Ho pregato Dio, l’Eterno ignoto,
Lui che fiorisce dalla terra in primavera,
Lui che piega i rami in autunno con un peso benedetto:
gli ho chiesto di allontanare da me ogni gioia, ogni allegria,
gli ho chiesto di abbandonarmi come uno schiavo in esilio, come un mendicante,
degnandosi però soltanto di concedermi il tuo caro essere
e l’unica, perfetta felicità di averti accanto a me per sempre.
Ti scongiuro, non temere di diventare, per questo, povera come me:
il tuo stesso abbraccio farà di te la sposa dell’uomo più ricco del mondo.
Se questo non può compiersi in una sola breve vita,
che avvenga nella prossima o in un’altra ancora.
Possa io rinascere cervo e tu l’amata cerva,
oppure io aquila e tu la mia compagna
o qualunque altra cosa piacerà all’eterno ignoto: non ha importanza.
Niente ha importanza purchè tu stia accanto a me.
Questa appassionata poesia d’amore, intrisa di misticismo, non è opera di un romantico, ma di uno dei più importanti e celebrati scienziati del 20° secolo, Erwin Schroedinger (1887-1961)[i], premio Nobel per la Fisica nel 1933. Uno scienziato speciale, visto che era convinto che la morte della metafisica, la “morte di Dio” indotta dalla scienza positivistica, avrebbe avuto conseguenze catastrofiche. Oggi noi sappiamo per esperienza diretta che Schroedinger aveva ragione. Le sue riflessioni hanno per noi un sapore speciale perché provenienti da uno scienziato che ha esplorato i costituenti ultimi della materia ed ha poi saldato queste conoscenze con una profonda conoscenza della filosofia occidentale (Schopenhauer e Kant su tutti) e orientale (in primis le Upanishad).
Schroedinger pone le questioni fondamentali in modo diretto:
1) Esiste un io?
2) Esiste un mondo?
3) Cessa di esistere il nostro io con la morte corporea?
4) Cessa il mondo di esistere con la morte corporea?
A proposito dell’esistenza del mondo esterno e della materia, Schroedinger afferma che la materia in quanto tale non ha identità. Se si osserva un elettrone in due momenti successivi “l’asserzione che si tratta della medesima particella non ha un significato vero, preciso. Se osserviamo un oggetto e lo rivediamo a distanza di anni siamo sicuri che si tratti dello stesso oggetto per la sua forma peculiare o aspetto, non per il suo contenuto materiale”. Dunque noi non conosciamo la materia, ma forme, strutture e l’identità non è creata dal contenuto materiale, ma dalla struttura, dall’organizzazione. Le particelle della materia non devono essere considerate “un’entità individuale, ma un evento istantaneo” e “ciò che accade in un punto qualsiasi in un dato istante dipende soltanto ed in modo univoco da ciò che è accaduto nell’intorno immediato un istante prima”. Sulla base di queste considerazioni “da un lato io faccio parte della natura, mentre d’altro canto la natura oggettiva mi è nota come un fenomeno solo nella mia mente” e “non è assolutamente chiaro che cosa significhi l’antitesi fra natura oggettiva e mente umana”.
La mente individuale è una manifestazione di una Mente universale che tutto abbraccia; il mondo fisico è costituito da forme, che sono espressione della mente; la struttura del mondo fisico è accessibile alle menti individuali, che sono manifestazione della Mente universale.
Schroedinger semplifica in questo modo: ”Sei seduto davanti ad un paesaggio. Lì in passato un altro, mille altri si sono seduti. Era davvero un altro? Non eri tu stesso? Cosa significa ‘tu stesso’? Cosa ti spinge a trovare una differenza fra te e un altro, mentre obiettivamente si tratta della medesima realtà?”.
Si può commentare questa affermazione di Schroedinger dicendo che qui c’è il fondamento logico e ontologico del principio: “Ama il prossimo tuo come te stesso”.
Ispirandosi ai Veda, Schroedinger afferma che la conoscenza, i sentimenti, la volontà non possono essere sorti dal nulla, in un momento: essi sono eterni, immutabili, un’unità comune a tutti gli uomini, a tutti gli esseri dotati di sensibilità e percezione: “Tu e con te ogni altro essere cosciente preso come tale, sei, nel tutto, il tutto”.
“Cosciente è ciò che diviene, ciò che è, è inconscio” e la nostra vita è una lotta contro l’io primitivo: coscienza e conflitto sono collegati in modo necessario e inestricabile.
Alla domanda su cosa significhi l’io, Schroedinger risponde che “la coscienza è un singolare il plurale del quale ci è ignoto: c’è una cosa sola e una serie di differenti aspetti di questa cosa, prodotti da un’illusione”.
“L’io è qualcosa di più di una collezione di dati singoli” l’io è la trama su cui quei dati sono raccolti: questa trama è immortale e “una perdita di esistenza personale” non avverrà mai.
“Poiché l’attimo presente è eterno, quest’unico attimo è sempre identico a sé: il presente è l’unica cosa che non ha fine. L’intuizione di questa verità è alla base di ogni atto che abbia valore morale.”
La sacralità di ogni istante della vita è il punto di arrivo di uno scienziato agli antipodi di Hiroshima e Nagasaki.
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[i] Le principali opere di Schroedinger pubblicate in italiano sono: Scienza e Umanesimo, Fi, 1953; L’immagine del mondo, To, 1963; La mia visione del mondo, Mi, 1987; Che cos’è la vita?, Mi, 1995