Pur volendo prendere il maestro di Foligno in buona fede, ci sono cose che sarebbe meglio non sperimentare, soprattutto con i figli degli altri
Due giorni fa un maestro elementare di Foligno è entrato in classe, ha indicato l’unico bambino nero fra i suoi alunni e l’ha invitato ad alzarsi. “Gli ha detto quanto sei brutto, non mi devi guardare e gli ha ordinato di girarsi verso la finestra”, così hanno raccontato gli altri compagni di classe ai propri genitori una volta tornati a casa. Lo stesso maestro qualche giorno prima aveva fatto la stessa cosa con la sorellina del bambino in questione, nera anch’essa, ma più piccolina.
Il maestro si è difeso dicendo che si trattava di un esperimento sociale. “Si è trattato di una sperimentazione didattica, ho chiesto ai ragazzi il permesso prima di iniziare. Stavamo parlando di shoah e integrazione, volevo suscitare una reazione positiva dei ragazzi” ha dichiarato a sua discolpa.
Ora la situazione è ancora fumosa, il maestro è stato sospeso, ma le indagini sono in corso. L’insegnante potrebbe aver fatto il gesto per mero razzismo, perché è uno psicolabile, o per fare un esperimento. Non lo sappiamo ancora, solo una cosa è certa, pur volendo credere all’ipotesi dell’esperimento – ossia l’ipotesi più accettabile – si tratta di un esperimento di merda. Un esperimento avventato e crudele che ne ricorda altri tristemente famosi dello stesso genere.
Ricorda ad esempio l’esperimento del logopedista Wendell Johnson – richiamato in un articolo di VICE significativamente intitolato “Gli esperimenti sull’uomo più crudeli della storia” – “il quale era convinto che lo sviluppo della balbuzie nei bambini dipendesse dalla reazione degli altri ad alcuni innocui errori di pronuncia. Per questo, nel 1939, convinse la sua studentessa Mary Tudor Jacobs a condurre un esperimento su 22 orfani.
Jacobs doveva far sì che la metà di loro iniziasse a balbettare, correggendoli per ogni piccolo errore e rendendoli quindi insicuri. Ai bambini era stato spiegato che sarebbero stati ascoltati con un’attenzione maniacale ed erano stati intimiditi con questo avvertimento: “Ascoltate, se balbettate anche solo una volta, inizierete irrimediabilmente a balbettare sempre peggio! Per questo, meglio non dire niente finché non si è totalmente sicuri di parlare correttamente!”
“Persino i bambini che non presentavano problemi di pronuncia avevano paura di parlare in classe. Una bambina di nove anni, Betty Hull, si copriva gli occhi con le mani ogni volta che le veniva chiesto qualcosa. A un’altra ragazzina di nome Mary Korlaske era stato chiesto se la sua migliore amica sapesse che balbettava. “No,” aveva risposto. “Perché no?” aveva chiesto la studiosa. Mary aveva sbattuto i piedi a terra e aveva detto che non avrebbe mai più parlato alla sua amica. Dopo l’esperimento, Betty Hull aveva subito chiarito ai suoi compagni che il suo modo di parlare non aveva niente di sbagliato, ma ormai era troppo tardi. Mary Korlaske, invece, non è più riuscita a parlare correttamente. E nonostante tutto, questa cavolata non ci ha aiutati nemmeno un po’ a capire la vera origine del problema della balbuzie”.
Oppure ricorda l’esperimento comportamentale condotto nella prigione di Stanford, pensato come uno studio psicologico di risposta umana alle condizioni di prigionia, e anch’esso finito fra i 10 esperimenti sull’uomo più crudeli, raccolti da Vanilla Magazine. “L’esperimento si svolse nel 1971 e venne condotto da un team di ricercatori guidato dallo psicologo Philip Zimbardo della Stanford University. Alcuni studenti volontari svolsero i ruoli di guardie e prigionieri, in una finta prigione in un seminterrato vicino all’università. I prigionieri e i carcerieri si abituarono velocemente ai propri ruoli, e uno degli aspetti che era previsto era il crearsi situazioni potenzialmente pericolose dal punto di vista psicologico per guardie e carcerati. Dopo un brevissimo periodo, un terzo delle guardie fu ritenuta responsabile di ‘veri’ comportamenti sadici, e molti prigionieri rimasero traumatizzati, e due di loro dovettero essere allontanati dopo pochissimo tempo dall’avvio dell’esperimento a causa di gravi ripercussioni immediatamente visibili. Infine, Zimbardo, allarmato per il comportamento sempre più crudele dei propri studenti, terminò l’esperimento poco tempo dopo che era cominciato”.
Insomma pur volendo prendere il maestro di Foligno in buona fede, certe volte ci sono cose che sarebbe meglio non sperimentare, soprattutto in una scuola pubblica, soprattutto con i figli degli altri.