Card. Gualtiero Bassetti

“Si governi, fino a dove si può, con la pazienza ostinata e sagace del contadino, nell’interesse del bene comune e dei territori”

Si è chiusa, mercoledì 21 marzo, la sessione primaverile del Consiglio episcopale permanente della Conferenza Episcopale Italiana, tenutasi a Roma dal 19 al 21 marzo e il cardinale Gualtiero Bassetti presidente della CEI tracciando le conclusioni ha ricordato anche le elezioni politiche del 4 marzo scorso.

Il 21 marzo inizia ufficialmente la primavera, anche se il clima freddo di questi giorni sembra che l’inverno non voglia lasciare spazio alla bella stagione, “una coda di inverno –non solo meteorologico–. che non abbandona l’Italia”, ha esordito così il presidente della CEI. “I segni dell’inverno parlano nella paura del futuro: paura legata al tasso di disoccupazione dei giovani, al livello di impoverimento delle famiglie, al senso di abbandono che umilia le periferie…paura del diverso: una paura che spesso trova nell’immigrato il suo capro espiatorio”. Diverse paure, che attanagliano un intero popolo e che il Card. Bassetti le ha elencate nel suo discorso.

Bassetti, riferendosi alle continue violenze sulle donne, 18 femminicidi dall’inizio di quest’anno, dice che un vento gelido spira anche “nella violenza intollerabile che si scatena sistematicamente sulle donne, vento di ignoranza, immaturità e presunzione di possesso”.

L’inverno –ha rimarcato il presidente della CEI- “è spesso indice di insicurezze e chiusure su cui rischia di attecchire una forma di involuzione”.

“Il 4 marzo gli italiani hanno votato. I partiti non hanno solo il diritto, ma anche il dovere di governare e orientare la società. Il Parlamento deve esprimere una maggioranza che interpreti non solo le ambizioni delle forze politiche ma i bisogni fondamentali della gente, a partire da chi è in difficoltà”. Così il card. Bassetti, riferendosi alle ultime consultazioni politiche del nostro Paese. “Davanti allo scenario che si è aperto nelle elezioni -ha aggiunto Bassetti- vorrei dare voce a quanto ci siamo detti in questi giorni. Non ci sono facili soluzioni con cui uscire dalla notte invernale. E la via non può risolversi nella scorciatoia di promesse di beni materiali da assicurare a tutti, né alla ricerca, di volta in volta del singolo problema”. Secondo Bassetti, “c’è inverno nella disaffezione profonda e diffusa che investe l’inadeguatezza della politica tradizionale, rispetto alla quale ha avuto buon gioco una nuova forma di protagonismo e di consenso dal basso, attivo e diffuso, anche se non è ancora prova di autentica partecipazione democratica”.

Il presidente dei vescovi passa ad una proposta di gestione dei problemi. Invita a ripartire da “una visione ampia, grande condivisa”, un “progetto-Paese” a cui non fa mancare il suo appoggio la Chiesa italiana. “Ci siamo, con l’onestà di chi riconosce come l’inverno presenti a volte anche il volto di una fede che incide poco”, ha affermato. “Una fede che, sì, guarda al Cielo, ma che poi stenta a tenere i piedi per terra; una fede che talvolta diserta la strada, una fede che latita dove invece dovremmo trovarla impegnata a tradurre il Vangelo in segni di vita. Una fede, in definitiva, spesso dissociata dal giudizio sulla realtà sociale e dalle scelte conseguenti, che invece dovrebbe generare”.

Il card. Bassetti ricorda poi l’importanza della Costituzione Italiana. “I segni di primavera – ha osservato – fioriscono ancora in una Carta costituzionale bella e cara, con i suoi valori di lavoro, famiglia, giustizia, solidarietà, rispetto, educazione, merito”. Il monito è chiarissimo: “Attenzione: quelli sanciti dalla Costituzione non sono principi astratti, buoni per qualche declamazione retorica. Alte cariche dello Stato -ha ricordato-, come umili servitori, per questi valori hanno saputo dare la vita. Gli anniversari dell’uccisione di Marco Biagi, del rapimento di Aldo Moro e del barbaro omicidio dei cinque uomini della scorta ne sono segno eloquente”.

Nella parte finale del discorso Bassetti ha lanciato un messaggio chiaro alle forze politiche: “Si governi, fino a dove si può, con la pazienza ostinata e sagace del contadino, nell’interesse del bene comune e dei territori”, ed ha auspicato, il presidente della CEI citando le parole pronunciate da Alcide De Gasperi un anno prima di morire, chiudendo la campagna elettorale, il 5 giugno 1953 a Roma: “In questa dura campagna troppi predicarono l’odio, l’odio della demolizione e della vendetta. Ma il popolo italiano ha bisogno di fraternità e di amore. Tutti ne abbiamo bisogno, i milioni di poveri che reclamano un’opera di redenzione sociale; i milioni del ceto medio che mantengono a fatica, nelle accresciute esigenze, il decoro della vita; i milioni di giovani contesi e straziati da opposte fazioni. Ci vuole più amore, più fraternità”.

Il presidente dei Vescovi della Chiesa Italiana ha ribadito e ricordato che:

“C’è una società da pacificare.

C’è una speranza da ricostruire.

C’è un Paese da ricucire.

Chi è disponibile a misurarsi su questi orizzonti ci troverà a camminare al suo fianco”.

In tutti questi anni le Istituzioni con tante disattenzioni hanno creato davanti a sé un vuoto incolmabile. Ed ora gli assetti sociali che hanno garantito da sempre la democrazia sono in discussione. Ed è questo il punto decisivo dove si gioca il futuro del nostro Paese. Bisogna fare un salto in quel ‘vuoto’ e partire dai valori fondamentali della nostra Costituzione per rispondere al Paese con programmi di rilancio sociale e culturale. Per cui ora alle Istituzioni resta tessere con intelligenza e anima una visione del ‘noi’ dove inclusione, lavoro e partecipazione diventano le priorità di un manifesto politico, per risposte concrete ad un Paese ‘vuoto’ da diverso tempo.


Articolo precedentePerché la vecchia non voleva morire
Articolo successivoRomero. Martire in vita e in morte
So che tutto ha un senso. Nulla succede per caso. Tutto è dono. L'umanità è meravigliosa ne sono profondamente innamorato. Ciò che mi spaventa e mi scandalizza, non è la debolezza umana, i suoi limiti o i suoi peccati, ma la disumanità. Quando l'essere umano diventa disumano non è capace di provare pietà, compassione, condivisione, solidarietà.... diventa indifferente e l'indifferenza è un mostro che annienta tutto e tutti. Sono solo un uomo preso tra gli uomini, un sacerdote. Cerco di vivere per ridare dignità e giustizia a me stesso e ai miei fratelli, non importa quale sia il colore della loro pelle, la loro fede, la loro cultura. Credo fortemente che non si dia pace senza giustizia, ma anche che non c'è verità se non nell'amore: ed è questa la mia speranza.