Un ristorante di Torino discrimina i down. Un poeta-chef pugliese accoglie con amore i disabili nel suo ristorante.
Di lui non se ne parlò, allora, in Italia. Ad Amburgo, in Germania, sì, e tanto. A lui, con grande riconoscenza e devota amicizia, ho doverosamente ed orgogliosamente pensato, leggendo la notizia relativa all’atteggiamento discriminante del ristoratore di Torino, che avrebbe allontanato quattro ragazzi Down, recatisi nel suo locale per una cena conviviale.
Salvatore Memeo era stato costretto ad abbandonare l’Italia, come oggi tocca a molti migranti economici o richiedenti asilo. Partì da San Ferdinando di Puglia, un piccolo centro agricolo del Tavoliere, dove da anni combatte come un leone, sostenuto dal coraggio dei cittadini onesti e dignitosi, il prete Mimmo Marrone, a favore degli umili e dei migranti e contro ogni forma di criminalità e di diseguaglianza sociale.
Anche lui, lasciò il piccolo podere paterno con un pacco tenuto fermo dallo spago, una valigia di cartone, … nel cuore dignità e sogni da coltivare e donare. Come tante altre vere persone di valore di cui l’Italia che ama la Costituzione può andare fiera.
Era salito sul treno che andava a Milano con la commozione negli occhi, la voglia di farcela economicamente, di emanciparsi culturalmente, mentre i suoi genitori, covando speranze per il loro adolescente rampollo, sulla banchina di Trinitapoli sventolavano fazzoletti inumiditi dalle lacrime.
Con determinazione, intelligenza, fantasia, arguzia ed umanità, dopo aver sperimentato mille mestieri aveva capito che due erano veramente le attività che gli piacevano. Da morire. Lo realizzavano come uomo. Scrivere racconti, poesie e… preparare pietanze.
Vi si buttò a capofitto, allora, divorando libri a più non posso, ascoltando umilmente chi ne sapeva più di lui, aprendo ingordamente gli occhi in tutte le cucine che lo accoglievano come aiuto cuoco. E se la cavava bene in ambedue le arti, mettendoci ingredienti sani intraprendenza ed immaginazione. E ci sapeva fare sia con gli avventori dei suoi manicaretti che con chi amava l’arte delle muse del monte Elicona.
Alla sua mensa si andavano a sedere, artisti, attori, registi, uomini di cultura e gente comune, tutti affascinati dalla semplicità dei modi, dalla squisitezza delle vivande, dalla prelibatezze delle sue liriche. Quando si celebrarono i funerali del grande regista tedesco Gerlach Fiedler, suo assiduo cliente, in una delle quattro grandi basiliche di Amburgo venne declamata una poesia di Salvatore in tedesco.
Un giorno un giornale amburghese riportò che un ristoratore austriaco non voleva più disabili nel suo locale, perché con la loro presenza “disturbavano gli altri clienti”. Non credeva ai suoi occhi, Salvatore, “possibile!?…” urlò, “gli uomini sono capaci di tali cattiverie versi i più bisognosi di tenerezze!?” Poi, senza indugio…
lo chef dal cuore di poeta si precipitò al telefono e mise a disposizione il suo locale per un’intera giornata, avrebbe offerto gratuitamente il pranzo ad una quarantina di disabili. La capienza del locale non ne poteva ospitare di più. Erano increduli i responsabili dell’associazione tedesca che si prendeva cura della gente spastica!
Una giornata speciale per gli ospiti. Quella! Le leccornie offerte da Salvatore facevano fremere di piacere le loro papille gustative, gli occhi, l’olfatto, il tatto. Tutti risero a crepapelle, perché Salvatore ne aveva aneddoti da raccontare. E si commossero, quando l’italiano recitò sue poesie assieme a liriche di poeti italiani e tedeschi, che lui, respinto dalla scuola, aveva imparato da autodidatta e conosceva con la sua portentosa memoria.
E tutti insieme poi cantarono a squarciagola canzoni popolari ed arie tedesche e napoletane. Arrivò notte, senz’accorgersene. Una notte chiara, le stelle baluginavano, la luna splendeva, e tutt’insieme salutarono la falce che da milioni di anni culla i sogni dei poeti della vita.
Il giorno seguente la notizia raggiunse speditamente ogni angolo dell’antica città anseatica, che un tempo aveva controllato l’accesso alle rotte del sale provenienti da Luneburgo, e una moltitudine di giornali intitolò: “Doveva venire un umile italiano, un pugliese di San Ferdinando ad insegnarci come si accolgono le persone!?”
E non fu l’unica volta! Quella. Anche in Italia, in più occasioni, Salvatore, riconoscendo la dignità dei più deboli, intendeva affermare con i fatti il principio, disatteso ancora oggi ad ampio spettro, che prima di essere benestanti, “normodotati”, cittadini, si è persone.
Per sua umiltà, competenza professionale e cultura l’oscuro cittadino di San Ferdinando riceve oggi inviti da conoscenti di tutte le parti del mondo che orgogliosamente intendono ospitarlo a casa loro. E fortunati sono anche i suoi amici che hanno l’onore di sedersi frequentemente alla sua ospitale mensa, allietata anche dalla presenza della sua inseparabile compagna tedesca Christa… “Busch”, un verde “cespuglio” rigoglioso di cultura ed umanità.