
Non è il risultato che dà benefici, ma lo sforzo, perché il risultato delle azioni dell’uomo non è nelle mani dell’uomo
In Africa, in Mali, nella città di Bandiagara visse fra il 1875 e il 1940 il maestro Tierno Bokar.
A.H. Bâ, allievo di Bokar, ha fatto conoscere in Francia e nel mondo intero l’insegnamento di questo maestro, una delle propaggini di un’immenso patrimonio di saggezza e sapienza oggi ormai dimenticato e ignoto ai più.
Se nella Francia post coloniale c’è stata una ricerca su questo patrimonio, in Italia, potenza coloniale nel Corno d’Africa, questo impegno è mancato.
La corrente di sapienza in cui si colloca Tierno Bokar fonde la tradizione delle etnie del Mali con l’Islam e ha come punto di arrivo, rispetto all’interculturalità, la constatazione che esiste un’unica religione inalterabile nei suoi principi ma variabile nelle sue espressioni.
La fonte della religione è una sola, a cambiare sono i contributi individuali degli interpreti della lettera, che cercano di rendere comprensibile la religione agli uomini del proprio tempo.
“Perciò non ci si dovrebbe meravigliare nel trovare ricchezza spirituale in persone socialmente irrilevanti: bisogna invece meravigliarsi se non si trova quella ricchezza spirituale in individui civilizzati che hanno lavorato duramente per sviluppare le proprie condizioni materiali di vita”[1].
Già nel 1933 Tierno Bokar invitava a volare “verso una religione che non è incline all’esclusione delle altre fedi, quanto piuttosto all’unità universale dei credenti”. Come San Paolo nella prima Lettera ai Corinzi, affermò: ”In verità chi impara con il cuore tutte le teologie di tutte le religioni, se non ha la carità nel cuore, può considerare la sua conoscenza come un bagaglio inutile. Nessuno può gioire dell’incontro col divino se non ha la carità nel cuore. Senza la carità i pellegrinaggi sono un viaggio di piacere privo di valore”.
Tierno Bokar insegnava usando dei diagrammi. Nella foto vediamo la sintesi dell’insegnamento della legge interiore e anche qui troviamo principi identici a quelli di altri itinerari spirituali, come ad es. la ruota dell’ottuplice sentiero buddhista o le paramita.
A = il comportamento per semplice imitazione
B = la comprensione dei principi
C = l’esperienza diretta
Utilizzando l’immagine del fiume, Bokar paragona il primo stadio – A – al sentir parlare di un fiume; il secondo stadio – B- al sedere lungo la riva del fiume ; il terzo – C – all’immergersi nel fiume.
In dettaglio, A1 è il pentimento, A2 è la rettitudine, A3 è il timore reverenziale; B1 è il discernimento, B2 la sincerità, B3 la serenità; C1 è la meditazione percettiva, C2 l’incontro con la Presenza, C3 la conoscenza di Dio e dell’Amore.
L’insegnamento più sorprendente è forse un altro: secondo Bokar non è il risultato che dà benefici, ma lo sforzo, perché il risultato delle azioni dell’uomo non è nelle mani dell’uomo.
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[1] Amadou Hampaté Bâ, “A spirit of tolerance. The inspiring life of Tierno Bokar”, World Wisdom Inc., 2008
Mi colpisce particolarmente questa parte dell’articolo:
A = il comportamento per semplice imitazione
B = la comprensione dei principi
C = l’esperienza diretta
Utilizzando l’immagine del fiume, Bokar paragona
il primo stadio – A) al sentir parlare di un fiume;
il secondo stadio – B) al sedere lungo la riva del fiume ;
il terzo – C) all’immergersi nel fiume.
Ci troviamo di fronte a ciò che nel Medioevo si chiamò “Itinerarium mentis in Deum”(il percorso che l’anima compie per arrivare a Dio), che è poi il titolo di una famosa opera scritta nel 1259 da Bonaventura da Bagnoregio. Dio lo avvertiamo prima EXTRA NOS (fuori di noi), poi INTRA NOS (dentro di noi), alla fine SUPER NOS (sopra di noi).
In altre parole, per la mania che avevano i medievali di gerarchizzare tutto quanto fosse gerarchizzabile, ritroviamo questa sorta di climax ascendente nelle tre guide utilizzate da Dante nella Divina Commedia: Virgilio (la Ragione, ovvero la filosofia) lascia il posto a Beatrice (la Teologia, ovvero la Fede) e quest’ultima a San Bernardo di Chiaravalle, che rappresenta la mistica (l’immergersi tutto in Dio).
Queste corrispondenze – e le infinite altre – sono alla base dell’interculturalità di carattere religioso.