Un ritratto di Marielle, attraverso le parole di chi l’ha conosciuta
Maria Clara Lucchetti Bingemer: «Non è ora di albergare sentimenti di odio e di vendetta. Ma è ora, sì, e necessaria, di lottare contro la “seconda morte” che le vogliono infierire».
Da circa due settimane, una donna nera, nata e cresciuta nella favela di Marè, a Rio de Janeiro, difensore dei Diritti Umani e dei diritti degli oppressi ed esclusi, sta rivoluzionando il Paese. Nel letargo della crisi brasiliana, di molteplici dimensioni, l’esecuzione del consigliere comunale Marielle Franco, uccisa a colpi di pistola, spinge milioni di persone a scendere nelle piazze per manifestare e ri-sveglia le coscienze, le voci e i dibattiti che sembravano sepolti dalla costernazione e dall’alienazione.
Nella notte del 14 marzo, la metà del paese non riusciva a dormire. I colpi inferti contro il consigliere che stava uscendo da una riunione del collettivo Jovens Pretas (Giovani Nere), hanno risuonato in tutto il Brasile, entrando nelle case, attraverso le finestre e gli apparati televisivi, cellulari e media, come dardi che strappano la tranquillità della notte e del silenzio.
L’altra metà del paese si è svegliata con la notizia della mobilitazione di milioni di persone.
Il grande sorriso di Marielle, i suoi occhi profondi e intensi, la sua voce grave e lucida, e l’amore per la vita che trasaliva dal suo entusiasmo, erano presenti dappertutto.
Atti pubblici, manifestazioni, interviste, dibattiti. L’assassinio di Marielle e del suo autista Anderson Gomes è stato e continua ad essere l’unico e principale problema di cronaca dei nostri giorni.
In una città che tutti i santi giorni conosce statistiche macabre di vari assalti e morti violente, per quale motivo l’uccisione di questa donna riesce a mobilizzare in questo modo l’opinione pubblica?
Forse qui risiede la chiave di comprensione della sua morte, indissociabile dalla sua vita. Marielle non è morta per un assalto. Tantomeno a causa di una pallottola “persa”. Le pallottole hanno pianificato e hanno trovato molto bene il cammino verso la sua testa, tanto pericolosa perché intelligente, creativa e coraggiosa.
Marielle è più che un semplice nome. Lei è molte, varie, tutte. Simboleggia tutte le donne che in lei vedono, appunto, un illustre rappresentante e portavoce dei nostri problemi e delle discriminazioni secolari. Tutti gli afro-discendenti in un paese che è stato l’ultimo ad “abolire” la schiavitù, e un Consiglio che difende con orgoglio la sua negritudine. Tutti coloro che vengono discriminati a causa della razza, la posizione sociale, le scelte di vita, e che non incontrano scappatoie per costruire il proprio futuro, rubato e sequestrato dai poteri autoritari di ogni specie.
Marielle è la giovane madre single, nera e povera, nata e cresciuta a Marè, che ha educato da sola la figlia Luyara; che ha potuto entrare all’università grazie al sostegno della comunità, laureandosi così in Scienze Sociali in una delle migliori università private del Paese – la Puc-Rio –, e specializzandosi in Amministrazione, in una Università Federale, sopravanzando molti concorrenti in lista.
È la leader comunitaria che è entrata in politica e ha avuto una carriera ascendente.
La prima volta che si candidò, ottenne 46 mila preferenze, e risultò la quinta persona più votata nel Consiglio Comunale. È una di quelle donne che non si accomoda al compromesso, utilizzando la politica come mezzo per fare carriera e acquistare successo. La sua era una vera e propria vocazione: la sua vita apparteneva al suo popolo e ha dato tutta se stessa per gli altri.
Eppure, mentre il Paese intero si è mobilizzato, mentre ancora si piange la sua morte e si brandiscono le sue bandiere, è cominciato il “secondo” tentativo di assassinarla: la diffamazione. Hanno inventato notizie false su di lei, sulla sua vita privata, sul suo passato, con l’unico scopo di denigrare la sua figura e di oscurare la grandezza della sua vita e della sua morte.
Quelli che hanno provato a legittimarla e difenderla – dai preti durante la celebrazione della Messa, ai giornalisti e politici – sono stati insultati con discorsi pieni di odio e amarezza.
Tutto ciò evidenzia la grande statura di questa donna straordinaria. La sua traiettoria e coerenza ammirevoli continuano a sorprendere in maniera positiva tutti coloro che la stanno conoscendo. Ogni diffamazione che viene smentita fa crescere la sua figura. Gli insulti dei suoi detrattori vanno diminuendo e appaiono in tutta la loro meschinità e disonestà.
Quelle pallottole, cara Marielle, che hanno raggiunto e colpito il centro della tua vita per distruggerla, sono arrivate in ritardo. Le sue parole e la sua testimonianza sono già state radicate nel cuore di tutti quei milioni di brasiliani che oggi scendono in piazza per piangere la sua perdita e animarsi reciprocamente per proseguire la sua lotta.
Come la sua famiglia – di formazione cattolica – bene ha detto in occasione di qualche intervista, non è ora di albergare sentimenti di odio e di vendetta. Ma è ora, sì, e necessaria, di lottare contro la “seconda morte” che le vogliono infierire. E alzare le sue bandiere che ispirano tutti alla trasformazione della realtà sorda che viviamo oggi nel nostro Paese.
di Maria Clara Lucchetti Bingemer
docente della PUC – Pontificia Università Cattolica di Rio de Janeiro
testo originale in portoghese, traduzione italiana di Marco Strona