Vent’anni fa lo tsunami che sconvolse il mondo

Era il pomeriggio di Santo Stefano.

Qualcuno si era appisolato, altri giocavano alla tombola, altri ancora intrattenevano amorevoli conversazioni sul Natale, sulle dinamiche familiari, sulla vita. Alcuni parenti provenienti da un viaggio in Spagna avevano proiettato alla TV immagini, video e foto, sulla vacanza appena trascorsa.

Spensieratezza dei giorni di festa.

All’improvviso una notizia, nemmeno tanto fresca ma già del mattino, squarciò quella straordinaria atmosfera che solo le feste sanno dare.

Un terremoto terribile di potenza inaudita aveva colpito l’Asia, a seguito del quale si era scatenato uno spaventoso tsunami che aveva sferzato le coste dell’Oceano Indiano.

Il sisma ebbe una magnitudo di 9.1 con l’ipocentro posto a circa 30 km di profondità, mentre l’epicentro era situato a pochi chilometri dalla costa di Sumatra. Si scatenò uno spaventoso maremoto che viaggiava alla velocità di 200 m/s e che raggiunse in una ventina diminuti le coste di Sumatra, già falcidiate dalla devastazione del terremoto, con onde che toccarono anche i trenta metri. Dopo un’ora e mezza l’onda anomala travolse la Thailandia e nel breve giro il maremoto giunse sulle coste dello Sri Lanka e alle Maldive, prima di finire il suo terribile percorso in Africa otto ore dopo l’inizio dell’evento sismico, sulle coste del Kenya e della Somalia. È stato uno dei terremoti più forti della storia, terzo dietro al sisma del Cile del 1960 (magnitudo 9.5) e dell’Alaska del 1964 (magnitudo 9.4). Tante le vittime, in un numero compreso tra le 100000 e 250000 unità. Nelle prime ore del sisma i nostri connazionali venuti a mancare furono una ventina, molti di loro giunti nel Sud-Est asiatico per le vacanze o alcuni residenti. Il numero complessivo dei connazionali che persero la vita fu di quaranta. Colpì la morte di un piccolo bimbo italo-thailandese, Alex Ceotto che si trovava nella pasticceria di famiglia e fu strappato via dalle braccia del papà e della mamma. Non vide mai il suo paese, il nostro paese. Tante vicende umane sono state raccontate, alcune tragiche, altre a lieto fine come quella della famiglia Belon, i cui membri dispersi tra le onde del maremoto si ritrovarono in maniera rocambolesca tutti insieme, sani e salvi. La loro storia è stata raccontata in un film, The Impossible.

Agghiacciante la testimonianza di un turista francese apparsa il giorno dopo sul Corriere della Sera: «Il mare si è ritirato di 3-400 metri in alcuni minuti, prima di ritornare con un’ondata sulla spiaggia che ha portato via molte persone. Questa mattina, verso le 8 abbiamo sentito il terremoto. Un’ora più tardi siamo andati sulla spiaggia ed abbiamo visto che il mare si ritirava molto velocemente. Poi, altrettanto velocemente, è risalito. Le persone sono state sorprese da questa ondata che arrivava dall’oceano. Ed è stato il panico, molti non ce l’hanno fatta a fuggire. Fortunatamente eravamo nella parte alta della spiaggia e siamo riusciti a scappare. Dietro di noi, invece, delle persone sono state portate via e sono scomparse nel mare».[1]

Erano tanti i turisti giunti nel Sud-Est asiatico per festeggiare il Natale, tra loro innumerevoli vip. Calciatori, attori e giornalisti furono sorpresi dalla furia della natura. Ecco cosa disse il noto giornalista e conduttore televisivo Lamberto Sposini :«Ho visto il mare diventare una montagna, è stato tutto abbastanza impressionante, certamente qualcosa di mai visto. Qui ci sono 5 ore di differenza. Era mezzogiorno quando all’improvviso il mare si è alzato come se fosse un’alta marea gigantesca, di un paio di metri e l’acqua è arrivata immediatamente negli alloggi, al centro dell’isola. Tutto è accaduto in una bella giornata, perché se fosse accaduto in una giornata di tempo brutto con la pioggia, il cielo nuvoloso e in clima di tempesta davvero c’era da avere paura».[2]

Devastazione, distruzione e rischio epidemico fu l’eredità immediata che all’indomani il terremoto lasciò.

Dopo il sisma furono avviati cospicui aiuti umanitari, in un lasso di tempo compreso dal 2004 al 2009, grazie anche ad organizzazioni internazionali come Save the Children.

Cosa ha insegnato questa catastrofe?

Che è certamente impossibile prevedere questi eventi e che il monitoraggio resta la migliore soluzione, come accade ad esempio per i vulcani. Da anni monitoriamo ad esempio la situazione del Vesuvio e soprattutto del supervulcano dei Campi Flegrei, nel quale il livello di allerta è diventato giallo, di “attenzione”. Un buon piano di evacuazione può sicuramente limitare i danni, soprattutto nelle aree popolate, come lo è la zona vesuviana, nella quale sono state già fatte delle simulazioni. Il terremoto di Sumatra e del Sud-Est asiatico ha cambiato per certo il nostro rapporto con la natura, che forse abbiamo trattato con superficialità, ignorando tutta la sua forza. Tuttavia, proprio perché dimentichi della sua imprevedibilità e della sua potenza, continuiamo ad inquinare il pianete e a non impegnarci fattivamente dal punto di vista politico, con soluzioni che possano diminuire le emissioni di CO2. Ma per fortuna ci sono anche esempi virtuosi, strategie che partono dalla natura e che possono essere messe in atto per ridurre la potenza del mare negli eventi sismici, come ad esempio la piantumazione di mangrovie. I dati hanno evidenziato che nelle zone dove si trovava questa pianta, l’onda anomala ha avuto un impatto minore: a Kapuhenwala, in Sri Lanka, erano morte solo due persone.

Con Mangroves for Future, programma del IUCN, sono state piantate nuove mangrovie che hanno anche un’altra funzione, quella di trattenere più carbonio rispetto ad altre foreste pluviali e che possono in questo modo essere anche un rimedio, seppur limitato, all’inquinamento, causa principale del cambiamento climatico.

[1]FONTE https://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2004/12_Dicembre/26/reazioni.shtml

[2]FONTE https://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2004/12_Dicembre/26/reazioni.shtml


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