«Mi considero un sognatore, ho pagato un prezzo abbastanza alto per i miei sogni, ma sono così belli, così pieni e intensi, che ogni volta tornerei da capo a pagarlo»
(Luis sepùlveda)
Caro lettore, adorata lettrice,
stavo pensando che la settimana che abbiamo appena vissuto è stata per certi versi più difficile della precedente, quella che ci ha portato a Pasqua.
Credenti e non, tutti sanno che la Settimana Santa è una settimana di passione: ci sta che la si affronti con spirito di sacrificio, con cuore compunto, con occhi puntati alla domenica di resurrezione, di rinascita, di nuova vita o comunque la si voglia chiamare.
Ma questa settimana appena trascorsa? Mentre eravamo chiusi in casa, si è aperta con un lunedì di Pasquetta assolato dopo tanti anni di pasquette piovose, ci ha poi ricordato che l’attesa per la fine del contagio è tutt’altro che finita e ha continuato a batterci con suoni di sirene spiegate – ogni sirena un’ambulanza, ogni ambulanza una nuova vittima di contagio – mentre le cifre dei deceduti sono sempre più paragonabili a quelle di un conflitto mondiale. Tra le morti, anche quella di un gigante in umanità, Luis Sepùlveda, che ci lascia tutti un po’ più soli…
Dunque, dove sta la novità? Che primavera, che rigenerazione dobbiamo aspettare, che canto liberare dai balconi, che cartelloni appendere, ancora, alle finestre?
Non sembra affatto che tutto stia andando bene. Anzi!
Se poi si scende sul piano personale, allora magari a tutti noi, in questi giorni, è toccato di misurarsi con il duro “mestiere di vivere”, come direbbe Pavese: problemi di lavoro, di salute, di affetti lontani, di isolamento. Magari il nostro Giuda è arrivato tardi rispetto al Venerdì Santo. Magari lo abbiamo incontrato in questi giorni. Magari è stato più di un incontro con più di un traditore baciante.
E allora può nascere la tentazione di dire: “Vabbè, ma ora un po’ di sana disperazione me la merito!”.
Pensiero pernicioso, stile “ultima tentazione di Cristo”, capace di spingerci a tradire persino noi stessi. A rinunciare alla gioia, a spegnere definitivamente la luce, a gettare la spugna.
Ecco, caro lettore, adorata lettrice, se ti ritrovi in tutto o in parte in questo quadretto catastrofico, il suggerimento che mi permetto di dare a me e a te è: non tradirti, rimani fedele a te stesso, sii tuo amico e, se anche gli altri ti lasciano, tu non abbandonarti!
E quando le forze, legittimamente, incominciano a venir meno, allora magari prova a mettere in pratica il consiglio che, giorni fa, ho raccolto da un mio amico, che è anche uno psicoterapeuta, ma prima di tutto è per me come un fratello: «Per le energie, fatti un bel selfie sorridente (in cui ti piaci tanto tanto) o vallo a pescare nelle foto di repertorio e stampatelo dappertutto (anche sul profilo). Se non funziona così, chiamami».
Oppure leggi ancora Sepúlveda: «Credo che non ci sia sogno più bello di un mondo dove il pilastro fondamentale dell’esistenza è la fratellanza, dove i rapporti umani sono basati sulla solidarietà, un mondo in cui siamo tutti d’accordo sulla necessità della giustizia sociale e ci comportiamo di conseguenza. I miei sogni sono irrinunciabili, sono ostinati, testardi, resistenti».
Che ne dici? Ci proviamo? Hai qualcuno da chiamare in caso di bisogno? Allora fallo: che aspetti?
Io intanto vado a cercare il mio selfie. Tu, se ti va, incomincia a pensare al tuo: magari con una tazzina di caffè in mano!
Che sbadato, quasi dimenticavo! …Essere traditi da chi hai amato, curato, persino allevato, fa più che un po’ male, è vero: ma, se lo superi, ti fortifica.