Moralisti senza morale

La politica di Di Maio & C.

Caro Direttore,

la mia previsione sul salvataggio di Salvini era un gioco da ragazzi. Troppo facile. Il no al tribunale dei ministri è dettato da un preciso intento: tirare a campare del governo Conte fino alle elezioni europee. Questa è la vera ragion di Stato che sta alla base della scelta, e per raggiungere lo scopo mezzo governo si è autodenunciato per sequestro di persona, in solido con il ministro dell’Interno, Salvini, sempre più determinato nella sua sguaiata voglia di potere. Amici dei quali mi fido mi dicono che Salvini non è così Truce come ama apparire.

Sarebbe piuttosto un politico che, in memoria di Machiavelli, usa tutti i mezzi che giustifichino il suo fine. Non dubito che sia così, ma rimango dell’idea che non avere rispetto degli esseri umani e dei bambini sia troppo per qualsiasi scopo. Machiavelli capirà.
Di Salvini, sapevamo e sappiamo. Adesso sappiamo anche compiutamente del birraio Di Maio, il terzo uomo del governo. Sappiamo che è aggrappato al potere con le unghie della disperazione, non c’entra Machiavelli per lui. La faccenda del voto della base su Salvini ha qualcosa di tragico. Essendosi lui, Di Maio, fattosi casta peggio di quelli di prima, ha stracciato tutte le regole del M5S e ha indotto oltre la metà dei suoi iscritti a sottoscrivere il patto scellerato. È il segno della disperazione, per le ragioni che ho detto. L’impianto della manovra è un disastro, la povertà non è stata abolita, le cifre della recessione incalzano ogni giorno, l’Abruzzo ha pesantemente punito i grillini, la Sardegna lo farà domenica. Grillo ha preso le distanze dal capetto da lui voluto, e adesso da lui ripudiato. Cioè Di Maio, essendo alla frutta, si aggrappa a Salvini che lo sta riducendo a brandelli.

Il ministro del Lavoro degli altri sta andando a sbattere. Forse poteva salvare la faccia tenendo saldo il principio pentastellato che nessuno è superiore alla legge e che un sequestro di persona non è un atto politico, è un reato. Ma Di Maio a me sembra preoccupato soltanto della poltrona di ministro vinta alla lotteria populista. E come lui è messa la metà dei parlamentari a cinque stelle, noti nullafacenti aggrappati al grillismo per pura convenienza personale.

Intendiamoci, nulla che non si sia già visto in Italia e nel mondo. Ma per la prima volta gli immoralisti fanno la morale a tutti. Come usava dire un mio vecchio amico moralista, ma realista, e come recita un proverbio romanesco, “non si può cagare e andare in carrozza”. Un po’ troppo esplicito, ma rende l’idea.


Articolo precedenteIncredibile, ma vero: un Toro Club nella BAT!
Articolo successivoIn-utilità della bellezza
Pugliese errante, un po’ come Ulisse, Antonio del Giudice è nato ad Andria nel 1949. Ha oltre quattro decenni di giornalismo alle spalle e ha trascorso la sua vita tra Bari, Roma, Milano, Palermo, Mantova e Pescara, dove abita. Cominciando come collaboratore del Corriere dello Sport, ha lavorato a La Gazzetta del Mezzogiorno, Paese sera, La Repubblica, L’Ora, L’Unità, La Gazzetta di Mantova, Il Centro d’Abruzzo, La Domenica d’Abruzzo, ricoprendo tutti i ruoli, da cronista a direttore. Collabora con Blizquotidiano.  Dopo un libro-intervista ad Alex Zanotelli (1987), nel 2009 aveva pubblicato La Pasqua bassa (Edizioni San Paolo), un romanzo che racconta la nostra terra e la vita grama dei contadini nel secondo dopoguerra. L'ultimo suo romanzo, Buonasera, dottor Nisticò (ed. Noubs, pag.136, euro 12,00) è in libreria dal novembre 2014. Nel 2015 ha pubblicato "La bambina russa ed altri racconti" (Solfanelli Tabula fati). Un libro di racconti in due parti. Sguardi di donna: sedici donne per sedici storie di vita. Povericristi: storie di strada raccolte negli angoli bui de nostri giorni. Nel 2017 ha pubblicato "Il cane straniero e altri racconti" (Tabula Dati).

1 COMMENTO

  1. Mi sento di aggiungere solo questo:
    in politica, quando hai il PD e i suoi media contro, non puoi e non devi essere coerente o virtuoso. Devi sopravvivere agli attacchi di uomini e donne che hanno rovinato le giovani generazioni nel nome della costituzione, usando le leggi e la morale a proprio uso e consumo.
    Inoltre per esperienze personali scrivo:
    1) la Giustizia dei canuti giudici va in larga parte combattuta con ogni mezzo in nome della libertà autentica;
    2) è ugergente lacerare il regime costitosi con le parole e le leggi del 900 (togliere l’autorità all’Ancien Règime deve essere ragione di vita)
    3) continuare a sostenere una lotta generazionale (tra “padri” e “figli”) per liberare le nuove idee e far si che queste, pur attraverso l’attuale forma di governo, si sedimentino nella società e diventino le nuove radici da cui ripartire. Bisogna resistere mezza generazione per sostituire la fondazione.

Comments are closed.