Fanne buon uso, se vuoi e puoi: è la parola del nostro centesimo caffè. Te la lascio come se fosse una rosa, nella piena convinzione che, come scrive Rainer Maria Rilke: «Ci sono momenti in cui una rosa è più importante di un pezzo di pane».

***

Post Scriptum

Caro lettore, adorata lettrice,

di domenica in domenica, da quasi due anni a questa parte, siamo arrivati sin qui. Mi hai dato tanto con la tua attenzione, i tuoi commenti, i tuoi suggerimenti.

Ti anticipo che dalla prossima settimana il caffè continua, ma cambierà veste: sarà un “Caffè con Dante”; il proposito è quello di vivere insieme altri cento caffè traendo spunto, di volta in volta, da un verso o una terzina per ciascuno dei Canti della Divina Commedia.

A presto, dunque! E che sia benedetta!


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La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...

2 COMMENTI

  1. GRAZIE Paolo. E Grazie è la parola che direi lasciando questo mondo,ricordando tutto il bene che ho ricevuto da Dio ,dallo splendore della natura,dai miei genitori e da tutte le persone che mi hanno voluto bene.

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