A proposito di alfabetizzazione da social

Un giorno, quando ero ragazzino, un uomo mi disse di essere cieco e muto, mentre vedeva e parlava perfettamente. Al mio dissentire allegro mi indicò una scritta e mi disse di leggerla. Dopo averlo fatto mi disse di essere analfabeta, incapace di comprendere e dunque parlare dello scritto. Aggiunse che era brutto essere “ciechi e muti” perché non era libero di farsi rispettare e doveva dipendere, in tutto, dagli altri. Bonariamente mi consigliò di studiare sempre per vedere e ascoltare veramente.

L’analfabetismo, come la storia insegna, era comune nel dopoguerra. E ad unire l’Italia, più che la politica, fu proprio l’alfabetizzazione. Un famoso programma televisivo, andato in onda dal 1960 al 1968, di nome “Non è mai troppo tardi”, voluto da Aldo Moro, ha unito l’Italia in nome dell”alfabetizzazione. Il maestro Manzi è stato lo “strumento meditatico” attraverso il quale, nel 1959, ben 35.000 italiani ottennero la licenza elementare. Il programma accese negli italiani il desiderio di imparare a leggere e scrivere, come anche stimolare il dibattito politico, tanto da spingere lo Stato alla scuola dell’obbligo.

Oggi esistono altre cecità o mutismi, penso al linguaggio dei media. Se milioni di italiani hanno dato senso all’alfabeto, umilmente, apprendendo lentamente, non sarebbe utile dire a sé stessi: “Non è mai troppo tardi per imparare il linguaggio dei social e dei nuovi media?”. Più che demonizzarli o peggio ancora usarli da analfabeti, bisognerebbe cercare un “bravo maestro social”, ascoltarlo e comprendere.

Una  canzone diceva che “si può fare di più”; si faccia di più per apprendere il giusto linguaggio. Parafrasando un altro testo di un’altra celebre canzone potremmo affermare: “Prima di sparare pensa!”. Il dramma non sono i social, con il loro linguaggio, ma l’analfabetismo presente e peggio ancora la poca logica e razionalizzazione dei messaggi. Del resto, senza cedere al pessimismo, non è mai troppo tardi per imparare i nuovi linguaggi. Una possibilità, non un’utopia.