Il nuovo romanzo storico di Marcello Introna

Uno due tre. Tre romanzi storici in meno di dieci anni. È la produzione letteraria di Marcello Introna (Bari, 1977), medico veterinario di professione, in passato autore di testi per la tv e attore.

“Percoco” e “Castigo di Dio”, di cui mi riservo di parlare in due prossimi articoli, vedono la luce rispettivamente nel 2016 e nel 2018; a giugno 2024 è la volta di “Oro forca fiamme” per i tipi della Mondadori.

È il racconto di quanto accadde nel 1656 e nel 1691 a Bari e dintorni con la diffusione della peste nera. È il racconto drammatico di quanto male aggiungano gli uomini ai guai che per alcuni piovono dal Cielo, per altri sono causati (perché no?) da una Natura matrigna o indifferente, ma che in verità sono provocati dagli stessi per negligenza e/o avidità.

Le mie osservazioni saranno ovviamente fruibili solo dopo aver letto il libro, di facile comprensione per il suo linguaggio, ma non privo di colore e calore, avvincente per lo stile narrativo dell’Autore, che di amore per gli esseri viventi ne ha da vendere.

Il titolo è lineare e rappresenta la chiara e anticipata spiegazione dei tre motori che muovono l’intero romanzo: l’ORO (offerte, soldi, gabelle, donazioni), la FORCA (la pena capitale umiliante che, affiancata dalla tortura, permette lo sfogo sadico di chi detiene il potere), le FIAMME (il fuoco che purifica, marchia, punisce, distrugge). Queste tre parole-chiave, utilizzate in asindeto, anticipano in maniera lapidaria il contenuto del romanzo e ne costituiscono al tempo stesso la sintesi.

In questo canovaccio di perverse dinamiche relazionali si mostrano spessi i fili del sadismo e qualche filo più sottile di cinismo; la rassegnazione di alcuni personaggi, vittime del potere, dell’ignoranza e della superstizione, sfiora il masochismo; quest’ultimo elemento indispensabile a legittimare la cattiveria, gratuita e ingiustificata, ma attribuibile alla race, al milieu e al moment, come direbbe Hyppolite Taine, il teorico del Naturalismo francese. Per meglio dire, ogni personaggio di “Oro forca fiamme” è la risultante del suo carattere innato, dell’eredità genetica di cui è portatore, dell’ambiente e del momento storico in cui vive, tutte grandezze vettoriali che danno alle azioni una misura, una direzione e un verso.

In “Oro forca fiamme” il sistema dei personaggi si gioca tutto sul rapporto vittima/persecutore, a livello individuale e collettivo: ogni personaggio – storico o inventato che sia – è vittima di qualcuno e a sua volta tiranneggia uno o più personaggi, o una categoria di persone. Sarebbe davvero interessante disegnare di questo avvincente romanzo una mappa concettuale con le sue brave frecce di implicazione logica che collegano chi perseguita a chi è perseguitato.

La peste, come nelle altre opere letterarie che ne parlano, è tuttavia il personaggio chiave di questo romanzo, il personaggio che inconsapevolmente muove i fili della vicenda in esso narrata. La Yersinia pestis è la primadonna di questa cruenta “commedia umana” per dirla con Honoré de Balzac.

Un ruolo particolare lo giocano gli animali, che – dalla pulce all’elefante – cessano di essere tali per diventare personaggi, alcuni a tutto tondo, che interagiscono tra loro ma soprattutto con gli esseri umani, determinando la loro sorte. Il loro accostarsi all’uomo è a tratti consolatorio, a tratti doloroso, a volte fatale.

Non sfugge a nessuno che l’Autore possieda precise competenze medico-scientifiche, elemento questo che rende accessibile a tutti la parte storica dell’opera, e che nella parte romanzata riesca benissimo a dipingere l’eterno conflitto fra Ragione e Fede.


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Sono nata a Barletta il 19 gennaio 1961 da padre barese e madre barlettana ma vivo ad Andria dal 1972. Docente di scuola elementare, materna e di sostegno, dal 1987 al 2001 ho insegnato nella scuola materna statale. Conseguita nel 1993 la laurea in Pedagogia all’Università “La Sapienza” di Roma, ho insegnato nel Liceo Scientifico “A. Moro” di Margherita di Savoia e dal 2002 insegno lettere nel Liceo Scientifico “R. Nuzzi” di Andria. Per molti anni ho studiato e commentato i testi delle canzoni di Fabrizio De Andrè, alcune delle quali confluite nella mia tesi di laurea (inedita) e ho tenuto in merito alcune lezioni. Ho pubblicato su “Odysseo” il commento del brano “Don Raffaè”. Ho trascritto una importante cronaca barlettana e sono tutta immersa nello studio della storia della mia città natale. In particolare mi sto occupando di opere letterarie che parlano di Barletta o che sono state scritte da autori barlettani non molto noti. Attualmente sono nel Consiglio Direttivo delle sezioni barlettane della “Società di Storia Patria per la Puglia” e di “Italia Nostra”.

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