La lezione di don Primo Mazzolari e don Lorenzo Milani: guardiamo il presepio, o meglio il Calvario

Era il 1931 e, nell’omelia di Natale, don Primo Mazzolari gridava: «Arriviamo a questo Natale con due angosce nel cuore e vorremmo poterle deporle e guarire davanti al Presepio. Avremo la pace o la guerra? Come si risolverà la crisi economica, che per alcuni di voi è perdita di guadagno e di ricchezza, per molti: disoccupazione, strettezze di ogni genere, fame? Cosa vi posso dire? Come uomo, nulla… Come prete? Come prete… ho il dovere di parlarvi e voi di ascoltare una parola chiara e audace, la quale non è la solita affermazione: si sta male e la va male perché abbiamo abbandonato la strada della religione. Se mi accontentassi di questa risposta, avreste ragione di non essere soddisfatti… Perché si sta tanto male, oggi? Quasi tutti sono d’accordo nel dire che la colpa è delle barriere. Quali barriere? Tutte: dalle doganali alle nazionali, dalle individuali alle collettive, anche quelle che sembrano giustificate dai sacri egoismi».

Da secoli i cristiani celebrano la liturgia dell’Avvento che significa venuta di Dio, che si incarna nella scoria dell’umanità portando speranza e serenità. Ma da anni tutto l’Occidente, che si auto-accredita come difensore e detentore della cristianità, ha svuotato di senso questa nobile e sublime teologia dell’Incarnazione, che si rivela reale e concreta nel quotidiano.

La colpa è di tutti noi cristiani e dobbiamo solo vergognarci: senza se e senza ma.

Del resto come cristiani non abbiamo fatto altro, che trasmettere un Dio lontano e astratto, che separa la vita quotidiana piena di conflitti e sacrifici, dalla vita spirituale a fioretti e novene per bigotti. E il tempo dell’Avvento è condizionato da questa idea spirituale tutta dolce e smielata del tutto consumista e massificante. Così risulta più facile, acquistare un biglietto della lotteria, fare una piccola donazione e mettersi la coscienza apposto. Quando invece la realtà ogni giorno porta la sua pena, di gente che soffre e lotta ancora per un tetto e un letto dove posare il capo, di anziani soli e abbandonati da tutti, di disoccupati disperati, di persone tossicodipendenti, di minorenni abusati e abbandonati, di uomini e donne ludopatici, di migranti sfollati, insultati e maltrattati, i nuovi poveri prodotti dalla corruzione; dagli sprechi; dai tagli indiscriminati delle risorse e dalla incapacità nel gestire e amministrare i beni della comunità; gente che non ha bisogno di cibo, ma desidera e attende: cura, attenzione, sostegno, calore umano, compagnia, giustizia cioè che si dia voce alla loro afonia e agonia.

E di tutto questo bisogna assumersi le proprie responsabilità e capire una volta per sempre, che i veri naufraghi siamo noi, che abbiamo affondato i nostri valori cristiani di accoglienza, prossimità, cura, sussidiarietà e altruismo con indifferenza, egoismo e cinismo.

E continuiamo imperterriti nel profanare la sacralità  del tabernacolo umano dove Dio ha riposto la sua divinità.

Ed è normale chiedersi: nell’attesa, come cristiani cosa facciamo? come Chiesa cosa proponiamo e rispondiamo a questa orda disumana e violenta? i politici cosa intendono fare per il bene comune?

Sono domande aperte che, nell’attesa, ci mostrano tutta la verità delle nostre profonde contraddizioni e fanno cadere le maschere dell’ipocrisia sempre ben indossate. Nonostante tutto, quel Verbo attende di essere travasato nella terra dell’umanità per cantare insieme a noi peccatori le lodi al Padre che è nei cieli.

Alle parole di don Mazzolari, fanno eco quelle di un altro grande profeta del ‘900, don Lorenzo Milani: «Nel Presepio vediamo bambini di tutto il mondo che piangono di fame e di abbandono, sulla Croce i nostri compagni disoccupati, taglieggiati, oppressi e crocifissi. Non ascoltate chi vuole dimostrarvi che le barriere sono necessarie e che senza una guerra non si rimette a posto nulla…Guardate il Presepio o il Calvario e troverete la risposta all’incosciente menzogna. E con la risposta, una grande speranza, perché è dal Presepio e dal Calvario che incomincia la Redenzione».


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So che tutto ha un senso. Nulla succede per caso. Tutto è dono. L'umanità è meravigliosa ne sono profondamente innamorato. Ciò che mi spaventa e mi scandalizza, non è la debolezza umana, i suoi limiti o i suoi peccati, ma la disumanità. Quando l'essere umano diventa disumano non è capace di provare pietà, compassione, condivisione, solidarietà.... diventa indifferente e l'indifferenza è un mostro che annienta tutto e tutti. Sono solo un uomo preso tra gli uomini, un sacerdote. Cerco di vivere per ridare dignità e giustizia a me stesso e ai miei fratelli, non importa quale sia il colore della loro pelle, la loro fede, la loro cultura. Credo fortemente che non si dia pace senza giustizia, ma anche che non c'è verità se non nell'amore: ed è questa la mia speranza.